L’arte dell’ignoranza

Creato il 03 settembre 2011 da Iannozzigiuseppe @iannozzi

di Iannozzi Giuseppe

1. L’ignoranza è quella parte di noi più vera, sudicia, potente: è l’anima che dà vita all’uomo nel bene e nel male.

2. Gli scrittori sono prima di tutto delle scimmie ignoranti ma che hanno imparato a usare le parole per raccontare menzogne e sogni ai propri simili. In tutta onestà non c’è niente di affascinante nel vedere una scimmia armata di penna.

3. Io ci credo alle minacce delle donne, eccome. Quando minacciano d’amarti per sempre è verità assoluta. Quando minacciano d’odiarti per sempre, sempre è verità assoluta. Insomma, per noi che nostro malgrado siamo nati maschi non c’è proprio via di scampo quando una donna si mette in testa d’esser donna sino in fondo.

4. L’arte è un semplice atto di sodomia: di piacere e di dolore allo stesso tempo. Ma ha un grande difetto: dura sempre troppo poco. Essa, l’arte nasce come idea che si manifesta nell’atto, ma questo è handicappato dall’inizio alla fine di tutta la sua seppur breve vita.

5. Non c’è una Letteratura moderna né una postmoderna: semplicemente non è più una questione di Pasolini o Calvino o Tondelli. L’Italia manca di scrittori capaci; quelli che oggi fanno i “generi” si ripetono, quelli che si provano con il mainstream buchi nell’acqua, ma tutti si dicono scrittori quando dovrebbero dirsi imbrattacarte se solo avessero un po’ di pudore. Però c’è che qualche piccola perla ogni tanto viene fuori dal Caos mediatico ed editoriale. Casi isolati, come dei miracoli o dei miraggi in quello che altrimenti sarebbe un deserto pieno di altro deserto.

6. W. A. Mozart, per quel che mi riguarda, giusto un profilattico gonfiato di sifilide… musica per boudoir sadiani e per vecchi impotenti profondamente annoiati. Diciamo pure senza mezzi termini che lo odio, a pelle, come il Giacomo Leopardi. Fine.
Preferisco Charlie Parker, di gran lunga. Comunque – e ne dubito -, anche se ci fossero scrittori innovativi questi non verrebbero presi in considerazione dagli editori né dal pubblico, un pubblico che è di pecore e di capre oramai abituato a digerire sol più una sfilata di Dolce & Gabbana e al limite la Kinsella. Colpa del mercato editoriale che l’ha abituato questo piccolo magro popolo di lettori a brucare erbette tenere tenere. Uno sfacelo generale sì, di lettori autori editori, vecchio di cent’anni almeno. Con la differenza che oggi Liala a confronto di una qualsiasi Kinsella è un Genio con la “G” maiuscola. Siamo sommersi da ninfette, belle sì – non che io disprezzi la bellezza -, ma i libri che vanno di più sono quelli delle ragazzine che ti scrivono alla Bridget Jones. Manca un Lucio Battisti nella Letteratura: già, un Battisti Lucio, che della Resistenza, che dell’Italia dopo la Liberazione, gliene fregava niente. Ma che melodie sapeva Lucio. Che canzoni, patrimonio inestimabile.

No, non è questa la ragione della crisi editoriale. Non perché gli scrittori di oggi non scrivono su i giornali. Perché non gli viene offerta questa opportunità. Soltanto perché quelli di oggi incapaci, o limitati il più delle volte. Semplicemente, molto semplicemente manca una penna che sia quella d’uno scrittore vero, Geniale. Si salvano pochissimi dal mucchio degli incapaci cronici o tali per esigenze editoriali: Umberto Eco, Aldo Busi, Sebastiano Vassalli…

E’ una autentica fortuna che agli imbrattacarte moderni non sia dato troppo spazio pure su i giornali: fanno già abbastanza danni così, riempiendo i remainders d’ignoranza da due lire.

7. I ricchi vogliono sempre più ricchezza: sono pronti a tutto. I ricchi non piangono mai, nemmeno dietro le sbarre perché la prigione non è mai per loro. I ricchi vogliono i poveri sempre più riccamente poveri, ma se gli riuscisse di sbatterli tutti in prigione con capo d’accusa “colpevole d’innocenza”, allora sarebbero ancor più contenti nell’illusorietà d’aver raggiunto l’immortalità.

8. Chi ti chiede della tua salute non lo fa perché preoccupato per te, ma solo per avere un argomento di conversazione. Nell’animo di chi si finge attaccato al tuo bene c’è in realtà un necroforo pronto a sputarti in faccia fino a seppellirti di calunnie.

9. Dipende: a volte sogno, altre no. Un sogno solo però, una storia completa, a colori, o in technicolor nelle dimensioni d’un incubo a pieno schermo. Se sogno durante la notte, al mattino non sono mai riposato completamente. Ci sono periodi duranti i quali il vuoto e il silenzio totali nel mio dormire: non un pallido fantasma né l’ombra d’un incubo o il barbaglio d’una luce al neon. Probabile che abbia la testa fra le nuvole durante il giorno di luce, per cui le notti sono quel che sono: pazze.
Sognare troppo è un po’ come morire: un cortocircùito nel cervello, un avvicinarsi ai fantasmi della mente, quelli che durante il giorno diciamo essere i morti che son venuti a darci tormento. Però: quando moriremo noi coi nostri sogni (o incubi) moriranno anche quei morti che ci vengono a trovare nel sonno. Poi, dopo un assoluto niente di cui non ci sarà coscienza: un peccato venire così a stretto contatto con il Niente e non avere una mente per comprenderlo.
Il sogno è parte integrante di un noi, che io oserei definire noi sociale.
Ma non voglio impazzire dietro alla dimensione onirica: ci ha già pensato F.W. Nietzsche. E in una certa misura Giacomo Leopardi, anche se a mio avviso ha messo in moto una sua visione personale, poetica dell’illusione, ma non politica o sociale. Il sogno, perché abbia un senso, lo si dovrebbe interpretare: ma non sono sicuro che oggi come oggi si abbiano le conoscenze per interpretarlo correttamente. Ho l’impressione che a volte i sogni siano privi di senso, solo dei cortocircùiti la cui causa è una non-causa, o meglio la naturale usura del cervello. Come per una lampadina il cui filo di tungsteno si illumina sin tanto che non si brucia perché prima su on poi su off e così per una vita. La perdita di neuroni, il naturale invecchiamento della materia grigia, produce anche dei sogni ma senza senso. Il cortocircuito ultimo sarà dato da un sogno ferale, quello che ci farà vedere la fantomatica luce, quella che alcuni raccontano d’aver scorto in esperienze post-mortem.

10. Thomas Mann, diciamolo pure che è ben più che immenso: tentare un paragone con gli attuali autori, di oggi, sarebbe un tentare ridicolo quanto futile. Tranne nel caso si voglia andare incontro a un revisionismo critico facendo assurgere la viziosa modernità del pensiero acritico a verità; non di rado lo si fa per librettini di fiction, per promuoverli spacciandoli per capolavori non inferiori a quelli che ci hanno dato Melville o Mann o Hugo, e via dicendo.

11. A ben guardare la vita è poi solo quel piccolo grande tormento che coviamo dentro all’incoscienza che abbiamo di noi e che diciamo per nostra comodità anima.

12. L’unica volgarità che non ammetto è quella di dirsi “costumati” per andare incontro alla faccia delle chiese, delle politiche, delle convenienze.

13. Ogni ignorante è intelligente a mamma sua. Non al padre però, il quale decide di battere sul sedere il figlio disgraziato o di farselo compagno di bisbocce, ma solo per farci a pugni una volta sbronzi.


Cesare Battisti. Il fascista rosso - Giorgio Napolitano: “Non è accettabile che crimini come quelli commessi da Cesare Battisti siano dimenticati o peggio ancora assolti in considerazione di una loro indefinita e inesistente natura politica”.

Oggi Cesare Battisti è uccel di bosco in Brasile. Perché? Chi lo ha aiutato? Tra i suoi sostenitori in Italia: Valerio Evangelisti, Wu Ming, Sandrone Dazieri, Erri De Luca, Tiziano Scarpa, Loredana Lipperini, Pino Cacucci, Guido Chiesa, Christian Raimo… Perché queste persone difendono il fascista rosso a spada tratta? Credono sul serio nella sua innocenza? Parrebbe di sì. Quali sono i loro interessi in questa vicenda? A questi e a molti altri interrogativi qui si cerca di dare una risposta.

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Il caso Marrazzo. Molte ombre e poca luce – Sono trascorsi due anni da quella notte brava (di via Gradioli) per l’ex governatore del Lazio Piero Marrazzo. Oggi 15 agosto 2011 Marrazzo rilascia una intervista fiume a Concita De Gregorio, subìto pubblicata dal quotidiano La Repubblica. L’ex governatore del Lazio cerca di giustificarsi. Marrazzo ammette d’aver sbagliato e chiede scusa: “Sconto il mio errore come è giusto”. Ma, sinceramente, non è abbastanza: chiedere scusa è facile, troppo facile sia in qualità di ex governatore del Lazio sia da uomo pubblico.

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A BREVE…

IL PRIMO FILOSOFO – un romanzo completo di Iannozzi Giuseppe

Incipit del romanzo

Un breve estratto

1mo capitolo bonus

2ndo capitolo bonus

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