L’arte non fa più mondo, ma fa molto moda

Creato il 03 febbraio 2016 da Nicolastoia

L’arte non fa più mondo, ma fa molto moda
...e mettila da parte

Se pensiamo che un tempo, gli artisti sedevano a fianco di imperatori, re e papi, che erano ambasciatori nel mondo, che a loro venivano affidate missioni diplomatiche nelle varie corti europee, che erano uomini conosciuti, rispettati e ammirati o che, in tempi più recenti, sono stati star o divi comunque ambiti e sempre al centro dei riflettori, si capiscono molte cose rispetto allo stato odierno dell’arte.

In quanti oggi sanno chi sia Paola Pivi? Chi riconoscerebbe Francesco Vezzoli se lo incrociasse per strada? Oppure Grazia Toderi? E sto citando qui alcuni degli artisti italiani contemporanei più famosi del mondo. Forse per Maurizio Cattelan e Jeff Koons la cosa sarebbe più semplice poiché si sono spesso “ritratti” nelle loro opere, ma vi assicuro che non è poi così scontato.

Alla serata d’inaugurazione della retrospettiva di Koons al Whitney Museum di New York, la schiera di giornalisti e fotografi si è scagliata su ogni VIP che faceva il suo ingresso, accecando con i flash delle loro macchine fotografiche i poveri (si fa per dire) malcapitati: attori, cantanti, campioni dello sport e divi dello spettacolo. Quando, davanti all’entrata si è fermata una luccicante e nera limousine da cui è sceso un elegante e brizzolato signore in abito da sera accompagnato dalla sua dama, solo qualcuno, a stento, gli è corso dietro.

Chi era quello?” hanno chiesto ai pochi colleghi tornati dalla rincorsa a quell’uomo, i fotografi rimasti davanti all’ingresso ad aspettare l’arrivo del prossimo VIP. “Jeff Koons, l’artista, il protagonista della serata.

A parte i giornalisti di settore, in pratica nessuno l’aveva riconosciuto. E stiamo parlando di uno degli artisti contemporanei più celebri al mondo, sicuramente quello più pagato, l’uomo che detiene il record per l’opera più cara per un artista vivente.

Arte, potere e moda

Vero o falso che sia questo aneddoto, una cosa è certa: l’arte non fa più mondo, non è più al centro dei riflettori mediatici né delle attenzioni dei potenti. A partire dalla seconda metà del ‘900 gli artisti non sono utili più ad alcun potere, quindi non servono più a nessuno. La televisione ha strappato definitivamente dalle loro mani il monopolio sull’immagine già intaccato dalla fotografia. Quanto è più efficace un video trasmesso in orario di massimo ascolto su una quantità indefinibile di piccoli schermi, rispetto a un’enorme tela appesa sul muro di un singolo palazzo governativo?

Si sa, il potere consegna un alone di fascino a chi lo detiene e chi gli è vicino ne raccoglie i riflessi. Gli artisti quindi, oltre a perdere il loro ruolo di primo piano all’interno della società, smarriscono anche quell’aurea magica che circondava la loro figura e i media non perdono tempo, cercano e trovano immediatamente i loro sostituti.

Sono le star di Hollywood che raccolgono la staffetta e sono sempre loro che occupano il posto, un tempo di pittori e scultori, al tavolo dei potenti. Andy Warhol aveva percepito e compreso questo cambiamento in anticipo su tutti e, serigrafando i volti dei divi del cinema sulle sue tele, decretava la morte dell’arte e la nascita di nuovi miti.

Il padre della Pop americana è un artista tragico ma anche forse il più lucido della sua epoca. I soggetti dei suoi lavori nascondono, dietro ai colori sgargianti, un alone di morte: pensiamo agli incidenti stradali, ai teschi, alle pistole, ma anche a personaggi come Marilyn Monroe, Elvis Presley, Mao.

Dall’altra parte del globo, in un’Europa che ha ormai perso il suo ruolo di guida del mondo, anche gli artisti di Piazza del Popolo percepiscono la perdita del ruolo di primo piano che apparteneva una volta all’artista, ma forse con meno lucidità rispetto a Warhol. Mario Schifano, Tano Festa, Franco Angeli, Pino Pascali, sono gli ultimi “artisti star”: avvertono il cambiamento in corso ed esprimono il loro disagio più conducendo vite al limite, che attraverso le loro opere.

È finita l’era dei “Dalì” o dei “Picasso”, artisti capaci di guadagnarsi le prime pagine dei giornali. È proprio il padre del cubismo l’ultimo artista davvero influente, quello che poteva anche permettersi di non presenziare all’inaugurazione di una sua personale e snobbare la presenza di autorità e capi di Stato. A Roma, infatti, in occasione della mostra organizzata in suo onore da Palma Bucarelli alla Galleria d’Arte Moderna, l’autore di Guernica ebbe la sfrontatezza di rimanere tranquillo a casa, quando in suo onere si era scomodato persino il presidente della Repubblica, Luigi Einauidi. Quanti artisti di oggi potrebbero concedersi una tale impudenza? Credo nessuno.

Andy Warhol era lucido e aveva capito tutto, dicevamo. Aveva capito soprattutto che non era più l’arte ciò che contava, ma i soldi: “Fare soldi è arte, lavorare è arte, fare buoni affari è la migliore forma d’arte.

Nasce la Business Art ed è la corrente dalla quale possiamo dire siano nati molti dei più importanti artisti di oggi. Jeff Koons, Damien Hirst, Maurizio Cattelan sono Business Artist e i loro lavori danno al collezionista ciò che il collezionista contemporaneo cerca: soldi.

Già perché oggi più che mai è il denaro che dà la fama, che dona prestigio, e allora tutti a seguire le tendenze del momento, a comprare quello che tutti comprano e ad appendere alle pareti, gli Scheggi, i Castellani, i Bonalumi, i Boetti, i Koons: hanno prezzi esorbitanti, sono ben riconoscibili e in molti li desiderano.

E i Franco Angeli, i Salvo, i Luigi Ontani, i lavori di Giosetta Fioroni o di Stefano Arienti?

No, è presto, costano ancora troppo poco e se è il prezzo a sancire il valore di un artista, è meglio aspettare quando aumenteranno. Allora e solo allora ci si accorgerà della loro grandezza e si scatenerà la rincorsa cieca non tanto all’opera, quanto alla firma.

Oggi non è ancora il momento, questi nomi non sono ancora in voga e l’arte, si sa, nell’epoca in cui viviamo, non fa più mondo, ma fa sicuramente molto moda.

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