L’elogio della trasformazione – Starry Eyes

Creato il 09 novembre 2015 da Elgraeco @HellGraeco

Sì, è un po' strano parlare di elogio dal momento che Starry Eyes tratta argomenti sulfurei: ambizione, superbia, sfruttamento sessuale.
Eppure, al di là della patina luciferina, che sottende a ben altre leggende hollywoodiane cui in breve accennerò, Starry Eyes è proprio questo: un viaggio verso la rinascita.

Perché, attenzione, è falso il concetto secondo cui la rinascita sia sempre e comunque auspicabile e conduca, sempre e comunque, a un evento positivo.
L'unica certezza, alla base della rinascita, è il cambiamento.
Si rinasce per migliorare, certo. Ma la natura del cambiamento, o del miglioramento, non è vincolata alla nostra morale.
Abbiamo Sarah, la protagonista.
Questa è la sua storia. Una storia di molti inferni.
Poco importa che Alex Essoe, l'attrice che le presta il corpo, abbia voluto girare schifezze, per amore del cinema e dell'immedesimazione: s'è messa gli insetti vivi in bocca per poi vomitarli nella tazza, in una delle scene-crisalide, che presuppongono al cambiamento. È colore, è un dettaglio, stavolta del mondo reale, che ci fa capire quanto, il cinema, possa condizionare la vita. Una sorta di mostro.
Quasi nessuno terrebbe in bocca insetti vivi, ma se lo fai al cinema, diventi una leggenda sussurrata nelle ville sulle colline, in qualche party dove si finisce per adorare il demonio.
In una parola, folklore.

Sarah è problematica. Fa la cameriera e aspira a diventare attrice. Una come tante.
Sarah è simbolo di una vita illusoria e disagiata, circondata da cosiddetti "amici" che sono, in realtà, quel bagaglio di conoscenze più o meno casuali che offuscano la nostra esistenza, per un motivo o per l'altro, e di cui non riusciamo mai a liberarci. Non del tutto.
A ben guardare, l'età dell'innocenza di Sarah, quando è tutta sogni e desiderio di successo, quando, brava ragazza, fa un lavoro di merda in una pizzetteria per portare i soldi a casa e pagare le bollette, sembra il vero inferno.
Le sue relazioni sociali sono le sue catene.
Per cambiare vita, per trasformarsi, deve uccidere il proprio passato.
Letteralmente.

L' Astraeus Pictures è la compagnia di produzione fittizia che le offre un provino per un soggetto di prossima produzione, il dono del produttore alla città.
Il produttore è un seguace di Satana, probabilmente l'intera casa di produzione lo è, nel senso edilizio del termine, è un tempio al male, è un veicolo come un altro.
In un certo senso, le pressioni e intimidazioni, l'abuso che Sarah subisce, mascherato da libera scelta, in verità, contiene un messaggio subliminale, se rapportato alla prima parte, alla vecchia Sarah.
Sembra sussurrare, quella violenza che il produttore (il veramente luciferino Louis Dezseran) si permette nei confronti di Sarah, che l'abuso, per Sarah, non è mai andato via. Solo, dopo l'incontro con l'uomo, o la società di produzione, o ancora la divinità ctonia che può dare corpo alle ambizioni di Sarah, l'abuso diventa cosciente, rispetto al passato.
Lei è cosciente, sceglie di essere abusata per poter avere, per una volta, un minimo di guadagno.
Sì, è bene ribadirlo: in fin dei conti, la storia di Starry Eyes è agghiacciante. È l'ennesima parabola che ci narra la storia dei vinti.

Il passato di Sarah, che lei deve uccidere per seguire "la più nera delle pulsioni umane", l'ambizione, è costituito dai suoi decadenti amici, che mi ricordano, per l'ennesima volta, i vampiri parigini di Ann Rice, vuoti, decadenti e inutili; e se stessa. Sarah crisalide che si tramuta, rinascendo dall'utero della terra, in creatura nuova, pura e perfetta, nel corpo e nello spirito, essendosi sbarazzata di tutta quella costruzione morale che l'ha dominata fino a quel momento.
La struttura satanica di questo film è perfetta: Satana infatti garantisce il libero arbitrio, per perseguire la propria distruzione scientemente. Promette la facoltà di autodistruggersi. Con consapevolezza.
E quelli che hanno ostacolato la produzione di questo film lo sapevano fin troppo bene, tant'è che poi c'è voluto Chuck Palahniuk e un Kickstarter, per trovare i soldi necessari a produrlo. Fortunatamente, perché il discorso sulla volontà di potenza che Starry Eyes propone è oltremodo interessante.

Sulla leggenda hollywoodiana, che poi leggenda non è, cui accennavo prima: durante la vestizione (altro simbolo estremamente classico, la vestizione del cavaliere: Sarah, ormai tramutata, si veste con abiti nuovi donati dalla Astraeus Pictures) vengono più volte mostrate immagini di dive classiche, tra cui Rita Hayworth (che incorse nella scomunica, per altre ragioni, ma che rende il tutto alquanto surreale), come a suggerire, anzi, a suggellare l'idea che a Hollywood, al di là della faciloneria con la quale si annusa il demonio in ogni angolo, si sceglie con la propria testa, fino alle estreme conseguenze.
Ma questa è un'altra storia, o forse una favola di celluloide.


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