L’equivoco della minoranza Rom. L’uso politico del censimento 2011

Creato il 24 settembre 2011 da Eastjournal @EaSTJournal

di Aron Coceancig

Foto di Aron Coceancig, Rom Gabor della Transilvania

Quest’anno i 27 paesi dell’UE dovranno adoperarsi per effettuare un censimento della popolazione. Il censimento è un atto statistico teso ad acquisire informazioni sulla popolazione, ma spesso, in particolare nell’Europa centro-orientale, diviene terreno di scontro politico e nazionale. Così anche il censimento 2011 si è trasformato in una sorta di tornata elettorale, importante come le elezioni politiche in quanto regolatore di futuri equilibri decennali.

Una delle principali conseguenze riguarderà le comunità locali bilingui. Slovacchia e Romania possiedono una legge che garantisce il completo bilinguismo a quelle minoranze che nei comuni superano rispettivamente il 15% e il 20%. E’ facile intuire che la vicinanza a questo sbarramento sia fonte di tensione in numerose città. Paura della minoranza di scendere sotto una soglia che gli ha garantito particolari diritti; speranza di superarla per poter utilizzare la propria madrelingua; o nel caso della maggioranza la riluttanza e la diffidenza con cui spesso si accetta una “nuova” lingua ufficiale.

Gli ultimi censimenti hanno evidenziato un generale calo demografico delle minoranze, rafforzando in esse il timore della propria “inevitabile scomparsa”. Vi è però una minoranza che non rientra in questo trend ed anzi negli ultimi decenni ha registrato un forte aumento numerico: è la comunità Rom.
Confrontando gli ultimi due censimenti, in Slovacchia le persone che si dichiarano Rom sono passate da 76.000 nel 1991 a 90.000 nel 2001 rappresentando l’1,7% della popolazione totale. In Ungheria da 142.000 a 190.000, 1,9% della popolazione. L’aumento più sostenuto tuttavia si ha in Romania dove sono passati da 401.000 a 535.000, 2,5% della popolazione. Questi dati vanno però presi con le dovute precauzioni, il censimento della popolazione Rom è infatti uno dei compiti più ardui per gli istituti di statistica. Le stime più realistiche parlano di una comunità che si aggira intorno a 550.000 in Slovacchia, 0,5-1 milione in Ungheria e 1-2,5 milioni in Romania, all’incirca il 10% della popolazione di ogni paese. Lo scarto fra popolazione Rom censita ed effettiva è impressionante. Quali sono i motivi di questa discrepanza?

Prima di tutto vi è una difficoltà nell’auto-identificazione dei Rom verso una categoria che è stata bersaglio, e in molti casi lo è ancora, di politiche discriminatorie e attacchi razzisti di movimenti di estrema destra. I Rom quindi preferiscono non definirsi tali e normalmente si associano alla nazionalità maggioritaria, facilitati spesso in questo dal sistema di raccolta dati. Nel censimento romeno del 2002 il quesito sulla nazionalità era così espresso: “La tua nazionalità è: ROMENA – ALTRO”.
Vi sono poi questioni più teoriche. E’ possibile parlare di nazionalità Rom quando le differenze all’interno di questa comunità sono vastissime e alcune volte sfociano in aperti conflitti. Il termine “nazionalità” può essere applicato alla popolazione Rom?

Una prima considerazione riguarda la lingua: molti Rom non parlano e non conoscono il Romanì (lingua ufficiale Rom). Così i Rom della Slovacchia orientale o delle regioni Seclere della Transilvania sono di madrelingua ungherese, mentre in gran parte della Romania i Rom parlano romeno. All’identificazione linguistica spesso segue quella nazionale, così che si sente spesso parlare di rom-ungheresi o rom-romeni. Un caso a parte sono i Rom Gabor della Transilvania, più legati ed orgogliosi delle proprie tradizioni e della propria lingua.

Vi è però anche un altro fattore che influenza questa scelta, fattore più specificatamente politico. Diversi partiti, associazioni e istituzioni statali lottano tra loro a suon di campagne pubblicitarie ed in alcuni casi veri e propri episodi di corruzione (in particolare l’offerta di servizi sociali) per aumentare il proprio dato statistico nazionale.
Ad esempio in Slovacchia fra il censimento del ’91 e quello del ’01 vi è stata una diminuzione della popolazione ungherese di 48.000 unità. Uno studio del partito ungherese di Slovacchia (MKP) ha evidenziato come questa perdita si deve in primo luogo al fatto che 30.000 persone che si definivano ungheresi nel ’91 dieci anni dopo hanno indicato un’altra nazionalità, slovacca (in 20.000) e rom (in 10.000). Il timore del MKP è che con il censimento del 2011 si possa rafforzare questa tendenza, in particolare nei confronti di chi si dichiara Rom. Per questo motivo, secondo il partito, è stato necessario organizzare una particolare campagna di informazione rivolta ai Rom-ungheresi.

Ma non sono solo i partiti ad attivarsi su questo frangente, anche le istituzioni statali hanno interesse a uniformare nazionalmente, almeno per quanto concerne i dati statistici, paesi multiculturali o di recente formazione. Vi sono poi le associazioni Rom che negli ultimi anni hanno rafforzato la propria presenza sul territorio aumentando la “coscienza nazionale” Rom ma anche partecipando a quello che si potrebbe definire il business della minoranza.

Tornando alle comunità bilingui va sottolineata una complicazione di non poco conto. Nel censimento va indicata la nazionalità di riferimento e la madrelingua. Il calcolo della percentuale necessaria per rendere una comunità multilingue viene effettuato sulla voce nazionalità e non sulla madrelingua. Questo potrebbe essere fonte di equivoci. MKP ha esposto il caso di un villaggio Rom della Slovacchia orientale dove gli abitanti parlano esclusivamente ungherese. Ma sotto diverse pressioni questi potrebbero preferire l’indicazione Rom alla voce nazionalità nel censimento in corso, mantenendo invece la dizione madrelingua ungherese. In questo modo il villaggio passerebbe da una condizione bilingue slovacco-ungherese ad una slovacco-romanì senza però che nessun abitante utilizzi o conosca la lingua Rom.

I risultati dei censimenti, disponibili nel 2012, potrebbero confermare la crescita numerica della popolazione Rom in questi paesi ed anche rappresentare una nuova fase per il romanì che potrebbe estendere il suo status di lingua ufficiale in diverse comunità.


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