si sa, l'erotismo dei maschi passa inevitabilmente attraverso gli occhi: i meccanismi di questo son talmente noti che non starò qui a dilungarmi sulla faccenda; ma mi son trovato a riflettere sul fatto che trovo eccitante e desiderabile la mia donna anche appena sveglia, anche quando si aggira per casa ancora assonnata, in pigiama. e non è soltanto per via del sentimento che ci lega, perché il desiderio che mi si accende dentro è di natura squisitamente carnale, e quindi soggiace alla richiesta di soddisfazione dei sensi, nessuno escluso. ma è sufficiente che io indovini la curva delle sue natiche, o che la bianchezza della sua pelle deflagri ai miei occhi, mentre si scosta i capelli dal collo, perché il mio desiderio si scateni, senza quindi bisogno di un apparecchiamento particolare che me la faccia apparire più desiderabile.
il giorno stesso avevo guardato questo documentario, e non ho potuto fare a meno di compiangere tutte quelle donne in esposizione come vacche al mercato: non tanto per il fatto di mostrarsi unicamente come esplicito oggetto di desiderio sessuale (magari a qualcuna piacerà pure e, nel giusto contesto, non ci trovo nemmeno nulla di intrinsecamente malefico), quanto per soggiacere all'inganno che esista un unico modello estetico e che soltanto quello sia capace di accendere il desiderio maschile: visi, corpi e abbigliamento standardizzati su un modello che è proprio della pornografia industriale.
oggi invece mi cade l'occhio su una galleria fotografica di repubblica.it e non posso fare a meno di apprezzare la differenza: c'è ingenuità e a tratti anche un sano atteggiamento ruspante in quelle pose demodé, ma c'era anche un desiderio di attirare l'occhio del malizioso spettatore senza incappare nella spersonalizzazione: donne che accettano di essere viste come oggetto di desiderio, ma rimangono soggetti attivi nel proporre la loro personale idea di seduzione, una mediazione tra l'oggettività del corpo, e della sua peculiare bellezza, e la soggettività dello sguardo concupiscente.