L’erbio di Francesca

Creato il 12 marzo 2014 da Media Inaf

Il protagonista maschile di questa storia è un elemento dalla forma curiosa: l’erbio, un atomo il cui nucleo è avvolto in una nube d’elettroni parecchio deforme, per nulla simile a una sfera. Lo si trova al civico 68 di quella succursale rettangolare della tavola periodica che va sotto il nome di “blocco f” – e precisamente fra i lantanidi, là dove stanno le terre rare. Rare per modo di dire: i lantanidi sono ormai ovunque, è grazie a loro che possiamo mettere in vibrazione i nostri telefoni cellulari. E per acquistare un po’ d’erbio basta una carta di credito: si fa online e ti arriva per posta.

È così che ha avuto inizio l’esperimento d’un team di ricercatori dell’istituto di fisica dell’università di Innsbruck, in Austria. Un esperimento che ha portato ad assistere, e non era mai accaduto prima, all’emergere delle regole del caos quantistico – un apparente ossimoro sul quale ritorneremo fra poco – in un sistema relativamente semplice: una manciata di atomi che collidono fra loro. Un esperimento alla cui guida c’è una scienziata la cui carriera meriterebbe una storia a sé: Francesca Ferlaino. Laureata in fisica alla Federico II di Napoli, ha poi frequentato la Sissa di Trieste, preso il dottorato di ricerca al Lens di Firenze e oggi, a soli 36 anni, è professore ordinario all’università di Innsbruck.

Estratti gli atomi di erbio dal pacco postale, Ferlaino e il suo team li hanno raffreddati fino ad appena qualche centinaio di nanokelvin, praticamente lo zero assoluto. Poi li hanno confinati in una trappola ottica di dipolo, una gabbia dove le sbarre sono fasci di raggi laser, e hanno cominciato a sollecitarli avvalendosi d’un campo magnetico. Dopo 400 millisecondi, si sono messi a contare quanti ne fossero rimasti, nella trappola. Il tutto ripetuto per 14mila volte. E cos’hanno visto?

Il “team dell’erbio” al completo. Da sinistra: Kiyotaka Aikawa, Albert Frisch, Simon Baier, Michael Mark e Francesca Ferlaino. Crediti: Erbium Team, University of Innsbruck

«Abbiamo visto che questi atomi possono interagire in così tanti modi che a un certo punto non è più importante il modo in cui interagiscono. E quando questo accade si entra in un regime di caos», spiega Ferlaino, «un regime in cui l’interazione è così forte, così variegata, così diversa che gli atomi, nel collidere, occupano contemporaneamente tutte le possibili traiettorie dello spazio a loro disposizione. E le varie traiettorie si accoppiano tra loro. Alla fine, tutte le possibili traiettorie sono accoppiate tra loro, sono tutte legate. Dando così origine a una sorta di rete, di ragnatela, di tutte le possibili traiettorie. Tutto è legato, e segue le regole del caos quantistico».

Ma come sarebbe a dire, le regole del caos? Se c’è una condizione al di fuori di ogni regola, non dovrebbe essere proprio quella caotica? «In realtà il caos è uno stato della materia che ha regole ben precise. Mentre nella vita di tutti i giorni associamo il caos alla disorganizzazione, in fisica il caos segue regole molto strette. È una fra le espressioni della natura più regolate», sottolinea Ferlaino, rimarcando la controintuitività del concetto.

Un ambito della scienza, quello del caos quantistico, che deve moltissimo – ci tiene a ricordare la scienziata – ai lavori del fisico catalano Oriol Bohigas, venuto a mancare nell’ottobre scorso. «Possiamo considerare Bohigas il fondatore di questo campo, che ormai si è allargato enormemente. Le sue predizioni non riguardano solo gli atomi di erbio: trovano applicazione negli ambiti più vari, dal valutare i rischi dei mercati finanziari alle comunicazioni wireless. Tutti i sistemi che sono genericamente caotici seguono quella che si chiama congettura di Bohigas-Giannoni-Schmit». Una congettura stando alla quale le fluttuazioni statistiche, nei sistemi che esibiscono caos quantistico, sono descrivibili dalla teoria delle matrici random (RMT), formulata negli anni Cinquanta dal premio Nobel Eugene Wigner per descrivere i sistemi complessi. La prima osservazione del caos quantistico in un gas ultrafreddo, pubblicata oggi sulle pagine di Nature, diventa così un’ulteriore conferma del carattere universale di questa teoria statistica.

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Fonte: Media INAF | Scritto da Marco Malaspina


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