La foto di rito. Un lieve tuffo al cuore.
Ah, Málaga. La cara vecchia Málaga che un tempo m'indignavo fosse segregata a mero punto di partenza per i tour itineranti dell'Andalusia. Punto d'arrivo di carne da spiaggia, teli mare sottobraccio e appartamenti prenotati sul lungomare di Torremolinos. O magari scalo di scolaresche in gita di quinta, di turisti con cartine stropicciate che s'illudevano di averla capita - e quasi sempre snobbata - nella visita lampo alla sua Catedral. L'avevo conosciuta così. Con l'appeal nascosto dei posti turistici ma non troppo. Coi difetti di un lieve degrado nei quartieri malfamati, dei tamarri che strombazzavano per strada dalle auto truccate, del veliero pirata trasformato in discoteca come unico motivo per frequentare il Muelle Uno. All'epoca il Pimpi era un'enoteca con i tavoli in legno in cui, al massimo, potevi ordinare taglieri di affettati per accompagnare il Moscatel. E gli studenti Erasmus occupavano in massa le abitazioni ad affitto low cost nell'area del CacMa, dove l'odore del Guadalmedina quasi sempre prosciugato non si mitigava ancora con la creatività multiforme delle opere di egregia street art. Era la Málaga del Sound. Del Velvet. Del Liceo. Era una Málaga che adesso non esiste più.
Eppure non è un dato negativo. Per niente. Anzi, è stato bello ritornarci di anno in anno. Constatare e documentare la sua lenta metamorfosi. Guardarla farsi bella, sempre più, come un'adolescente che diventa donna privandosi dei brufoli e dei chili in eccesso. Come un bruco che diventa farfalla. Una farfalla coi colori di un gigantesco cubo all'imbocco del Molo più chic della città. Hanno ragione solo a metà, i malagueñi: non è il Centre Pompidou ad aver cambiato il turismo. L'ha fatto, poco a poco, una continua e più generale scommessa sull'arte. Un processo cominciato anni addietro, con l'apertura del museo Thyssen e la conversione dello spazio circostante in una zona commerciale tra le più belle della città. Un percorso graduale che è continuato con la trasformazione di quel quartiere tanto caro agli Erasmus in ciò che ora si conosce come "Soho": il "barrio de las artes", la galleria d'arte a cielo aperto sulle cui pareti sono esposte le opere dei più riconosciuti graffittari di Spagna.
>> TRAVEL TIP: il cosiddetto Soho Málaga é una vera e propria galleria d'arte a cielo aperto che raccoglie le opere dei migliori street-artist di Spagna. La zona si sta progressivamente arricchendo di negozi di design (da segnalare Disaster Street Wear, Urban Bycicles, e Love is Bakery) e sará plausibilmente davvero completa nel giro di un paio d'anni.
Un'operazione che è poi confluita, in tempi più recenti, nell'apertura della sede malagueña del Museo di Arte Russa di San Pietroburgo, portando Kandinskij e Chagall nella Capitale della Costa del Sol, a debita distanza - ma al contempo vicinissimi - alla memoria di Picasso custodita nel suo museo. No. Il Centre Pompidou é solo la punta dell'iceberg. Il traino più vistoso ad un turismo culturale. Di qualità. Un turismo che - finalmente! - a Málaga va per restarci. In cerca di arte. In cerca di eccellenza. E' un turismo che, sul volo d'andata, legge libri su Frida Kahlo e parla di Gallerie. Un turismo che ai malagueñi piace. Perché - li senti dire su un taxi, con aria quasi emozionata- é un turismo che non avevano mai avuto prima. E rimanessero pure a Torremolinos, i diciottenni scalmanati con pochi soldi in tasca e le provviste comprate da Mercadona! Qui adesso c'è altro. Qui c'è una città elegante, con le librerie di seconda mano, i bijoux di artigianato, i locali alla moda. Una città che mi sembra di aver visto crescere. Una creatura che ha cambiato abiti e taglio di capelli pur rimanendo fedele a se stessa. Un posto di cui, in qualche strano modo, mi sento ogni giorno più orgogliosa.
>> TRAVEL TIP: Il Museo d'Arte Russa di San Pietroburgo a Málaga offre un percorso cronologico attraverso l'arte russa nel corso dei secoli. Bello lo spazio dedicato alle icone e spettacolare la sala dedicata alle avanguardie. Un po' meno (se non amate il realismo) il resto del museo. A lato, se amate il mondo dei motori, c'é anche il Museo dell'Automobile.
Avrei voluto passare davanti alla mia vecchia casa. Dopo sei anni mi sentivo finalmente pronta ad affrontare i ricordi. Forse proprio perchè quell'epoca - l'ho capito al Muelle Uno - non esiste più. Non l'ho fatto. E invece sono andata al Pompidou, assieme a quella che allora era la mia coinquilina. E ora paga il mutuo di un'appartamento grande e luminoso che condivide con il fidanzato e un cane a circa venti minuti di treno da lì. Come per Málaga, in fondo é giusto che la nostra vita segua il corso naturale degli eventi. Che il 2008 e il 2009 rimangano il sottofondo, il punto di partenza. Il terreno in comune su cui far ricadere qualche discorso sporadico. Tra le risate. Mentre parliamo di libri, di turni di lavoro e di come ai concerti non farei più le file.
Ci siamo state tre ore, dentro a quel cubo colorato. Dove i riflessi dei vetri sotto il cielo opaco fanno da sipario tra una sala e l'altra. Dove una parete piena di post it, all'ingresso, raccoglie le opinioni dei visitatori. E' riuscito ad annullare persino l'innegabile bellezza della mostra allestita al CacMa, quel posto.
>> TRAVEL TIP: Il CacMa é il Centro di Arte Contemporanea di Málaga. Nel cuore del nuovo quartiere di Soho, ha ingresso gratuito e vanta una serie di esposizioni temporanee sempre di massimo livello. Al momento da segnalare l'allestimento con opere di D*Face e Shepard Fairey. Potete seguire le iniziative del centro anche online, tramite il sempre aggiornato canale Instagram.
L'ha disintegrata con una tela di Tapies in grado di mozzare il fiato. Con il quadro di Baselitz appeso al contrario, ché ti sembra astratto solo ad una prima impressione. E ancora con i pupazzi parlanti di Tony Oursler, che ti strappano un sorriso nell'illusione che si stiano rivolgendo proprio a te. Con i corpi di donne senza volto di Kader Attia, prostrate ad effetto nel loro abito di domopack davanti ad una statua in metallo che, a seconda di come la guardi, sembra dominarle o sciogliersi sulla spinta di una forza invisibile. Ma, se la sede spagnola del Pompidou è finita dritta dritta nella top 5 dei miei musei preferiti, è soprattutto per il modo in cui è allestita. Per l'ampio spazio riservato all'interattività all'ingresso di ognuna delle sale, dove il filo tematico delle opere esposte si esprime in specchi deformanti, maschere da indossare, materiali in cui imprimere la propria traccia per capire e vivere meglio l'esperienza visiva che si sta per affrontare.
Al Centre Pompidou, davanti ad una tela di Tapies, le addette alla vigilanza della sala mi hanno fermata per farmi i complimenti per il look. Sacro e profano. Serio e faceto. Ho pensato un'altra volta, in quel preciso istante, che io Málaga la amo da morire.
>> TRAVEL TIP: Imprescindibile la visita al Centre Pompidou di Málaga, unica sede extra-francese del Museo. Oltre alla collezione permanente, vengono allestite mostre temporanee. Attualmente in corso quella di Miró.