Di Antonella M.
Alcuni sono semplici racconti di vita vissuta, momenti di vita dell’autore o di alcuni amici, fatti accaduti che possono far parte della vita di ognuno; altri sono spezzoni che pensi non accadranno mai, altri ancora talmente strampalati da credere siano falsi o inventati. Ma la maggior parte ti entra dentro e rimane per un po’ nei pensieri di chi legge, come una scheggia conficcata nel cervello.
Murakami racconta la vita così com’è: senza girarci attorno ti mette di fronte all’evidenza a volte dura della realtà quotidiana, a volte fantastica, a volte talmente banale ma che nasconde momenti immensi. Tocca vari argomenti nel modo in cui solo lui sa fare: la solitudine, la morte, la malattia, l’omosessualità. Da questi racconti traspare la sua capacità di scrittore al limite tra fantasia e realtà, che mette successivamente nei suoi libri, in Kafka sulla spiaggia, fino all’ultimo sublime 1Q84.
Tra tutti i racconti molto bello quello che da il titolo al libro, quello che parla del ragazzo assalito da uno squalo mentre fa surf e quello dal titolo L’anno degli spaghetti, in cui il cucinare è un modo per ignorare i problemi altrui: direi, però, che tutti hanno il potere di catturarti.
Ultimo particolare, che forse è quello che colpisce prima di ogni altra cosa, è la copertina del libro: molto significativa, pochi tratti stilizzati con due colori unici, grigio e rosso, grigio come l’indefinito e rosso come la vita.
I salici ciechi e la donna addormentata, di Haruki Murakami
(ed. Einaudi, 2010, pp. 376, 9788806184155)
Di Loredana M.
Quasi a metà libro ho dovuto fermarmi, prendermi una pausa di riflessione, e arrivare a comprendere che per “starci dentro” fino in fondo dovevo liberarmi da tutti i miei canoni, i miei stereotipi, i miei confini… perché sì, ho appena scoperto che, contrariamente a ciò che si pensa e si dice, anche i lettori evidentemente hanno dei confini, o forse li avevo io, mea culpa!
Murakami ha dimostrato (e confermato) di essere non solo un eccellente scrittore, ma anche un abilissimo giocatore; mi ha trascinata dentro una storia, dentro una realtà ben connotata, in un mondo reale che più reale non si può, mi ha sedotta, ammaliata con una storia bellissima ed intrigante facendomi credere che era reale e possibile, plausibile sotto ogni punto di vista; mi ha fatto scaricare da You Tube la Sinfonietta di Janacek, mi ha riportata alla mente musica ascoltata mille volte, citazioni letterarie di autori strafamosi (Orwell su tutti, a partire dal titolo), mi ha fatto assistere alla preparazione di cibi raffinati, descrivendone ogni passaggio. Mi ha descritto minuziosamente ogni personaggio, ogni dettaglio fisico, ogni piega del viso, ogni cambio d’espressione, ogni più piccolo gesto quotidiano. Non ha lasciato niente all’immaginazione, niente “se”, niente “ma”, niente “chissà com’è”.
Dopodichè mi ha letteralmente presa e gettata in una “piscina piena di misteriosi punti interrogativi” e mi ha lasciata lì, ad annaspare, quasi a dire “Ora tocca a te decidere cosa vuoi da me, e dal mio libro. E lo avrai”. Perché questo è Murakami, prendere o lasciare.
Murakami è così. Ha la rara capacità di stravolgere la realtà, ma anche la fantasia, fino a farne perdere il senso, e i confini. A quel punto capisci che se vuoi arrivare da qualche parte, da qualunque parte, devi liberarti di tutto, di ogni limite, di ogni certezza, devi smettere di cercare una logica in ciò che stai leggendo e lasciarti andare, semplicemente, “oltre”. Oltre ciò che sei, oltre ciò che sai, oltre ciò che hai imparato, oltre ciò che hai visto con i tuoi occhi. E smettere di pensare che a te non capiterà mai di alzare lo sguardo al cielo e di scorgere due lune. Forse bisognerà solo guardarsi intorno e cercare qualcun altro con lo stesso sguardo in sù. Perché quel qualcun altro potrebbe persino esserci, anche se hai smesso di crederci. E lasciarsi sorprendere. Rigorosamente senza punto interrogativo alla fine dell’ultima frase.
1Q84, di Haruki Murakami
(ed. Einaudi, 2011, pp. 718, ISBN 9788806203795)