Il principio della tassazione prima dell’800 era che le tasse le paga il popolo, perchè il popolo deve mantenere i nobili, cioè i ricchi, perchè i nobili cioè i ricchi sono lo Stato. Poi le cose cambiarono, e sono cambiate in modo decisamente più incisivo nel secolo scorso. Le tasse le pagano tutti quelli che possono e chi più può, più paga… una robetta economica che si chiama tassazione progressiva, una cosa pensata dagli economisti alla fine ’600 e che gli economisti di oggi sembrano non capire, o meglio dire… l’hanno capita… ma ribaltata. Cioè mi domando perchè chi opera in borsa paga il 12,5% di tasse e chi è un dipendente ben oltre il 20%? Forse un’operatore ecologico guadagna più di Mitt Romney, candidato repubblicano alla Presidenza Usa nonchè speculatore finanziario? Forse ne paga di più perchè fa un lavoro più utile? O forse si è solo ribaltato il principio della tassazione progressiva. Quindi proposta: vale la pena modificare l’art 53 della Costituzione e aggiungere un semplice prefisso “IN” e quindi farlo suonare così: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro INcapacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.” Bene. Scrivo di ciò non per introdurre una lista di sproloqui blasfemi contro Equitalia o per parlare del suicidio di ieri nel tentativo d’incentivare il malessere psico-sociale del suicidio di domani, ma per parlare della parolina magica che tanti soloni da Parlamento e da bar tirano fuori con incredibile disinvolutura: la parola è equità (ok, lo ammetto, ieri ho visto Saviano, sempre una spanna sopra tutti gli altri, però con ‘sta faccenda delle parole hanno rimbecillito, ammesso che ce ne fosse bisogno, tutti i post comunisti italiani per almeno un paio di settimane). Ecco, lasciando in parte Saviano, ritorniamo all’equità, l’equità è il nome che si vuol dare a un sistema di tassazione non più progressivo, un sistema nel quale attraverso tasse indirette sui consumi e sui beni comuni si vuole portare a pagare tutti più o meno la stessa cifra di contributo pubblico, tutti uguali, poveri e ricchi.
Ma questa, sia ben chiaro a tutti, non è uguaglianza è solo equità, la parola dei tempi nuovi. Detta così pare pure una bella cosa invece è una stronzata, l’equità è una stronzata. Le tasse le devono sì pagare tutti ( quelli che possono) ma non tutti nello stesso modo. Chi più ha deve pagare di più perchè ciò garantisce un valore imprescindibile per una democrazia, la mobilità sociale, la possibilità di migliorare la propria vita attraverso l’utilizzo dei beni comuni; la scuola, la sanità, i trasporti, i sussidi sociali. Se affoghi una famiglia normale a pagare la stessa percentuale di tasse che dovrebbe pagare uno come Briatore, la strozzi. Strozzi il futuro dei suoi figli, impedisci l’unica vera crescita che conta, che è quella dell’individuo, si ostruisce così lo stesso concetto di self made man capitalistico o, per chi vuole, lo stesso libero arbitrio di tutti i cattolici ciellini e non. Solo la tassazione progressiva permette la mobilità sociale e la redistribuzione della ricchezza. Tuttavia, non voglio addentrarmi sul perchè ciò sia, oltre che giusto, anche socialmente ed economicamente corretto. Non voglio addentrarmi perchè non voglio essere tacciato di vetero Marxisismo… perchè Marx se lo si utilizza per capire quanto incida il lavoro nella costruzione del capitale reale, allora sei un comunista, se lo si utilizza per capire quali tagli apportare al lavoro per far crescere il capitale finanziario, allora sei un tecnico, un liberalizzatore, forse un liberatore, un Senatore a vita, forse, ma staremo vedere, un padre della Patria, ma quale Patria? Staremo a vedere.
P.S. Anzi sbaglio, qui nessuno, me compreso dovrebbe aver voglia di stare a vedere come Monti e compagni diventano padri della patria.