L’eco dei lettori. Resta con me

Creato il 03 marzo 2012 da Patriziabi (aspassotrailibri) @openars_libri

Di Loredana M.

La storia di questo libro si sviluppa quasi come un giallo, anche se non c’è un cadavere, né un assassino da scoprire. O forse no? C’è una donna morta, in effetti, e non c’è dubbio su chi, o che cosa, purtroppo, sia la causa della sua morte. O forse no?
Lo scenario è quello dell’America superconformista degli anni ’50, quello delle casette allineate e dei giardini sempre in ordine, quello del dolce da portare ai nuovi vicini in segno di benvenuto e dei fiori sempre freschi sul tavolo della sala da pranzo. Un Truman show sempre in onda, in cui è tutto apparenza, famiglie perfette, mariti modello e casalinghe devote (o disperate?), e buoni sentimenti ostentati al limite, ma in cui, dietro la porta di casa, si nascondono le umane fragilità, il dolore, anche le perversioni. Guai però a fare uscire tutto ciò, tutto deve essere normale, a posto, in ordine, come un giardino o un’aiuola ben curata.
Trovo emblematico, e grandioso, da parte dell’autrice, il modo di rendere l’idea della repressione dei sentimenti negativi delle persone, facendo loro visualizzare aggressioni, anche molto violente e palesemente fuori luogo, nei confronti di chi hanno di fronte, nel momento stesso in cui si manifestano, con quelle stesse persone, affabili e cordiali.
Ecco dunque che, in un microcosmo così perfetto, un reverendo affascinante e affabulatore, animato da una fede sincera e incrollabile, si fa notare, non fosse altro che per il fatto di non leggere gli appunti del sermone domenicale, come facevano i precedenti pastori.
Tutto ciò che è insolito e nuovo, tutto ciò che si discosta dalla norma è strano, e di conseguenza sbagliato, all’insegna del “chissà cosa c’è sotto”.
Una moglie appariscente, stravagante, coi capelli del colore giusto e vestita all’ultima moda (ma posso dirlo? piagnucolosa ed insopportabile) non ha un atteggiamento e un comportamento adeguati alla moglie di un pastore, e diventa oggetto di pettegolezzi e delle telefonate serali a catena nel quartiere (ah, i bei tempi senza You Tube e Facebook). Quartiere in cui le signore vanno a messa per sfoggiare il maglione nuovo o, comunque, il più delle volte, solo per far vedere che “vanno a messa”, ma pronte a criticare chi ha il coraggio, nonché la sfrontatezza, di non esserci.
Una bambina che non parla più, perché devastata dalla morte della mamma, diventa un caso clinico, oggetto della più becera e spicciola, e ancora primordiale, psicologia infantile da strapazzo; basta ricordare come stride teneramente, agli occhi del padre, la locuzione “onnipotenza dei bambini”, con l’innocenza e l’ingenuità della domanda “ma papà, perché la luna ci segue?”
Dietro le finestre dalle tendine immacolate tutto è intrigo, bugia, un cercare il marcio laddove c’è solo qualcosa o qualcuno di diverso, o semplicemente un trauma mai superato, un dolore nascosto, un segreto mai confessato. Basta che uno, uno solo, trovi il coraggio di ammettere, semplicemente, la propria fragilità, il proprio “essere come si è”, il proprio “non ce la faccio”, a qualunque costo, il coraggio di pensare, e di ammettere, e di gridare al mondo, oltre che ad una madre dispotica, “non so che fare, ma lo farò lo stesso”, il coraggio di chiedere per sè, e di ricevere finalmente, oltre che di dare, sempre e incondizionatamente, basta questo, per innescare una reazione a catena fatta non di telefonate serali, ma di verità, e di buoni sentimenti, quelli veri, quelli che da qualche parte ci sono, per forza, sempre.

Resta con me, di Elizabeth Strout
(Ed. Fazi, 2010, pp.372, ISBN 978864111247)

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