Nonostante ciò, grazie alla sua professione, gira il mondo. Il perenne girovagare con la famiglia le ha reso più facile la vita di oggi «Mi piace fare la zingara, mi sento a mio agio in hotel. Anche senza personalizzare l’ambiente con fiori o quadri, mi sento a casa. Sono luoghi che non mi costringono a pensare al mondo reale, così posso concentrarmi sul lavoro e l’unica vita da vivere è quella del personaggio da interpretare».
Desidera essere un'attrice da quando ha sei anni e quando è abbastanza grande per capire che è solo questo che vuole fare nella vita, decide di scrivere una lettera a Kenneth Branagh, dove lo prega di diventare suo mentore. Richiesta cortesemente rifiutata. Così decide di contattare tutte le scuole più prestigiose: Royal Academy of Dramatic Art, Central School of Speech and Drama e Drama Centre del Saint Martins College, ma viene rifiutata da tutte «In effetti non ero poi così brava. Mi presentavo con un monologo tratto da 4.48 Psychosis di Sarah Kane, che si è suicidata poco dopo averlo scritto. Avevo 17 anni, ero una ragazza serena, con una certa solidità alle spalle, non mi era mai successo niente di brutto. Arrivavo lì e cercavo di dare corpo a questo dramma, questo immenso dolore. Avranno pensato: “Chi è questa ragazzina appena uscita da una scuola privata che cerca di imbrogliarci?”».
Oggi la sua carriera procede spedita, nuova icona di stile e modello per molte ragazze. Nonostante i successi e le critiche positive, cova dentro di sé ancora molte insicurezze «Alcuni sono soddisfatti del proprio lavoro. Io invece penso in continuazione: “Cazzo, questa volta mi beccano!”. Ci sono giorni in cui proprio non ci riesco. In ogni film c’è una scena che a ripensarci mi dico: “Ecco, quello era uno dei giorni in cui non sai recitare”. Ce n’è una anche in Non lasciarmi, quando siamo seduti sulla spiaggia e Keira mi dà l’indirizzo di Madame». Credo che siano proprio questi dubbi e debolezze a renderla un'attrice tanto interessante, una che saprà regalare molto al mondo del cinema.