La maggiore innovazione che un’azienda possa portare nella gestione delle proprie risorse umane è permettere a queste di essere persone autentiche mentre lavorano.
I vertici manageriali dovrebbero per primi rendersi conto di cosa fa stare loro veramente bene. E far fluire le risposte che si danno ai piani bassi dell’organizzazione che dirigono.
Nell’era delle interdipendenze, della comunicazione e della realizzazione di sè lo spirito individualista, controllore e motivatore/censore dei comportamenti altrui è destinato, in gran parte, a finire in soffitta.
Ai manager attuali si chiede coraggio: dove serve maggior coraggio che trattare i propri collaboratori come persone integrali e chiedere loro di essere autentici? Dire quello che pensano, allineare pensieri, parole e azioni, assumersi responsabilità e godere pienamente dei risultati ottenuti.
E’ semplice, basta ricordarsi una cosa: finchè si lavora, si sta vivendo. E tutti, nelle propria vita, vorrebbero poter essere persone autentiche, cioè non dover anestetizzare una parte troppo grande di sè perchè l’ambiente non la accetta ritenendola superflua.
Più il management riuscirà a fare spazio all’espressione integrale dei lavoratori, più i lavoratori lasceranno entrare il mondo aziendale nella propria vita, favorendo la creazione di squadre equilibrate, flessibili e creative, tre caratteristiche irrinunciabili per le aziende contemporanee.
Almeno proviamoci una volta: diamo reale spazio agli altri, lasciamo che dimostrino cosa sanno essere in un ambiente non giudicante. Potrebbero stupirci.
Nel numero di giugno de L’IMPRESA c’è un articolo dal titolo “Manager, è tempo di cambiare” dove si affronta anche il tema del rapporto tra management e autenticità, condizione sempre più irrinunciabile per un ambiente di lavoro che voglia attrarre i giovani e sia sostenibilmente competitivo.