San Michele Arcangelo - Affresco dalla Cripta dell'Abate Epifanio, complesso monastico di S. Vincenzo al Volturno (Isernia) - 824-842.
Or in quel tempo sorgerà Michele, il gran principe, che vigila sui figli del tuo popolo. Vi sarà un tempo di angoscia, come non c’era mai stato dal sorgere delle nazioni fino a quel tempo; in quel tempo sarà salvato il tuo popolo, chiunque si troverà scritto nel libro. (Dan. 12, 1)
Così l’Arcangelo Gabriele, apparendo al profeta Daniele, preannuncia la salvezza del popolo d’Israele nella quale avrà una parte importante questo suo “collega”: l’Arcangelo Michele.
Questo particolare angelo, fin dall’Antico Testamento, viene sempre presentato con attributi legati alla guerra: non a caso viene connotato, nel Libro di Daniele, dal termine ebraico sar, “principe”, termine che indicava uno dei più alti gradi militari, a un dipresso come il nostro “generale”. Inoltre, l’angelo con la spada in mano che appare a Giosuè per aiutarlo nella conquista di Gerico e che si presenta con le parole “Io sono il principe dell’esercito del Signore” (Gs 5, 14) viene identificato dal Talmud proprio con l’Arcangelo Michele. Il Nuovo Testamento non è da meno: il libro dell’Apocalisse lo rende protagonista della “guerra in cielo”, ovvero della cacciata degli angeli ribelli dal Paradiso (Ap. 12, 7-8), mentre la definizione di Arcangelo si trova per la prima volta nell’epistola di Giuda (Gd. 1, 9) e nella prima lettera di San Paolo ai Tessalonicesi (I Thess. 4, 16), i cui autori sono ancora fortemente influenzati dalla mentalità ebraica.
Il culto dell’Arcangelo Michele era dunque già radicato nel mondo ebraico, e venne assimilato quasi subito dal Cristianesimo. Nel IV secolo, in Oriente, si era già diffuso notevolmente, spesso metabolizzando culti pagani preesistenti. Veniva venerato soprattutto in quattro vesti:
- Angelo guaritore: secondo una tradizione già rintracciabile nel Vangelo di Giovanni (Gv. 5, 1-9), San Michele Arcangelo veniva associato alla guarigione ottenuta soprattutto attraverso l’acqua. Molti suoi santuari, soprattutto in Asia Minore, sorgono in prossimità di fonti e sorgenti termali, sostituendo spesso il culto di divinità pagane come Asclepio e Apollo, già venerate in loco. Significativo che in alcuni di questi santuari, come il Michaelion di Costantinopoli, venisse praticato l’incubatio, il sonno guaritore per opera dell’Arcangelo Michele che appariva in sogno, nell’Antichità già tipico del culto di Asclepio. Veniva invocato contro le pestilenze, come fece anche papa Gregorio Magno a Roma durante la peste del 590.
- Angelo psicopompo: l’Arcangelo Michele nel Medioevo rivestiva il ruolo che sarebbe stato poi assunto da San Giuseppe, cioè quello di “accompagnatore delle anime” nell’oltretomba, e dunque di protettore dei moribondi. Salta subito all’occhio che l’appellativo di psicopompo era stato caratteristico nell’Antichità greca e romana di Hermes-Mercurio; da qui Michele assume il tipo iconografico forse più antico, che in Oriente permarrà molto a lungo, cioè accompagnato dagli attributi del globo crucesignato e del bastone. A partire dall’VIII secolo si diffonderà un altro tipo iconografico legato a questa funzione, quella di Michele come psicagogo, “pesatore delle anime” armato di bilancia, attributo che Hermes aveva ereditato dalla mitologia egizia.
- Angelo arcistratega: pur essendo quella connotazione prevalente dell’Arcangelo Michele, il tipo iconografico che lo rappresenta armato, con la lancia o la spada crucigera, si diffonde piuttosto tardi e coincide con la comparsa della minaccia islamica. Particolare curioso, la spada o la lancia suoi attributi non sono mai sporchi di sangue.
- Angelo esorcista: era l’aspetto più conosciuto al livello popolare, anche al di fuori dell’ortodossia. Gli gnostici, per esempio, usavano incidere il nome dell’Arcangelo Michele su oggetti che venivano portati addosso o che costituivano il corredo funebre.
Comunque, nella spiritualità e nell’arte orientale, l’Arcangelo Michele sarà visto in prevalenza nel suo aspetto di taumaturgo e guaritore.
San Michele Arcangelo come pesatore di anime - formella della base del trono reale, Monte Sant'Angelo (Foggia), santuario - VIII-IX secolo.
In Occidente, invece, prevarrà l’aspetto militare, e per un motivo molto preciso: fu proprio la figura di San Michele Arcangelo, per opera del vescovo Bonifacio, a favorire nel VI secolo la cristianizzazione dei Germani, in particolare dei Longobardi. Michele, infatti, si prestava ad assorbire le prerogative della principale divinità dei Germani, Odino o Wotan, dio guerriero del quale i Longobardi si dichiaravano figli; Paolo Diacono documenta l’abitudine dei sovrani longobardi di giurare fedeltà all’effigie dell’Arcangelo, e di innalzarla sui campi di battaglia. Il culto michaelico, però, era già presente nell’Italia meridionale bizantina, in particolare con il santuario nella grotta di Monte Sant’Angelo, sul Gargano. Un testo di VI secolo narra di un pastore di nome Gargano che, inseguendo il suo toro fuggito in una grotta, fosse stato ferito dalla freccia che egli stesso aveva scoccato, miracolosamente tornata indietro. Al ritorno riferì l’accaduto al vescovo di Siponto: a questi appare in sogno San Michele che gli rivela di aver scelto quella grotta come suo santuario. Da Strabone ricaviamo che la grotta era già sede di culti: vi era venerato Calcante, divinità legata ad Apollo.
San Michele Arcangelo - ex voto longobardo in bronzo dorato, VIII sec. - Monte Sant'Angelo, Museo del Santuario.
Erchemperto, dal canto suo, nota come la vittoria del duca Grimoaldo sull’esercito di Costante II nel 663 fosse stata salutata come dovuta all’intervento di San Michele Arcangelo, avvenuta proprio l’8 maggio, giorno locale della festa del santo (quello romano è il 29 settembre). Monte Sant’Angelo divenne così il “santuario nazionale” della Langobardia Minor, e meta di pellegrinaggio dall’intero meridione d’Italia e anche oltre. Testimonianza ne sono le iscrizioni lasciate dai pellegrini sulle pareti del santuario (alcune addirittura in runico), nonché la presenza di vari brandelli del drappo rosso che avrebbe ricoperto l’altare al momento dell’apparizione dell’Arcangelo e della roccia da lui calpestata in chiese e abbazie di mezza Europa. Questo pellegrinaggio divenne così importante che, anche quando il principato salernitano di Siconolfo si staccò da quello beneventano di Radelchi, nell’849, una clausola prevedeva che i Salernitani pellegrini diretti a Monte Sant’Angelo potessero attraversare liberamente i territori di Benevento.
San Michele Arcangelo - Monte Sant'Angelo, affresco dall'Abbazia della SS. Trinità - XI sec.
Questa divisione non fermò la diffusione del culto dell’Arcangelo Michele: nella stessa Salerno sorsero chiese e conventi a lui dedicati, e, nel IX secolo, nacque il santuario di Olevano sul Tusciano, che conserva ancora oggi i suoi splendidi affreschi; divenne in breve il “santuario nazionale” del Principato di Salerno.
San Michele Arcangelo - affresco dalla grotta di Olevano sul Tusciano - IX secolo.
Ma vi erano già dei santuari dedicati al culto michaelico sparsi un po’ in tutta l’area campana e non solo: degno di nota è quello di Avella, quello di Sant’Angelo a Fasanella, e arriviamo fino in Molise con l’eremo di San Michele Arcangelo a San Vincenzo al Volturno, in Molise, anch’esso meta di pellegrinaggi.
Portale della Grotta di San Michele con leoni di pietra - Sant'Angelo a Fasanella - XI secolo.
Il particolare interessante è che il culto di San Michele Arcangelo si diffonde tra i Longobardi dell’Italia meridionale conservando caratteri bizantini: la maggior parte di questi santuari sorgono in grotte, e nelle vicinanze o polle d’acqua considerate miracolose. A partire dall’età normanna, invece, la presenza di Michele sarà invocata soprattutto a protezione contro i Saraceni, e così anche durante le crociate. La stessa cattedrale di Salerno aveva una cappella a lui dedicata, l’abside a sinistra dell’altare maggiore, volgarmente detta “della Crociata”, voluta da Giovanni da Procida; il mosaico di XIII secolo raffigura l’Arcangelo psicopompo al di sopra di San Matteo, patrono della città. La tradizione vuole che i pellegrini che imbracciarono le armi per recuperare il Santo Sepolcro nelle ultime crociate, trascorressero la notte prima della partenza a pregare in quella cappella.
Restituzione grafica ottocentesca del mosaico absidale della Cappella "della Crociata", oggi "Gregorio VII", prima dei danni provocati dal terremoto del 1980.
Bibliografia:
Culto e santuari di san Michele nell’Europa medievale: atti del congresso internazionale di studi, Bari, Monte Sant’Angelo, 5-8 aprile 2006, a cura di Pierre Bouet, Giorgio Otranto, André Vauchez, Edipuglia, Bari 2007;
Pellegrinaggi e santuari di san Michele nell’occidente medievale, a cura di Giampietro Casiraghi e Giuseppe Sergi, Edipuglia, Bari, 2009;
Arturo Carucci, I mosaici salernitani nella storia e nell’arte, Di Mauro, Salerno 1983.
Marcello Stanzione, Irene Spadacini, Gli Angeli e l’arte, Tau, Perugia, 2010.