L’eco del mio cuore di Annarita Pizzo

Creato il 18 agosto 2015 da Nasreen @SognandoLeggend

L’eco del mio cuore

di Annarita Pizzo

Titolo: L’eco del mio cuore
Autore: Annarita Pizzo
Edito da: Butterfly Edizioni
Prezzo:  cartacea 8,00 €
Genere: Romance
Pagine: 120 p.

  

Trama:Gennaio 1895. Una ragazzina poco più che tredicenne partorisce un maschietto in una casa misteriosa su una collina vicino Sanremo. Non le sarà mai più concesso di guardare suo figlio in volto. Gennaio 1920. Orazio ha venticinque anni appena compiuti quando sale su un treno per rincorrere un fantasma del suo passato. Non sa nulla della sua vera madre, delle sue radici, ma sa per certo che la risposta a tutte le sue domande è nascosta a Sanremo, tra un brefotrofio dalle tante contraddizioni e una nobile famiglia piena di oscuri segreti.

L’autrice ci regala una storia forte, sconvolgente, attraversata da tutte le sfumature della luce e del buio. Un viaggio nel lato più oscuro dell’animo umano, attraverso gli spettri di un passato ignoto che chiede prepotentemente di essere conosciuto.

di Reika

“L’AMORE RENDE  PULITO CIO’ CHE E’ SPORCO E DA UN VALORE AD OGNI NOSTRO DOLORE..”

Alcuni libri sono scritti per farci sognare, altri per farci riflettere.

“L’eco del mio cuore” fa parte del secondo gruppo. Ho letto con interesse questo breve romanzo ambientato nel 1920,  che racconta una storia iniziata 25 anni prima. La storia narrata è sicuramente una storia come tante, di quelle però che non  vorresti che ti venissero raccontate mai. Si perché questa è una storia di soprusi, di angherie di maltrattamenti e di dolore. La storia come accennavo è quella di una ragazzina di appena tredici anni che per pochi soldi fa la cameriera presso la casa di un ricco signorotto locale, ma, come spesso accade, è costretta a subirne anche le attenzioni indesiderate, ed una fredda notte del 1895 partorisce il frutto di queste attenzioni. Non voglio soffermarmi troppo sulla storia per non svelarne la trama ma voglio concentrarmi su i comportamenti dei vari personaggi di questo romanzo. Premetto di essere consapevole che da allora è passato quasi un secolo, fortunatamente ci siamo evoluti, e mi auguro che se queste storie ci sono ancora siano, comunque casi rarissimi.

Tornando al nostro racconto la cosa che mi ha intristito è l’atteggiamento bieco dei personaggi. Ma partiamo dal “mostro” per eccellenza Ottavio Olivieri, il “Signorotto” che di signorile ha veramente poco ma che con i suoi soldi e la sua posizione è riuscito a costruirsi una rete di persone grette e meschine disposte ad annullare qualsiasi valore morale per qualche soldo o per mantenere un minimo di riconoscimento sociale. Anello centrale del romanzo è Stefano Maffei, segretario personale di Ottavio Olivieri. Stefano è quello che ai giorni nostri chiameremmo uno sfigato, unico figlio maschio di un rigido tenente colonnello dell’esercito, che, a causa di un difetto fisico veniva considerato dal padre il suo più grande fallimento. Stefano, ovviamente oltre ad occuparsi delle questioni amministrative del suo padrone si occupava anche del “lavoro sporco” cioè far sparire i figli bastardi e procurargli ragazzine sempre giovani ed innocenti per i porci comodi del “Signore”.

Nel romanzo comunque Il Maffei è in buona compagnia perché anche il prete e una levatrice e addirittura di un intero convento di suore non hanno esitato a mettere a tacere la propria coscienza per una manciata di monete. Non dirò come finisce il libro per non togliere al lettore la sorpresa ma posso dire che questo è un libro che fa riflettere non tanto sulla singola situazione quanto sulla meschinità dell’animo umano. Fortunatamente anche in questo romanzo c’è un rovescio della medaglia e se da una parte troviamo gente meschina dall’altra troviamo anche gente onesta e di cuore che non esita a farsi carico delle sofferenze altrui.

…Il Reverendo Erasmo aveva percorso già metà del tragitto che lo separava dal brefotrofio, ma gli sembrava che il tempo non passasse mai. Si sentiva svuotato perché la sua coscienza, ormai completamente zittita, aveva sviluppato l’abile capacità di anestetizzare la percezione che aveva di sé, così da non creargli alcun problema. L’unico momento in cui sembrava risvegliarsi, si confondeva con una limitata e superficiale sensazione di disagio nel guardarsi allo specchio: evento facilmente tollerabile…

Il libro però, mi spiace dirlo, presenta qualche lacuna.

Innanzitutto la brevità de racconto, 120 pagine per una storia così toccante sono veramente troppo poche, in certi punti più che un romanzo mi è sembrato un esercizio di scrittura. Anche il continuo spostamento temporale tra il 1895 e il 1920 a volte crea una seccane discontinuità nella lettura, ed infine alcuni punti del romanzo mi sono sembrati poco chiari o trattati in maniera superficiale. Il romanzo è auto conclusivo e piacevole, ma considerata anche la brevità del romanzo,  troppo costoso.

 


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