C’è un legame stretto fra lentezza e memoria, fra velocità e oblio. [..] Il grado di lentezza è direttamente proporzionale all'intensità della memoria, il grado di velocità è direttamente proporzionale all'intensità dell'oblio. (Milan Kundera)
In una realtà mutevole, condizionata da ritmi esasperati, fagocitata dalle spire di una vita frenetica che non lascia spazio alla dimensione emozionale, agire con calma vivendo l’esistenza nella sua pienezza, rallentando il ritmo rapido col quale si consuma la vita, per cogliere la vera bellezza delle cose e assaporare l’essenza, la lentezza può rappresentare una condizione salvifica. In contrapposizione all’elogio della velocità futurista dove tutto si muove, tutto corre, tutto volge rapido, proprio la lentezza, che Sepulveda definisce una nuova forma di resistenza, è il cardine del processo creativo di Rosanna Rossi che, per penetrare la forza incalzante dell’esistenza e indagare la percezione oltre la visione, si serve della serialità del segno. Della linea come modulo ripetibile all’infinito, dove il vuoto ha la stessa importanza del segno ma che non può prescindere dalla attenta riflessione, dalla lentezza del gesto da cui scaturiscono una precisione chirurgica e un rigore compositivo a dir poco sorprendenti. Innalzando il suo stato di coscienza per giungere ad un livello di meditazione profonda e di benessere creativo che l’accostano al sacro. La sacralità di un gesto intenso e preciso perché lento.In un tempo sospeso e silenzioso, tra rigore e ordine razionale, gli esercizi di lentezza sono volti a tradurre la natura, a scandire ritmicamente valori tonali carichi di riferimenti simbolici attraverso linee rigorosamente parallele e orizzontali cadenzate e giustapposte con lentezza mantrica. La serialità presente nel mio lavoro, dove la stessa immagine è ripetuta costantemente anche se diversificata in dettagli minimi, dipende da cose che ricordo, da racconti, da immagini che ho visto da bambina, spiega l’artista. Ed è dalla tensione tra ragione e sentimento che texture cariche di forza espressiva e dinamismo affiorano dalla superficie dando vita a composizioni scevre da quell’algida freddezza analitica a strutturare una superficie tesa a trattenere la luce e ad irradiarla solo in alcuni punti dove deflagra all’improvviso. E dove il tracciato ritmico diventa onirico quando l’esasperata precisione è rotta da leggere sinuosità che increspano la linea conferendo sottili vibrazioni. Frutto d’indagine introspettiva, il multiforme e ambivalente percorso di Rosanna Rossi che, attinge alla poetica munariana quanto a quella doraziana senza trascurare l’astrattismo geometrico di Frank Stella o Louis Morris, prescinde dal rigore concettuale a favore di una visione emozionale è contrassegnato da una libertà espressiva e da un sperimentalismo formale dove la lentezza ha un ruolo da protagonista, perché il vero senso del cammino non sta nel traguardo ma nel percorso e, come scrive Nietzsche in “Umano, troppo umano I”: come una cascata diventa nella caduta più lenta e sospesa, così il grande uomo d’azione suole agire con più calma di quanto il suo impetuoso desiderio facesse prevedere prima dell’azione.