L’autunno del patriarca

Creato il 22 marzo 2013 da Federicobona @Federico_Bona

Gabriel García Márquez, su un blog come questo, è facile darlo per scontato. E – aggiungo oggi – non c’è niente di peggio che uno potrebbe fare. Soprattutto se parliamo di un libro come L’autunno del patriarca, di gran lunga il più sperimentale del grande narratore colombiano. Tanto che anche chi mal digerisce il cosiddetto realismo magico – non solo l’etichetta, come me, ma proprio alcune delle sue manifestazioni, indubbie al di là delle banalizzazioni – potrebbe innamorarsene. Certo, c’è da superare la fatica di un testo che non ha punti a capo, se non quelli che separano i sei capitoli nei quali è diviso, e dove i (pochi) dialoghi sono immersi nel flusso di una narrazione continua che sembra avere più punti di contatto con il monologo finale dell’Ulisse di Joyce che con il resto della produzione di García Márquez, che peraltro non si è mai risparmiato nella ricerca di forme e strutture nuove. Ma il premio è una narrazione di rarissima potenza, sempre tesa, sempre altissima, sempre evocativa e piena di allusioni, che censisce e disseziona tutti i vizi, le ossessioni, le pratiche e persino i dolori dell’esercizio del potere assoluto, della dittatura che il Sudamerica – ma non solo, c’è molto che parla direttamente anche a noi, naturalmente – ha sperimentato in ogni forma. Non c’è una parola fuori posto, non c’è un dettaglio che non apra squarci di verità, non c’è un simbolo o una metafora che non si trasformi pericolosamente in realtà in alcuno dei sei capitoli che, partendo dalla morte – vera o presunta – del dittatore, torna indietro nel tempo a raccontarne le vicende, sempre seguendo un filo tematico più che cronologico, avvicinandosi di volta in volta ai rapporti intrattenuti dal patriarca con il suo sosia ufficiale, la madre, il generale che gli garantisce di perseverare nel potere, mogli e concubine e così via. Un romanzo che ci ricorda una volta di più che per raggiungere le vette più alte bisogna osare e che in fondo distinguere i grandi è fin troppo facile: basta vedere chi è stato capace di arrivare in cima senza precipitare.

L’autunno del patriarca, Gabriel García Márquez, traduzione di Enrico Cicogna (Mondadori, 288 pp, 9 €)

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