L’aristocrazia della scrittura

Da Marcofre

Nel libro “Il mestiere dello scrittore” di John Gardner, un capitolo è dedicato all’istruzione e al tirocinio dello scrittore. 

E c’è una frase che merita particolare attenzione:

“Lo studio della scrittura, come lo studio del pianoforte classico, non è un’attività pratica, ma aristocratica”. 

Me ne rendo conto, è un’affermazione sgradevole, però così aderente alla realtà! Zia Flannery (O’Connor) consigliava di sposarsi un’ereditiera che sapesse battere a macchina. In questo modo, si vive senza troppo preoccupazioni pratiche.

In qualunque modo la si pensi, certi mestieri richiedono o un conto in banca consistente, oppure una capacità di compromesso e di sacrificio notevole. Perché si sarà costretti a fare i salti mortali per scovare il tempo per scrivere. Mentre sarà urgente trovare il denaro per pagare le bollette. 

Ma certo, si capisce. Parlare di “aristocrazia della scrittura” suona male. Non siamo forse tutti uguali? E cullandoci in questa illusione, evitiamo di vedere la realtà. Se uno ha ambizione e soprattutto talento, sa che la scrittura, se presa sul serio, costa. Se lo si fa per diletto, questa idea resta per così dire sullo sfondo. Se tuttavia decide di fare sul serio, e questa decisione non è peregrina, si capisce al volo che si sta ficcando in una sorta di guaio. 

Scrivere ha sempre richiesto un duro lavoro. Di questi tempi, ancora di più perché tutti scrivono, e sono sempre di meno quelli che leggono. 

Ma quando qualcuno intuisce la separazione che si crea tra sé e gli altri, anche se magari ha poco o nullo talento, ha almeno compreso la posta in gioco. 

Alcuni si indignano quando uno scrittore, un artista, viene assoldato per esempio da un’azienda. Costoro fingono di non sapere (o lo sanno, ma l’invidia, assieme alla consapevolezza di essere privi di talento, sono una brutta bestia) che tutti gli artisti sono stati sul libro paga di persone poco raccomandabili. L’arte se esiste, lo deve a un mucchio di personaggi spesso feroci, di sicuro ricchissimi. 

E d’altra parte sovvenzionare l’artista: che significa? Chi è in grado di dire questa è arte, e questa no? Si rischia di aiutare gli amici, e di lasciare fuori chi amico non è, in barba al talento.