Il segretario generale dell’Oms Margareth Chan, ha annunciato, durante una conferenza stampa svoltasi a Ginevra in mattinata, che l’epidemia di Ebola in corso in Africa occidentale, ha raggiunto lo status di “emergenza di salute pubblica di livello internazionale” (secondo una classificazione del Comitato di emergenza). «La peggiore epidemia degli ultimi 40 anni», ha detto Chan, annunciando che sono state diramate a tutti i governi, le linee guida per le misure preventive.
Ma mentre il dibattito pubblico è strettamente collegato al pericolo per la salute, una paura più grande si è risvegliata tra le agenzie di counter-terrorism: può una malattia letale come questa, essere usata come arma biologica?
Inutile dire che la paura è aggravata dal fatto che la gran parte dei casi, si è verificato in una regione tendenzialmente instabile, con diversi gruppi armati nati e operanti in quei territori: uno su tutti, i Boko Haram.
Il potenziale rischio terroristico, aggiunge una nuova dimensione al focolaio africano, ma può anche aiutare a curare con più energia e velocità la malattia. Il cosiddetto “siero segreto” – altro non è che un farmaco sperimentale con cui si sta cercando di aiutare due medici statunitensi colpiti dalla malattia – è un esempio di quanto detto. La società sperimentatrice, la Mapp Biopharmaceutical Inc. collabora infatti a stretto giro con il National Institutes of Health e con la Threat Reduction Agency Defense (agenzia militare specializzata in bio-difesa).
La ricerca del governo americano di una cura contro Ebola è attiva da anni. Nel 2010 la Tekmira fu incaricata di studiare un farmaco efficace, con un contratto da 140 milioni di dollari. Programma ampliato nel 2013 e passato alla fase fast-track in marzo di quest’anno, con i primi casi di nuovi contagi. Anche gli studi di Tekmira erano legati a strutture militari, come la US Army Medical Research Institute for Infectious Diseases e lo US Department of Defense’s Joint Project Manager Transformational Medical Technologies Office, cofinanziatore.
Dall’ammontare degli assegni staccati da Washington, è ovvio pensare alla ruolo di primo piano – anche in chiave anti-terrorismo – che la questione riveste per il governo statunitense. IlWashington Post ha chiesto a Amy Derrick-Frost, portavoce del dipartimento della Difesa, se esiste il rischio che il virus Ebola possa essere usato come arma biologica. La risposta – «Il Dipartimento della Difesa mantiene interessi di ricerca, sia per la protezione contro l’uso intenzionale, sia per l’esposizione naturale, per molte malattie che possono avere un impatto sulla salute del proprio personale in tutto il mondo: e la preoccupazione si estende a virus come Ebola» – nasconde un “sì” tra le pieghe diplomatiche.
Visualizzare Ebola come una possibile minaccia di sicurezza nazionale, è, in parte, una passaggio fortunato nella ricerca, dato che questo genere di malattie rare, difficilmente ottengono grosse somme di finanziamento.
D’altronde la paura di un contagio “artificiale” non è soltanto una costruzione teorica. Alla fine degli anni Novanta, fu l’ex colonnello disertore russo Kanat Alibekov (forse più noto come Ken Alibek) a rivelare l’esistenza di un programma sovietico chiamato Vector – studiato dal Biopreparat, centro studi russo sul warfare biologico operante dal ’70, e di cui Alibekov fu anche vicedirettore – che aveva tra i suoi obiettivi la creazioni di armi biologiche “all’Ebola e al Marburg“. Negli anni ’90 ci fu anche il caso del movimento religioso Aum Shinrikyo, che fu sorpreso mentre trafficava su e giù per lo Zaire alla ricerca di campioni del virus da prelevare e usare in folli piani simili a quelli con cui gasarano al sàrin decine di passeggeri della metropolitana di Tokyo nel 1995 (12 morti e circa 6000 feriti).
Circostanze che furono da spinta iniziale per la decisione degli Stati Uniti di finanziare le ricerche sulle febbri emorragiche. Ad oggi, secondo diversi analisti, i gruppi armati operanti in Africa come i Boko Haram, non sono in grado di strutturare armi biologiche per attaccare Paesi stranieri. Mancano le adeguate competenze scientifiche, necessarie sia per l’isolamento del virus – servirebbe uno scienziato con alta maneggevolezza – sia per la creazione dell’ordigno vettore. Altro motivo per dubitare della possibilità di utilizzo, è che la diffusione tra le persone è piuttosto difficile, e ciò limiterebbe gli effetti (il numero di vittime).
La Difesa americana, tuttavia, è attenta e ha alzato il livello di sicurezza sull’emergenza sanitaria anche dal punto di vista militare, chiedendo alle squadre di intelligence di segnalare qualsiasi attività sospetta e a quelle scientifiche di fare presto sullo sviluppo di farmaci efficaci.
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