La trama (con parole mie): Vittoria, una giovane e benestante donna annoiata della borghesia romana, chiude la storia ormai logora con Riccardo, e fantasticando di viaggi in paesi lontani, confrontandosi con una madre troppo impegnata a giocare in borsa e cercando una risposta alla sua solitudine interiore si ritrova a tentare di nuovo la via dell'amore con l'affascinante Piero, squalo da mercato azionario sicuro, deciso e pieno di vita.Ma anche questa nuova possibilità pare naufragare inesorabilmente sotto i colpi di una progressiva oscurazione dei sentimenti, che induce ogni essere umano ad isolarsi inesorabilmente dagli altri, divenendo di fatto spettatore della vita.
Personalmente, non ho mai avuto un rapporto idilliaco con Antonioni.Ricordo che il primo film del regista di Ferrara che vidi fu Blow up, celebratissimo spesso e volentieri, premiato a Cannes e visto da generazioni intere come un cult: già ai tempi in cui, praticamente, mi cimentavo soltanto in visioni autoriali, mi parve una pellicola forzata, vuota, clamorosamente troppo radical chic pur attraversando io stesso un periodo di - purtroppo - radicalchicchismo cinematografico.Sono passati anni, e Antonioni è riuscito anche - in poche occasioni, sia chiaro, come per l'ottimo Professione: reporter - a farsi rivalutare, eppure non sono mai riuscito a superare completamente quel vecchio trauma.A gettare sale su una ferita che pensavo praticamente rimarginata ci ha pensato il Cannibale, propinandomi nella sua lista per la nostra ultima Blog War L'eclisse, un film che mi ha lavorato ai fianchi e al viso neanche fosse Apollo Creed nei suoi due epici incontri con Rocky Balboa: dal primo all'ultimo minuto di questa estenuante visione ho pensato a quanto l'opera in questione di Antonioni fosse legata al Capolavoro felliniano La dolce vita, fotografia di un'epoca ormai lontana, magica e clamorosamente terrena, sacra e profana.Peccato che, se il lavoro del Maestro riminese assume le connotazioni di un vero e proprio ritratto in grado di oltrepassare i confini del tempo, questo tentativo di Antonioni pare più la versione salottiera e - lo dico con il massimo disgusto possibile - radical chic della stessa, tanto poco sopportabile quanto inesorabilmente datata rispetto ad una visione nel pieno degli anni zero.L'alternanza di silenzi e risposte evasive e poco sensate di Vittoria - uno dei protagonisti femminili più irritanti che abbia mai affrontato nella mia carriera di spettatore - riesce ad annullare non solo la vitalità di Piero - un ottimo Alain Delon -, ma anche la verve registica dello stesso Antonioni, che pare ipnotizzato dal suo personaggio e dalla Vitti finendo per sacrificare sull'altare di momenti agghiaccianti come il ritrovo notturno sognando l'Africa che mi ha ricordato una versione ante litteram - e spocchiosa - delle odierne Desperate housewives la sua impareggiabile tecnica, che in altri lavori - il già citato Professione: reporter - sopperiva ad una mancanza cronica nella sostanza dei suoi script.Certo, tutto è realizzato in modo da rappresentare l'incomunicabilità che porta alla fine dei rapporti di coppia, e sicuramente chi viene da una formazione universitaria all'interno della quale avrà trovato un poco simpatico - ma carismatico - professore di Cinema pronto a vendere anche l'anima per questo film lo adorerà, ma per un autodidatta da saloon come il sottoscritto quello di Antonioni pare un manierismo vuoto ed irritante, che più che rappresentare, per l'appunto, l'incomunicabilità, fa della stessa una bandiera del suo modo di intendere il Cinema, nonostante i tentativi simbolici - soprattutto con l'apertura e la chiusura - vorrebbero lasciare intendere numerose strizzatine d'occhio ai veri Maestri del grottesco come Bunuel e Jodorowskij, lontani anni luce da questi esercizi di stile tanto vecchi quanto pacchiani.Una visione faticosa e un pò ammuffita, per quanto certamente superiore a gran parte delle schifezze nostrane che intasano le sale oggi, uscita decisamente sconfitta dagli anni che passano e buona più per una lezione di Cinema da raduno di pseudo-intellettuali che non come simbolo per quella che, a conti fatti, è stata la migliore stagione della settima arte italiana.
MrFord
"Le nuvole e la luna
ispirano gli amanti
sì, ma per tanti,
compreso me,
è ti - p - i - o - logico
il vero amore
è zo - o - ologico
fin dentro il cuor."Mina - "Eclisse twist" -