Nuove visioni di un genere che odia le novità
Le avventure grafiche sono avventure punta e clicca per definizione. La particolarità di questo genere di videogiochi è che passa da una decade all'altra senza quasi subire evoluzioni. Questo non succede perché le avventure grafiche sono nate perfette, ma perché costa poco svilupparle. Pertanto escono ancora ottime avventure punta e clicca come Primordia, Gemini Rue o Resonance.
Probabilmente fintanto che esisteranno giocatori che ricordano con passione The Secret of Monkey Island, questo tipo di videogiochi continuerà a esistere. Daedalic Entertainment addirittura lo sta rilanciando creando mondi vivi e riconoscibili sulla base dello stesso inossidabile sistema di gioco che ha dato vita al genere, senza stravolgere quasi nulla. Se tutto rimanesse così, i videogiochi perderebbero però l'occasione di raccontare storie appassionanti con mezzi diversi da quelli impiegati nel cinema o nei romanzi. Perché lo scopo delle avventure grafiche è sempre stato quello di raccontare storie, ed è su questo punto che secondo noi dovrebbero evolversi. Per fortuna sono usciti videogiochi come Anna, The Walking Dead, Gone Home e The Cat Lady che hanno cominciato una rivoluzione. Seguendo la loro strada siamo sicuri che si raggiungeranno luoghi eccitanti mai esplorati prima. Ora: noi non vogliamo certo stendere uno striminzito progetto di game design di quella che dovrebbe essere l'avventura grafica perfetta, ma solo isolare gli elementi che ci interessano di più e pensare a dove potrebbero condurci. È più che altro uno sguardo sul presente, lasciando però la mente libera di immaginare, così che possiate poi arricchire la discussione nei commenti. La prima suggestione ci viene da The Cat Lady, perciò cominciamo da lì.
L'occhio della mente
Grazie alle avventure grafiche ci piacerebbe molto riuscire a penetrare nella testa del protagonista per conoscere i suoi pensieri più intimi. Naturalmente bisognerebbe avere il coraggio di rappresentare esseri umani verosimili e non figurine che vagheggiano l'amore e la giustizia, come accade pressoché in qualunque videogioco.
Quando si dice "finalmente una storia matura" o ancora "questo videogioco tratta temi adulti", è spesso in relazione agli altri videogiochi e quasi mai in assoluto. Fino a quando non si rappresenteranno personalità con le quali possiamo trovarci anche profondamente in disaccordo o a disagio, si rimarrà sempre in superficie, così da non urtare la suscettibilità dei giocatori, un rischio che, a quanto pare, possono correre tutti i mezzi di comunicazione e opere d'arte ma non i videogiochi, ai quali basta una frase scorretta perché subito si alzino vespai puerili. The Cat Lady è una felice eccezione, ecco perché ci è venuto in mente. Seguire le evoluzioni di Susan Ashwort è stata un'esperienza estenuante, ma quando si è conclusa ci siamo sentiti soddisfatti di avere conosciuto a fondo l'eroina del gioco, per quanto non sia stato sempre piacevole trovarsi nei suoi panni. Oltretutto questa idea di calare il giocatore nella mente di un personaggio potrebbe trovare oggi un valido sostegno tecnologico nell'Oculus Rift, o nelle altre periferiche simili. Immaginate di giocare ad Anna e sentirvi come se foste presenti in prima persona nella segheria: le frasi sussurrate, le domande, le eco dal passato le percepiremmo come se fossero rivolte a noi giocatori. E in Anna questo aspetto è solo accennato, mentre si potrebbe sviluppare molto di più, lasciando che nel mondo avvolgente dell'Oculus Rift i pensieri del protagonista seguissero il proprio filo logico mentre esploriamo l'ambiente. In questo modo si arriverebbe quasi a un'identificazione tra noi e il personaggio. A pensarci è inquietante, ma anche eccitante. Ecco, questo è il genere di intimità emotiva e coinvolgimento che ci piacerebbe sperimentare, tanto per cominciare.
Un vero gioco di ruolo
Già che abbiamo cominciato a parlare di periferiche che agevolano l'immersione nel gioco, veniamo alla narrazione ambientale, così come l'abbiamo conosciuta in Gone Home per esempio, e vediamo come ci piacerebbe che si sviluppasse. Questo metodo narrativo è un privilegio dei videogiochi, pertanto vale la pena insisterci sopra.
In poche parole, "narrazione ambientale" significa che la storia è raccontata dall'ambiente. Il tipo di oggetti che si trovano in giro, i dettagli che si possono cogliere o perfino le creature mostruose, che spesso sono proiezioni delle paure del protagonista, ci dicono molto, se abbiamo la possibilità di interagire con essi. Fino ad oggi, però, l'esplorazione dei mondi tridimensionali delle avventure è stata limitata, e la riproduzione degli ambienti approssimativa. Per tornare a Gone Home, dopo pochi minuti ci si rende conto che molti elementi dell'arredo sono ripetuti all'infinito, e questo vale per quasi tutti i videogiochi del genere. Invece a noi piacerebbe trovare nelle librerie di un gioco dei veri volumi che si possano sfogliare dalla prima all'ultima pagina. Se alla protagonista, o a qualche suo famigliare, piace leggere Harry Potter o Delitto e Castigo, perché non dovremmo poterci soffermare a leggere alcuni capitoli del libro con il nostro visore davanti agli occhi, mentre con i palmi delle mani aperti davanti a una periferica di riconoscimento del movimento sosteniamo il peso del libro nel gioco.
O lasciarci andare sul divano trovato in un salotto e ascoltare un vinile scelto dalla collezione di dischi scoperta magari in un armadio. Chissà che proprio vivere così a fondo l'atmosfera dell'ambiente non ci dica qualcosa di più sulla vita di chi lo abita, o possa servirci per riflettere su quanto abbiamo scoperto senza uscire dal mondo di gioco, anzi, calandoci ancora di più al suo interno. Avrete notato che non prendiamo neppure in considerazione la possibilità di un mondo a due dimensioni, e lo stesso vale per le meccaniche del punta e clicca. I tempi sono cambiati: vorremmo entrare nel gioco e usare periferiche moderne che ci permettano di interagire in modo più naturale con gli oggetti. La fluidità dell'interazione è fondamentale per non interrompere la connessione con il personaggio che, grazie a questa libertà, finiremmo per interpretare. Immaginiamo che dopo un po' compieremmo i gesti del protagonista, anziché i nostri, e pronunceremmo ad alta voce le risposte dei dialoghi con il suo tono di voce, interpretandone gli stati emotivi. Forse arriveremmo a commuoverci, nei suoi panni. In fondo è questo il vero gioco di ruolo, quello nato sulla carta e che ha ben poco a che fare con le statistiche e l'equipaggiamento, ma bensì con l'immedesimazione e la recita.
Eresia finale
Parliamo infine dei rompicapo, che hanno definito il genere delle avventure grafiche tanto quanto i clic del mouse. A nostro avviso si possono abolire senza timori, perché creano pause innaturali che ci alienano dalla narrazione. Telltale Games ha dimostrato che se ne può fare a meno e che anzi, se si vuole mantenere un certo controllo sul ritmo, rinunciare ai puzzle è una scelta obbligata. Ciò non esclude il ragionamento, l'indagine, o l'azione, anzi: vorremmo solo che tutto avvenisse in maniera guidata come i combattimenti di The Walking Dead, ai quali il giocatore partecipa ma che sono già stati pensati per svolgersi nel modo più naturale e spettacolare da vedere. Preferiamo un'avventura nella quale un ispettore ragiona a fondo e con cognizione di causa sulle prove, ricorrendo a competenze che il giocatore non può avere, lasciandoci solo il compito di intervenire con alcuni comandi per essere presenti sulla scena, piuttosto che una superficiale simulazione di indagine, con finti database ai quali non crede nessuno e motori di ricerca che rispondono solo a due parole chiave. Se azzerare la difficoltà serve ad aumentare l'immedesimazione, noi siamo d'accordo. Almeno nel caso dell'avventura grafica che vorremmo.