L’EREDE DEL DALAI LAMA DOVRà GESTIRE LA RABBIA DEI TIBETANI CONTRO LA CINA . DOVRà SAPER SCEGLIERE SE CONTINUARE CON UNA POLITICA PACIFISTA O CAMBIARLA E RENDERLA AGGRESSIVA

Creato il 19 settembre 2011 da Madyur

Lobsang Sangay non conosce la sua vera data di nascita , ma se suo padre non fosse stato testimone di una strage , non sarebbe mai nato. Prima di metterlo al mondo , infatti, era monaco buddista in un remoto monastero del Tibet.

Per tutti Lobsang è nato il 10 marzo, come un terzo dei suoi compagni. Il 10 marzo è il giorno della rivolta nazionale in Tibet che segnò il culmine della ribellione armata del 1959 contro la dominazione cinese.

Lobsang ha raggiunto la notorietà l’8 agosto scorso, quando ha assunto le funzioni temporali di Sua Santità Dalai Lama , il quale a marzo aveva annunciato che in estate avrebbe lasciato la guida politica del movimento degli esiliati tibetani.

Sangay ricorda la sua giovinezza e la guerra. Ricorda che suo padre raccontava di un fiume accanto al suo monastero nel Tibet orientale tinto di rosso del sangue dei monaci massacrati. Di fronte a tanta brutalità aveva lasciato gli ordini monastici e per un periodo aveva combattuto nelle file della resistenza , per poi unirsi alle decina di migliaia di tibetani in fuga dal Nepal , a seguito del Dalai Lama.

Migliaia di tibetani furono costretti a lavori massacranti , come costruire strade di montagna o sopravvissero grazie ai magri raccolti dei terreni adiacenti agli improvvisati campi profughi. Sangay crebbe, insieme ai suoi due fratelli, in uno dei campi nel Bengala occidentale.

Nonostante l’infanzia difficile Sangay è riuscito a emanciparsi grazie ai libri. Era bravissimo a scuola e i suoi genitori vendettero tre vacche per poter pagare i suoi studi. Ha frequentato l’Università a Delhi , per poi vincere una orsa di studio per la facoltà di Giurisprudenza ad Harvard. Nei suoi ultimi 15 anni è stato ricercatore in quell’ateneo.

Quando il Dalai Lama decise il suo ritiro , Sangay da mesi sosteneva la propria candidatura a Kalon Tripa , primo ministro del governo tibetano in esilio. Tra gli esuli era vivo il desiderio di vedere un giovane in un ruolo prerogativa di anziani. Sangay sembrava perfetto per ridare slancio alle iniziative degli esuli, Dinamico, attivissimo , si è specializzato sulla normativa internazionale di tutela dei diritti umani e ha speso molte energie per stabilire contatti tra accademici tibetani e cinesi.

Il 26 aprile scorso la comunità degli esuli , tramite un processo di voto durato vari mesi, lo ha eletto Kalon Tripa. Per Sangay questo è il suo leh, il suo destino karmico. Sangay rispetto alla caratteristica umile dei tibetani, sembra l’opposto: ambizioso. Sposato con una donna di stirpe reale tibetana, nata anche lei in esilio , è padre di una bimba di tre anni. Vorrebbe andare a vivere a Dharamsala, capitale del Tibet. Racconta la difficoltà di poter sposare una donna contesa da pretendenti agiati “Ho detto a suo padre : oggi non sono nessuno e forse non merito sua figlia in moglie , ma in futuro le dimostrerò quanto valgo. Fortunatamente mi ha preso in parola”.

Sangay vuole ribadire il proprio intento a proseguire l’approccio tradizionale del Dalai Lama , mirato a negoziati pacifici per ottenere la reale autonomia dei tibetani residenti in Cina , ma ha avuto parole di apprezzamento per la Rivoluzione dei gelsomini nel mondo arabo e molti considerano questo come una svolta politica. Sangay deve confrontarsi oltre all’indifferenza internazionale , anche con le tensioni crescenti tre vecchia e nuova generazione. I giovanissimi sono a favore della piena indipendenza del Tibet.

A volte i giovani usano metodi estremi. Il 16 marzo un ventenne monaco si è dato fuoco in segno di protesta contro la repressione cinese. Trecento monaci dello stesso monastero sono stati arrestati e trasportati in una località segreta. Il suicidio per la fede buddista è un atto profondamente sbagliato, ma questo fa capire la disperazione del popolo. Chi viene arrestato subisce tortura irraccontabile. Sangay , ben sapendo tutto questo, si è vestito di una veste politica pacifista “Pensate Gandhi cosa ha ottenuto con la non violenza”.

Da giovane Sangay è stato un attivista radicale e di aver passato brevi periodi in carcere per aver manifestato a favore dell’indipendenza del Tibet di fronte all’ambasciata cinese di Nuova Delhi. Sostiene di essersi calmato con l’età. Ammette , comunque, che se i tratti con la Cina rimangono stagnati e il suo popolo invoca un cambiamento nella politica, lui è pronto a farlo.

Intanto il Dalai Lama pensa al suo successore e presto organizzerà un incontro con i grandi sacerdoti per parlarne. A venti Km da Dharamasala un possibile successore del Dalai Lama vive agli arresti domiciliari. Ogyen Trinley Dorje è visto con sospetto dalle autorità indiane e la sua residenza, presso il monastero di Gyuto a Sidhbara , è permanentemente presidiata dalle forze di sicurezza. In qualità di capo della scuola di buddismo tibetano , Dorje è una delle persone che rivendicano il titolo di diciassettesimo Karmapa , considerato un’altra reincarnazione del Buddha , precedente quella del Dalai Lama di più di due secoli. Dopo il Dalai Lama e il Panchen Lama , il Karmapa è però considerato la terza massima figura della gerarchia spirituale tibetana.

Il ruolo di Karmapa ha assunto un peso maggiore dopo la misteriosa scomparsa in Tibet di Nyima , il bimbo di cinque anni che Dalai Lama identificò come undicesimo Panchen Lama. Il bambino fu preso in custodia dalle autorità cinesi. Il mondo considera Nyima il più giovane prigioniero politico del mondo.

Circola tra i tibetani , però, che Dorje sia una spia. La posizione si è aggravata quando le autorità ha ritrovato nel suo monastero un’ingente somma ( equivalente di un milione di dollari) in valute straniere , in massima parte yen cinesi. Secondo l’entourage del Karmapa erano donazioni dei fedeli per la costruzione di un nuovo monastero. Ora viene visto con sospetto dal governo indiano.


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