L'arte umanistica di Caroli

Creato il 19 gennaio 2013 da Carlo_lock
Quando ascolto o leggo Flavio Caroli, il noto storico dell'arte, mi viene spontaneo ammettere: "Ecco lui sì che è capace di far ricordare la storia dell'arte al prossimo". Imprimere, far ricordare è una delle principali e spesso sottovalutate doti di chi sa insegnare. Ma in cosa consistono nel profondo queste capacità? Perché la storia dell'arte è spesso detestata nelle scuole o all'università? Flavio Caroli, oltre ad avere un eloquio e un linguaggio assertivo  e limpido, non tentennante, quasi privo di ipotassi, ha spirito ironico e soprattutto mette al centro l' "uomo".Quando si ascolta Caroli (parlo per lo meno in un contesto divulgativo) ci si rende conto in un'intuizione che è l'opera d'arte a discendere dall'uomo, non l'uomo che discende dall'opera d'arte. Un dipinto, una scultura non nasce "prima" come un'entità ipostatica da scomporre e analizzare, secondo canoni e criteri freddi e tecnici (la componente iconografica, la componente configurativa, il peso percettivo, le linee di forza), bensì l'arte è umanistica, cioè è il riflesso dell'uomo, ha una Kunstwollen, come sosteneva Riegl. Dimenticare questo vuol dire travisare l'approccio fondamentale a questa disciplina. Naturalmente esistono anche gli approcci "tecnici", trasversali, complementari, interdisciplinari, non di trascurabile importanza; anche lo storicismo è fondamentale, ma di nuovo siamo alle prese con la storia, che è fatta dall'uomo (come ci faceva intendere anche Marx, tra l'altro).Non a caso, Caroli ha condotto in passato studi di fisiognomica e nella Storia dell'arte raccontata da Flavio Caroli (Electa), vi è una bellissima ricomposizione storica degli artisti dal Quattrocento al Novecento che manifesta il debito con la fisiognomica o più semplicemente con la psicologia, il rapporto tra segno grafico e mente umana, l'evoluzione dei tratti umani nella rappresentazione artistica.....E più semplicemente storie di uomini. E' bello pensare che la storia di un quadro sia anche la storia di un uomo (la sua storia pubblica, ma anche la sua storia privata). E nella storia privata di un artista aleggia anche il vizio e la follia.Come comprendere Van Gogh, Matisse, D' Alì, Bacon, Ligabue senza saperne nulla delle loro esperienze, delle loro donne, dei loro dolori, delle loro malattie? Magari spesso ci sentiamo anche truffati, perché la mitologia di un artista viene disattesa e disillusa...La cosa più deludente da sapere è che un artista lavora per commissione, per soldi, è un operaio. Certo, a monte di tutto riposa una concezione individual-romantica dell'artista e soprattutto le "belle arti" settecentesche, senza le quali un artista sarebbe sempre e comunque stato un operaio.Tornando al punto di partenza, è la storia dell'uomo che aiuta a ricordare, il fascino di aspetti timidamente o mai comunicati o insegnati di un artista. Questo approccio può essere un ponte che ci traghetta verso l'inflessibile e imprescindibile "tecnica", perché, purtroppo, lungi dall'essere crociani convinti, l'arte è materia da lavorare, è trasformazione della forma e deve ubbidire a regole, che piaccia o no. Le regole sono una frustrazione e una sfida, come lo è l'insegnare delle regole. Ma la chiave che probabilmente facilita l'assimilazione è accarezzare lo splendore e l'ignoto dell'umanità, solo accarezzare perché se poi si indugia troppo si finisce a fare gli psicologi o i filosofi. Interessante è anche un altro testo, curato da uno psichiatra di Novara, Domenico Nano, che, analizza il rapporto tra arte e disagio psichico, una vecchia storia, ma che dovrebbe essere continuamente ripresa per ricordarci che l'arte è umana. Non il solito saggio fitto fitto ma una testimonianza di cartelle cliniche, dipinti, fotografie. Il titolo è: Nel segno della memoria. Un percorso tra arte e disagio psichico (Allemandi)  

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