L’Arte di Alberto Nacci

Creato il 19 marzo 2013 da Federbernardini53 @FedeBernardini

Forse tutti i bambini a 10 anni disegnano automobili, ma non tutti fanno progetti d’auto ed hanno l’intraprendenza di inviarli ai più prestigiosi carrozzieri e case automobilistiche italiane. Negli anni ’50 i miei disegni erano degli autentici progetti d’auto. Che peccato che non me ne sia rimasto nemmeno uno!

Gli anni ’60 m’hanno visto immerso nei colori ad olio. Diciamo che è il periodo “romano” e c’è, specie in molti disegni, grande spazio alla campagna dei Castelli. Sono lavori su carte grasse, tela, cartone telato, compensato e molto anche in rame sbalzato. Lo stile? Mah! Fate voi, vi aiuto mostrandovi un esempio datato proprio ’62.

Gli anni ’70 hanno segnato il passaggio da Roma a Milano. L’espressione pittorica è notevolmente rallentata ma è rimasta sempre viva quella grafica del disegno che si può fare anche sognando il colore perché avvolti dal grigio.

Gli anni ’80 sono stati caratterizzati da una grande infatuazione per la pittura naif dopo essere rimasto catturato dai lavori di un artista di Ubud collocata nel centro dell’isola di Bali.

Dal decennio successivo comincia il mix tra la grafica ed il colore anche perché sono gli anni in cui ho scritto molto e mi compiacevo nell’eseguire io stesso le illustrazioni dei miei libri. Poi, saltando quasi 20 anni arriva il periodo dell’Oceano Indiano, quello che vivo tutt’oggi.

Mauritius non è un Paese dove si ottengono riconoscimenti professionali facili. Un esempio per chiarire meglio. La mia ricerca “Viaggi d’Altri Tempi”, non solo ha fatto il giro del mondo ma mi è stata ampiamente recensita da stampa e altri “media”. Quando un gallerista di Grande Baie ha visto alcuni miei quadri, m’ha detto che… tutto quel colore, a Mauritius, andava bene ma come “prodotto” artigianale. Se volevo mi poteva presentare a una gallerista di…Firenze.

Credo che quel mercante indigeno avesse ragione. Ma qui sento profondamente la presenza del colore e non potrei esprimermi solo con una grafica in bianco e nero come a Milano.

Poi, ho cominciato a fare delle tavolette (20×30), con soggetto quasi sempre identico: le montagne e fasce di colore in alto, verso il cielo, ed altre, campagna, sabbia, in basso, verso il mare. La creatività non è tanto nel “soggetto” ma nel colore (ad acqua) che compongo sempre con tonalità diverse, irripetibili. 

Le “tablettes” con biadesivo retrostante, sono diventate un originale sistema per decorare porte, armadi, ma anche semplici pareti dove (qui le case sono costruite con i blocchi) è difficile attaccare un chiodo.

Un amico albergatore ha “scoperto” questa mia invenzione e mi ha ordinato 40 “tablettes” da collocare su tutte le porte delle camere del suo albergo. Bell’idea, ho pensato. Inoltre la cifra offertami era di livello…europeo ed ho accettato. L’unico problema era che mi lasciava solo due settimane di tempo.

Dopo una, è ritornato. Gli ho detto che avevo fatto solo 7 “tablettes”. 

Lui ha storto il naso e comunque le ha volute vedere. Ha cominciato a dirmi…qui ci vuole più giallo, qui più verde ed io l’ho mandato…a fare l’albergatore.

Mi sono sentito privilegiato nel poter non DOVERE accettare i consigli di chi aveva, come unica forza, il quattrino. Non ho bisogno di vivere con la mia pittura ma, della mia voglia di esprimermi liberamente (contenuti e tempi). Quando trovo qualcuno che mi dice « Merde… s’il est beau ça! » Gli regalo il quadro.

l’euforia del colore s’esprime così:

Alberto Nacci



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