L’associazionismo editoriale e il ruolo dei lettori

Creato il 19 aprile 2012 da Autodafe

di Cristiano Abbadessa

Vedo tutto intorno un proliferare di iniziative associative che interessano il mondo editoriale. Parlo del mondo editoriale “piccolo”, degli attori che inseguono un proprio spazio sulla ribalta: autori in cerca di pubblicazione, editori senza visibilità, agenti o redattori in via di ridefinizione della propria professionalità, librai strozzati dalle grandi catene e dalle logiche commerciali della distribuzione. Si intessono relazioni, si creano associazioni, si organizzano iniziative comuni, ci si inventa nuovi ruoli e nuove figure, il tutto allo scopo di proporre nuove creazioni e nuove proposte culturali, non solo letterarie, che riescano a ottenere un minimo di attenzione.
Tutto giusto, e d’altra parte inevitabile, come ho già avuto modo di constatare in questa sede. Noi stessi, come noto, ci stiamo adoperando per costruire una rete relazionale dal basso, per interagire con altri piccoli editori di qualità in grado di condividere un progetto (o alcuni progetti), per dare e ricevere attenzione da media alternativi che danno spazio alla cultura, per trovare canali di vendita diretti collaborando con librerie sensibili alle produzioni letterarie valide ma non ricche né famose. Siamo anche noi, e attivamente, al lavoro in quest’ottica: l’unica che possiamo sperare dia frutti, anche in tempi non brevi, senza pretendere investimenti che non siamo in grado di fare. Nuotiamo in questo mare aperto di relazioni insolite, esploriamo nuovi sentieri, incrociando carovane che si spostano con le stesse finalità e con una progettualità diversa, talvolta con metodi discutibili e talvolta con spirito puro. A ciascuno dei piccoli operatori del mondo editoriale sta poi la libera scelta di aggregarsi a questo o quel gruppo, di trovare convincente questa o quella proposta e di apportarvi il suo contributo.
Passi necessari, dicevo. Ma spesso mi domando, con un pizzico di sconforto, quanto davvero utili e paganti. Non perché si tratti di iniziative poco credibili o prive di un loro teorico appeal, ma perché si rivolgono a un mercato che non dà che flebili risposte, che non sembra avvertire la necessità di questa sovrabbondante produzione editoriale, che forse non chiede di essere invaso da nuovi attori e nuove comparse.
Diciamo la verità: trovare buoni compagni di strada con cui compiere il cammino è concretamente faticoso, ma concettualmente semplice. Ci sono tanti ottimi piccoli editori che meriterebbero maggiore visibilità e considerazione. Ci sono tanti aspiranti autori, o scrittori che non riescono a emergere, provvisti di eccellenti idee e di capacità narrative, che a pieno titolo meriterebbero spazio sugli scaffali più nobili. Ci sono molti (forse non moltissimi) librai che amano il proprio lavoro e sono aperti e sensibili, pronti a rischiare per promuovere libri in cui credono. Dentro questo universo di virtuosi, perciò, può essere lento e complicato, ma infine sempre realizzabile, dar corpo al desiderio di trovare partner per iniziative, eventi, strategie comuni di approccio al mercato.
La sensazione, tuttavia, è che questi sforzi corrano il rischio di restare inutili fino a quando non si coinvolgeranno, in veste di protagonisti, i lettori. Perché il rischio è che gli attori dell’editoria si prodighino con sacrificio per dare forma e spazio a opere nelle quali credono fermamente, ma per le quali non vi è una particolare attesa, e talora neppure disponibilità, da parte dei destinatari finali. E non sarà inutile ricordare che non si pubblicano libri per soddisfare le esigenze creative di chi li scrive, ma per rispondere ai bisogni di chi li legge. Il che, sia ben chiaro, non vuol dire conformarsi a una produzione destinata alla “massa”, ma significa verificare sempre e necessariamente se la splendida idea editoriale concepita da un autore e sposata da un editore, anche alta e di qualità, è percepita come tale almeno da una fetta dell’universo dei lettori.
In questo turbinare di iniziative e di collaborazioni credo che, alla fine, l’unica forma associativa davvero in grado di modificare a fondo le logiche del mercato editoriale sarebbe quella dei lettori. Quando nascerà un’associazione di lettori consapevoli, critici, avveduti, culturalmente preparati e sensibili, vogliosi di premiare produzioni letterarie di qualità, di battezzare il successo di nuovi talenti e di sponsorizzare editori e librai capaci di fare scouting, allora avremo la vera rivoluzione copernicana del mercato editoriale. O, al minimo, la possibilità di veder sopravvivere più che dignitosamente chi cerca di lavorare per la crescita culturale di questo paese e non per il suo abbrutimento.


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