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L’assoluzione di haradinaj: un regalo all’albania nel centenario della sua nascita

Creato il 29 dicembre 2012 da Eurasia @eurasiarivista
Albania :::: Marzia Nobile :::: 29 dicembre, 2012 :::: Email This Post   Print This Post L’ASSOLUZIONE DI HARADINAJ: UN REGALO ALL’ALBANIA NEL CENTENARIO DELLA SUA NASCITA

Il 28 novembre 2012 l’Albania ha festeggiato 100 anni dalla proclamazione dell’indipendenza. Durante i festeggiamenti a Tirana, il Primo Ministro Sali Berisha ha evocato “il sogno dell’unificazione di tutti gli albanesi”, nonostante il progetto della “Grande Albania” risulti oggi impraticabile. L’Albania, Stato membro della NATO e candidato all’ingresso nell’UE, è sempre stata legata da un fil rouge all’Italia. Gli italiani sono più volte intervenuti a favore del popolo albanese, spinti anche dall’interesse di ricoprire un ruolo nello scacchiere balcanico. Nonostante gli anni ormai trascorsi, le guerre nei Balcani non sono ancora parte del passato e tornano alla mente proprio in questi giorni, a causa delle discutibili assoluzioni da parte del Tribunale Penale della ex Yugoslavia di Ramush Haradinaj e di altri membri dell’ UÇK per i crimini commessi durante il conflitto in Kosovo.

L’indipendenza albanese

L’Albania compie cento anni. Il 28 novembre 1912 Ismail Qemal Bej, capo del movimento nazionale albanese, proclama l’indipendenza del Paese, riconosciuta a livello internazionale nel 1913 durante la Conferenza degli ambasciatori a Londra, in seguito alla fine della prima guerra balcanica (1).

L’Albania è situata nei “Balcani”, un’espressione che in passato stava ad indicare l’omonima catena montuosa; ma a partire dalla fine del XIX secolo la stessa espressione assume la forma di una categoria storico-geografica ed insieme al termine “balcanizzazione” viene oggi utilizzata per indicare, in maniera generica, il perpetuo disordine politico di uno Stato (2).

I Balcani assistono alla dominazione ottomana a partire dal 1354, con la presa di Gallipoli sullo stretto dei Dardanelli, fin quando non si giunge alla crisi che investe gli interessi dell’Impero nella penisola tra il 1875 ed il 1878.

In Albania, con la disgregazione ottomana i notabili e i capi clan si estraniano dall’Impero e danno vita nel 1878 alla Lega di Prizren, per il riconoscimento delle loro istanze di autonomia e per respingere le mire espansionistiche montenegrine, serbe, bulgare e greche.

Il movimento viene rapidamente sconfitto dagli Ottomani, ma la Lega può essere considerata la prima espressione di un sentimento nazionale albanese che cerca di coagulare popolazioni non omogenee a livello confessionale. È l’avvio del Risorgimento albanese, la Rilindja, per la riunificazione della “Grande Albania” con i quattro vilayet ottomani di Scutari, Kosovo, Monastir e Janina.

È solo nel corso della prima guerra balcanica contro gli Ottomani, sul finire del 1912, che l’Albania vive il sogno della creazione di uno Stato sovrano. Durante il conflitto, il territorio albanese diviene zona di schieramento dei nemici dell’Impero ed i comitati nazionali sfruttano il vuoto di potere per proclamare l’indipendenza (3).

L’Austria-Ungheria e l’Italia, temendo che la Serbia ottenga uno sbocco sul Mare Adriatico e volendo frenare le aspirazioni degli Stati balcanici, sostengono la creazione dello Stato indipendente d’Albania, le cui frontiere vengono fissate dalle potenze europee con il Protocollo di Firenze del dicembre 1913. Si tratta degli stessi confini che l’Albania ha grosso modo mantenuto fino ad oggi; ma allora un rilevante numero di albanesi rimase all’esterno del nuovo Stato indipendente (4).

L’Albania e l’Italia

Per quanto concerne le relazioni italo-albanesi, nelle due guerre mondiali l’Italia ritiene suo interesse difendere l’integrità territoriale e l’indipendenza dell’Albania, anche attraverso l’occupazione del suo territorio, per garantirsi un ruolo nella regione che si affaccia sull’altra sponda dell’Adriatico.

In seguito, quando negli anni Novanta il mondo si trova ad assistere alle guerre di dissoluzione jugoslave, la struttura di potere dell’Albania inizia a sgretolarsi. Nel 1991 l’Italia interviene in Albania con l’operazione “Pellicano”. Tale intervento consente alla popolazione di passare il gelido inverno per poi arrivare alle elezioni nel marzo 1992, le quali sanciscono la vittoria dei democratici e di Sali Berisha. Tra il 1996 ed il 1997, a causa dei contrasti tra socialisti e democratici e del fallimento delle società finanziarie “piramidali”, si apre una nuova crisi interna. Sotto il comando italiano, l’ONU autorizza una missione internazionale per ristabilire un clima di sicurezza e con l’operazione “Alba” si assiste al regolare svolgimento delle elezioni (5).

Oggi l’Italia è il secondo donatore bilaterale dell’Albania ed il terzo in assoluto, dopo Unione Europea e Banca Mondiale, con numerose iniziative per il consolidamento delle istituzioni, la crescita socio-economica ed il sostegno nel percorso di adesione all’UE.  Ai progetti di cooperazione tra i due Paesi partecipano anche gli enti locali italiani e la società civile italiana ed albanese attraverso le ONG (6).

E’ di questi mesi la notizia delle tonnellate di rifiuti tossici importati in Albania dall’Italia, nonostante i divieti e l’arretratezza del sistema locale per il riciclaggio dei rifiuti. Secondo l’Europol (l’Ufficio europeo di polizia), l’Albania, la Romania e l’Ungheria rappresentano oggi le principali destinazioni dei rifiuti tossici provenienti dall’Europa meridionale e in particolare dall’Italia (7).

L’assoluzione di Ramush Haradinaj e l’ UÇK

E’ di questi giorni la notizia dell’assoluzione da parte del Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia dell’albanese Ramush Haradinaj, ex Primo ministro del Kosovo ed ex comandante dell’ UÇK (Esercito per la Liberazione del Kosovo). Haradinaj era accusato di aver commesso, tra il 1998 ed il 1999, crimini di guerra e crimini contro l’umanità nei confronti di civili serbi, rom, egiziani e albanesi “non allineati”, nella base dell’UÇK  di Jablanica (10).

Nel marzo 2005, Ramush Haradinaj si consegna volontariamente al Tribunale dell’Aja, sostenuto da una squadra difensiva di eccellenza. Nel 2008 viene scagionato, ma nell’estate 2010 il processo viene riaperto a causa delle intimidazioni nei confronti dei testimoni.

I giudici dell’Aja hanno confermato l’esistenza dei crimini summenzionati, ma ritengono che non siano imputabili a Hardinaj e ai suoi compagni, dal momento che non è stata provata l’esistenza di una concreta strategia finalizzata all’eliminazione e all’espulsione della popolazione kosovara dissidente dalla regione controllata dall’UÇK (9).

Secondo il governo serbo, “il tribunale dell’Aja ha legalizzato un codice mafioso, basato sull’omertà e sul silenzio” ed il Presidente Nikolic, per protesta, ha disertato il vertice regionale convocato dal governo montenegrino (10).

L’Esercito per la Liberazione del Kosovo, di cui Ramush Haradinaj è stato uno dei capi più importanti, è un’organizzazione che si afferma nella metà degli anni Novanta come forza alternativa alla Lega Democratica di Ibrahim Rugova, letterato e docente di letteratura albanese, definito “il Gandhi dei Balcani”, che nel 1990 proclama la nascita della Repubblica del Kosovo. Grazie a Rugova, il Paese si tiene fuori dagli scontri degli anni Novanta, ma il Presidente kosovaro è anche uno degli sconfitti degli Accordi di Dayton. Iniziano così i primi regolamenti di conti tra l’ UÇK, guidato da Hashim Thaçi, e la Lega Democratica del Kosovo, finché nel 1998 il conflitto tra serbi e albanesi assume l’aspetto di una vera e propria guerra.

Nel 1999, in seguito al fallimento degli Accordi di Rambouillet, la NATO, senza il beneplacito dell’ONU e nella cornice della cosiddetta “ingerenza umanitaria per la protezione dei diritti umani”, decide di intervenire. E’ probabilmente a questo periodo che deve essere fatta risalire la decisione di creare un Kosovo “indipendente”.

* Marzia Nobile, laureata in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali presso l’Università “La Sapienza” di Roma

 
 

  1. Tirana compie cent’anni, in Internazionale n. 977, 2012, p.20.
  2. Franzinetti G., I Balcani dal 1878 a oggi, Roma, 2010.
  3. Hösch E., Storia dei paesi balcanici. Dalle origini ai nostri giorni, 2005, pp. 184-185.
  4. Micheletta L., Una nazione, due Stati?, in La questione del Kosovo nella sua dimensione internazionale, a cura di Pineschi L., Duce A., 2010, pp. 56-61.
  5. Bucarelli M., L’Italia e le crisi jugoslave di fine secolo (1991-99), in Botta F., Garzia I., Europa Adriatica, Bari, 2004, pp. 98-99.
  6. Cfr., www.italcoopalbania.org.
  7. I rifiuti tossici italiani che spariscono in Albania, 2012, www.albanianews.it.
  8. Gori A., Dopo Gotovina, altro scandalo all’Aja: assolto anche l’albanese Haradinaj, 2012, www.alessandrogori.info.
  9. Haradinaj, Balaj, and Brahimaj Acquitted on Retrail, 2012, www.icty.org.
  10. Petrillo E. R., Haradinaj, un uomo troppo potente per essere condannato, 2012, www.temi.repubblica.it/limes.
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