Se appena posso non bevo mai il caffè al banco. Quando me lo servono lo porto in uno di quei tavolini alti dove posso gustarlo con calma, osservandomi in giro e senza fretta.
Lei stava armeggiando col telefonino, un sms o una mail a qualcuno che evidentemente l’aveva fatta incazzare, lo si capiva da come digitava premendo con rabbia sui tasti del cellulare.
Fu solo quando ebbe finito che alzo gli occhi e incrociò i miei.
Visti da fuori sembravamo un padre borghese di ritorno da una trasferta che incontra per caso in autostrada la figlia ribelle che torna dalla val Susa.
“Me la offri una birra?”
Nonostante ci fosse una generazione abbondante a dividerci gli venne naturale darmi del tu e così le risposi “chiara ti va bene?”
“visto che è anche il mio nome di battesimo direi proprio di si”
Non ricordo molto di quello che fu la nostra conversazione. Quello che invece mi rimase impresso di Chiara fu il suo piercing alla lingua.
Ero ipnotizzato. Continuavo ad alternare il mio sguardo tra i suoi occhi scuri e pesantemente truccati e quella piccola sfera di metallo che si intravedeva mentre parlava.
Lo capii anche lei visto che a un certo punto tagliò corto:
” si, col piercing i pompini vengono meglio, o almeno così mi dicono”
Aveva ragione.
Ne ebbi la prova qualche minuto dopo quando, in mezzo ai TIR parcheggiati per la notte, le riempii la bocca di sperma che lei, prima si premurò di farmi vedere maliziosamente mostrandomi soddisfatta la lingua, per poi baciarmi profondamente e farmene sentire il sapore caldo e acido confuso con quello metallico del suo piercing.