Niente paura: non ne ha ancora parlato, ma lo guarda. Come tutti gli anni da più di venti a questa parte. E in questa occasione pure di più, se mai è possibile: perché la ‘povna prova, per Lucianina e Fabio Fazio, una predilezione motivata nel dettaglio. Di Fabio (che ha innovato la TV italiana molto più di quanto ci si renda conto, a colpi di understatement) ricorda molto bene i suoi Sanremi precedenti (che ha trovato, e non solo lei, i migliori della storia di sempre). Lucianina poi, è semplicemente una certezza (e poi il fatto che la paragonino a lei i tre quarti dei suoi amici e conoscenti la rende alla ‘povna particolarmente affine).
A Sanremo poi si fa politica, sempre (ed è un bel modo di prendere il polso all’anno in corso): e non soltanto in tempo di elezioni.
Martedì sera, dunque, e poi nei successivi giorni, la ‘povna ha acceso la televisione su RaiUno (rinunciando per una settimana agli approfondimenti classici, che in campagna elettorale le tengono compagnia parecchie volte al giorno) e ha visto tutto. La figura (meschina) di Crozza, che ha copia/incollato una spettacolo già visto; le canzoni (a parte Marta sui Tubi, e un po’ Silvestri) meno belle del primo giorno; quelle successive, e assai più interessanti (Cristicchi, Max Gazzè, i Modà, ma soprattutto gli Elii); Lucianina e Fabio che cantano Vattene amore; ha visto l’intervento militante di Federico e Stefano, e ancora tutto il resto. Perché questa è poi la caratteristica degli spettacoli di Fazio (che innova in sordina, ma intanto rinuncia alla valletta), quella di essere costruiti con una orchestrazione variegata di dettagli, nella quale le esibizioni dei solista acquistano un senso ulteriore (e più forte, e anche diverso) soltanto nel tessuto complessivo della trama.
Proprio per questo la ‘povna, per ora, non si sofferma su niente. Semplicemente, guarda. E nel frattempo ammira uno stile che per lei è già sostanza. Nel quale non si nega che la vita – anche (e perché no?) quella che si fa pubblica – è fatta di relazioni personali e idiosincratiche. E che queste possono essere usate in serenità, senza nascondersi: perché correttezza non è asetticità, ma trasparenza. E c’è una differenza che, abissalmente, corre, tra “per piacere” e un “favore”.
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