Davide Rampello, “il trasversale” perché si occupa di campi e materie apparentemente distanti tra loro, è sicuramente una personalità poliedrica nell’ambito della cultura italiana, professore universitario, direttore di programmi culturali in Rai, regista di trasmissioni televisive, direttore della Triennale di Milano.
Testimone di una duttilità sempre più frequente nel mondo dell’arte e dello spettacolo, perché la creatività è ovunque e non più solo nell’arte tradizionale. Oggi si stanno intrecciando “relazioni pericolose”, ibridazioni con altri settori ed è proprio questa la peculiarità della comunicazione contemporanea. “Con la Triennale abbiamo offerto un tipo di comunicazione che privilegiasse soprattutto i visitatori – ci dice – Lo abbiamo fatto ristrutturando l’intero complesso e mettendo a disposizione un luogo luminoso, pieno di energia: più concretezza e meno effetti mediatici.
Avendo un concetto di cultura “antropologico” – conclude il direttore della Triennale – ritengo che la cosa più importante sia quella di portare i cittadini a una situazione di benessere attraverso la cultura. Le istituzioni culturali sono oggi le uniche chiese laiche esistenti, in cui è possibile stare assieme realmente”.
Ritengo che oggi comunicare cultura sia complesso e semplice allo stesso tempo, perché comunicazione è un modo di porsi con l’altro. Se è vero che la cultura serve a porre il cittadino davanti a temi e problemi, è altrettanto vero che il ruolo delle istituzioni culturali sia quello di diventare luoghi di riferimento per il territorio. Oggi, la creatività dà una visione del mondo assolutamente inedita. È un pretesto formidabile per un processo di rinnovamento a cui dobbiamo adeguarci, sganciandoci dagli schemi rigidi estetici per proiettarci in una variabile emotiva inconsueta. Ecco perché condivido le ultime parole dell’intervista a Rampello: “Non voglio farmi condizionare dalle restrizioni politiche, cercheremo idee nuove anche nel privato, cercheremo alternative”. In un attuale mondo istituzionale che afferma l’inutilità della cultura ecco un altro modo di vedere l’arte che ci porta lontano.
L’esposizione raccoglie 340 opere provenienti da musei di tutto il mondo, e oltre ad investigare sulle creazioni di artisti spagnoli ed internazionali che nel corso delle grandi avanguardie del 900 si sono cimentati nell’arte del creare gioielli, dedica una sezione ai più famosi maestri gioiellieri dello scorso secolo, René Lalique fra tutti.
Ma oro, platino, argento e pietre preziose non sono gli unici protagonisti della mostra, che supporta le gioie in esposizione con vestiti d’epoca e con una ricca sezione di fotografie degli anni ’30 scattate da artisti come Man Ray, Edward Steichen e George Hoyningen-Huené. Una contemporaneità che abbatte i tabù dei materiali, in nome della creatività, una mostra che vuole mettere in evidenza la relazione tra le opere dei migliori artisti del XX secolo e il mondo della gioielleria.
Orafi, disegnatori, pittori e fotografi a confronto, microsculture o gioielli dipinti? L’arte di oggi è un residuo di quel che l’arte è stata. L’arte oggi è dappertutto: nel design, nei videoclip, nella pubblicità, dovunque…che in TV il sabato pomeriggio…