L'Enfer d'Henri-Georges Clouzot: la storia di un cult inedito

Creato il 19 aprile 2010 da Pianosequenza

L'Enfer d'Henri-Georges Clouzot (L'Enfer d'Henri-Georges Clouzot) Serge Bromberg, 2009 (Francia), 102'
La storia del cinema è piena di aneddoti su straordinari film che non hanno mai visto la luce, per i motivi più diversi. Nella maggior parte di queste occasioni i chilometri di pellicola girata sono finiti nel dimenticatoio di una qualche grande casa di produzione o stipati nei cassetti dei gelosi eredi dell'autore; nel caso del “leggendario” Enfer, il capolavoro annunciato e mai portato a termine dal Maestro del cinema francese Henri Georges Clouzot galeotto fu un ascensore difettoso, nel quale ebbero modo di fare conoscenza il regista Serge Bromberg ed Inès Clouzot, la vedova del cineasta transalpino. Il claustrofobico Bromberg ebbe modo di distrarsi dall'incubo della forzata e repentina reclusione venendo a conoscenza di un magazzino dove, dimenticate dal mondo, riposavano centottantacinque bobine: tutto il girato che Clouzot e i suoi collaboratori avevano avuto modo di raccogliere in mesi di preparazione. Nacque così l'idea di girare un documentario – o meglio un film-omaggio – dedicato a L'Enfer, quell'opera d'avanguardia che avrebbe dovuto avvalersi dei mezzi finanziari di un kolossal non per mettere in scena migliaia di comparse o allestire scenografie apocalittiche, bensì per lasciare totale libertà ai migliori tecnici dell'epoca nello sperimentare quanto di più estremo ed improbabile potesse venir loro in mente. Una sorta di enorme “giocattolo” messo nelle mani del dittatoriale Clouzot (reso celebre da film memorabili come L'assassino abita al 21, Il corvo, Legittima difesa, Il salario della paura, I diabolici, tanto per citarne qualcuno) e nel quale avrebbero dovuto recitare, quasi come vittime sacrificali sull'altare della Settima Arte, gli affermati Romy Schneider e Serge Reggiani. La prima fu entusiasta di lavorare con Clouzot, al quale lasciò sperimentare le più incredibili ed inusuali scene; il secondo, passata l'iniziale euforia, finì con l'abbandonare il progetto contribuendo (probabilmente) al suo fallimento, a causa dei continui ed asprissimi diverbi avuti col regista. Ma il “flop” del progetto infernale ha radici più profonde, che originano proprio dall'idea stessa alla base del film: pur partendo da un soggetto abbastanza banale (un uomo che perde la sua lucidità a causa della infondata ed ossessiva gelosia provata per la giovane moglie) Clouzot aveva intenzione di svilupparlo in un modo originale, dando alla dimensione artistica dell'opera una importanza capitale, con pochi eguali in tutta la cinematografia moderna. Purtroppo a questi propositi “sulla carta” si contrappose il pragmatismo delle logiche di produzione e realizzazione, perché durante i numerosi mesi di prove ed esperimenti (alcuni visivamente straordinari, che rappresentano il principale motivo per cui l'omaggio di Bromberg diventa imperdibile) la lavorazione del film restava pressoché ferma. Quando iniziarono le riprese vere e proprie la dedizione al progetto di troupe e cast era già divenuta meno convinta, e finì con lo sgretolarsi durante le lunghe settimane nelle quali Clouzot sembrava ossessionato solo da alcune scene girate decine e decine di volte, quasi incapace di gestire l'enorme grado di libertà concessagli – proprio lui che era invece divenuto celebre per il rigore e l'efficacia del suo operato. Fu un infarto, non fatale, a porre fine alla lavorazione, probabilmente “salvando” il Maestro francese da un fallimento che non avrebbe meritato. Nel suo ultimo film, La Prigioniera (1968), apparirà solo qualcuna delle rivoluzionarie idee sperimentate.
È proprio la dimensione epica che L'Enfer ha guadagnato durante gli anni ad averlo reso un cult, a dispetto del suo essere di fatto “inedito” – la prematura scomparsa di regista e star principale hanno sicuramente contribuito a creare quest'aura di mistero; Bromberg, insieme a Ruxandra Medrea, ha il merito di avercelo reso curando ogni sequenza con grandissima attenzione e umiltà, riducendo all'essenziale il suo apporto (soprattutto il sonoro e parte del recitato, che mancava dalle registrazioni dell'epoca, affidato alla coppia di attori Bérénice Bejo e Jacques Gamblin). Le sequenze originali sono intervallate da interviste ai protagonisti dell'epoca, tutti i tecnici che furono gli sbalorditi testimoni di un evento unico, in quei mesi del 1964: avere l'occasione di rendere realtà le loro più impensabili fantasie.

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