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L’eredità – Un nuovo racconto dei ritratti di ringhiera

Creato il 03 luglio 2011 da Unarosaverde

Grazie mille ad Anna che mi ha spedito questo racconto, arricchendo la Casa di Ringhiera di un altro, interessante e particolare, inquilino!

L’eredità - di Anna P.  

Addolorata del terzo piano portava malissimo i suoi 36 anni. Ossuta e con la pelle giallastra, ne dimostrava almeno una cinquantina. Certo, la vita non era stata clemente con lei: era rimasta orfana a 12 anni e vedova a 22. Il giorno della prematura morte di suo marito aveva deciso che avrebbe portato il lutto per il resto della propria vita. Così, oltre alla sfortuna che il destino le aveva riservato, lei ci metteva del suo, aggirandosi per la casa e il cortile tutta vestita di nero, scura in volto e con le labbra sottili serrate in una perenne smorfia di biasimo nei confronti di un mondo che, nonostante il suo dolore, sembrava sapersi divertire.

I bambini della ringhiera la chiamavano “la cornacchia”, e gli adulti al suo passaggio si lanciavano in una profusione di scongiuri e grattatine in posti disdicevoli.

Sì, perché girava voce che Addolorata portasse sfortuna.

Lei delle dicerie non se ne curava. Riteneva di non essere fatta per la provincia, dove la gente è ignorante e superstiziosa; nei suoi sogni si vedeva in una grande città, colma di monumenti e di cultura. Perciò andava avanti per la sua strada, intrattenendo superficiali ma cortesi rapporti con il vicinato,  recandosi ogni giorno al lavoro all’impresa di pompe funebri, e piangendo lo sventurato marito, sicura che un giorno la fortuna avrebbe sorriso anche a lei.

I fatti però davano ragione alle dicerie. Com’è logico che sia, molte delle storie su Addolorata erano clamorose leggende, ma nella maggior parte dei casi era tutta roba vera.

Filippo del primo piano affermava che la sua Gilera si guastava ogni volta che ci passava vicino “Lei” (oramai, per paura di effetti nefasti, non ne pronunciavano più nemmeno il nome).

I bambini sostenevano che bastava un suo sguardo perché le catene delle loro biciclette si sganciassero improvvisamente. Franco, che aveva la sorprendente capacità di sfasciare biciclette anche senza l’intervento di Addolorata, la usava sempre come scusa ogni volta che doveva comunicare alla mamma che l’ennesimo nobile destriero era ormai inutilizzabile.

Bastava che la Cornacchia passasse davanti alle finestre di una qualsiasi casa, perché le radio perdessero la sintonizzazione. E i pochi televisori si spegnevano, accompagnati da un coro di sospiri indignati.

Come non notare poi che era stata proprio la Cornacchia l’ultima persona con cui Osvaldo aveva parlato, prima che le grazie della Elvira se lo prendessero? E sicuramente Lei c’entrava anche con la fine della Iole, che pure ad Addolorata aveva voluto bene dato che l’aveva vista crescere, e che aveva sempre difeso dalle malelingue. Iole infatti, sfidando la sorte, aveva voluto dimostrare a tutti che le voci sul conto della povera vedova erano tutte fesserie, e perciò l’aveva invitata a cena. Peccato che il giorno seguente la ritrovarono come tutti sappiamo.

E la Carla? La Carla era l’unica che piaceva ad Addolorata, perché aveva i modi di una signora e perciò Lei ci conversava volentieri e le prediceva un roseo futuro, che purtroppo non vide mai.

Beniamino, il calzolaio del secondo piano, rincarava la dose, ricordando a tutti che quando ad Addolorata erano capitate tutte le sfortune che costellavano la sua vita, lei era sempre presente.

Ma un giorno anche Addolorata ebbe motivo di rallegrarsi: come nei migliori – o peggiori – romanzi d’appendice, un lontano prozio le aveva lasciato un’ingente eredità. I sogni della giovane vedova potevano finalmente realizzarsi. Perciò in men che non si dica raccolse tutti i suoi miseri averi e il 2 novembre 1966 si trasferì in una misteriosa città d’arte.

Nel vicinato non mancò chi fece notare che il giorno della partenza era quanto di più calzante per Lei.

Due giorni dopo l’Arno esondò e Firenze venne colpita da una delle alluvioni più disastrose della storia d’Italia.

Il mondo guardava sgomento ed angosciato le immagini della città di Dante travolta dalla piena, ma nessuno nella casa da dove Addolorata era partita era sconcertato: tutti ora sapevano dov’era andata a stare la Cornacchia. 

Gli altri racconti della casa di ringhiera sono raccolti in questa pagina. Votate il vostro preferito e fateci sapere quale inquilino vi piace di più.


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