L’egemonia sottoculturale

Creato il 04 dicembre 2010 da Fabry2010

di Massimiliano Panarari

Metamorfosi della società e dirompente passaggio di cultura. È così che possiamo classificare il mutamento socio-culturale (e, per certi versi, persino antropologico) prodottosi in Italia a partire dagli anni Ottanta del Novecento, il trionfo anche da noi dell’edonismo reaganiano (all’insegna, naturalmente, di alcune specificità classicamente nazionali). Con la televisione commerciale in via di formidabile affermazione che intensifica la dimensione ludica e disimpegnata, e per questo si è sposata magnificamente con il nuovo “clima anni Ottanta”, il postmodernissimo neo-inizio di tutto, l’alba di un’epoca inedita, liquida e godereccia, che invitava a spassarsela, a più non posso, senza inutili problemi o sensi di colpa, e a rifluire nel privato occupandosi innanzitutto, se non esclusivamente, nelle proprie faccende – la declinazione nazionale dell’invito (anzi, dell’imperativo) thatcheriano all’arricchimento e alla conversione in entusiastici adepti della Borsa e dell’economia in via di finanziarizzazione senza ritorno e senza pentimenti.

E, da allora, senza soluzione di continuità, la slavina si è ingrossata riversandosi sulla società italiana via via sempre più debole e deprivata di anticorpi civici. Così, arriviamo, programma dopo programma (e governo dopo governo, al netto delle flebili resistenze opposte dalle forze politiche di centrosinistra), al trionfo di quella che potremmo, a ragion veduta, chiamare l’egemonia sottoculturale, che rinverdisce i fasti dei nani e delle ballerine della stagione craxiana degli Eighties. Solo che oggi, i loro e le loro eredi sono divenuti, senza colpo ferire e autenticamente, un fenomeno irresistibilmente di massa e, quindi, ecco dilagare e proliferare veline, letterine, tronisti, “grandi fratellini”, “isolani” dei vari reality shows e altri aspiranti smaniosi di conquistare la tanto agognata “famosità” (ovvero, la fama senza particolari qualità). Insomma, il deteriore “paradigma Drive In” (dal nome della trasmissione di Antonio Ricci antesignana di una televisione avviata verso le vette del trash, e consapevole strumento di una certa “visione del mondo”). Già, perché tutto è proprio cominciato negli anni Ottanta, nonostante alcuni ne stiano operando ultimamente una sorta di acritica esaltazione. Dopo quel decennio, nulla sarebbe stato (purtroppo) più come prima.

Per fortuna, qualcuno ha cominciato ad accorgersene, ma il lavoro da fare per recuperare spazi e agibilità all’Italia civile è davvero tanto. Del resto, ce n’est qu’un début, continuons le combat

[Massimiliano Panarari, L'egemonia sottoculturale, Einaudi, 2010.]