L’esasperazione del precariato: la storia di Paola Caruso, 7 anni in bilico al Corriere della Sera

Da Kobayashi @K0bayashi

(update in progress)

Quella nella foto si chiama Paola, Paola Caruso. Giornalista professionista, da sette anni collaboratrice dell’edizione online del Corriere della Sera. Ma soprattutto precaria, da sette anni imprigionata in una serie di contratti di collaborazione e poche speranze di assunzione definitiva, per altro strozzate all’alba del 2010 anche dalla dichiarazione dello stato di crisi del quotidiano milanese, procedura che di fatto impedisce l’assunzione definitiva dei dipendenti se non per sostituzione temporanea o necessità irrinunciabile per il rilancio della testata.

Sciopero della fame e della sete, le prime 24 ore. Mi sento un po’ debole, ma sto bene. Oggi al telefono ho sentito qualche collega. Nessun altro. Al giornale lo sanno tutti e la direzione tace. Bene. Spero che la mia protesta rappresenti la battaglia d’inizio di una guerra, la guerra dei precari che non accettano più di essere trattati da reietti. Non so se riuscirò a far sentire la mia voce. Ci provo.

Dopo 7 anni di lavoro mi vedo scavalcare da un pivello della scuola di giornalismo. Alla faccia della meritocrazia #fail #delusione12 November 2010 13:03 via webpaolacars
Paola Caruso

Così Paola, al culmine dell’esasperazione, è entrata da venerdì 12 novembre in sciopero sia della fame che della sete, per poi sospendere soltanto quest’ultimo (“La novità è che ho bevuto. Mi hanno convinto gli amici, ma vado avanti con lo sciopero della fame”) in seguito alle preoccupazioni sulla sua salute e ai numerosi attestati di solidarietà giunti da una discreta parte della blogosfera, per lo più riunita nella stanza pubblica “Siamo con Paola Caruso” su FriendFeed (che ha elaborato anche un avatar comune da sostituire – per chi se la sentisse – a quello personale sui vari social network).

Sia chiaro: per come la vedo io non si tratta di una guerra personale contro il Corriere, giornale che anzi apprezzo e leggo praticamente tutti i giorni. Semplicemente la testata di via Solferino ha solo avuto – per così dire – la “sfortuna” di trovarsi al momento sbagliato nella condizione sbagliata, di essere suo malgrado la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso dell’indignazione duepuntozero: è verissimo, purtroppo, che di casi esasperati come quello di Paola – di cui per altro non condivido per nulla i metodi della protesta – ne esistono in tutte le redazioni di tutta la penisola (e non solo), però è altrettanto vero che il motto supremo del qualunquismo, “tanto fanno tutti così”, ad un certo punto deve essere messo da parte per provare a lottare per un obiettivo più alto, più concreto, più (brrr, mi si perdoni l’espressione infelice) mainstream.

In questo frangente, in attesa comunque di conoscere la versione dell’editore (pare che sulla vicenda si stia muovendo anche lo stesso comitato di redazione del giornale, seppur i tempi più rilassati del weekend non stiano certo favorendo un’evoluzione repentina della situazione), il Corriere è solo una sorta di capro espiatorio, un “caso” che possa servire di esempio in futuro per tutti gli altri editori che, appoggiandosi a una legge un po’ confusa e che permette troppa libertà nel nome della flessibilità, troppo spesso stanno approfittando del quadro normativo per spostare il peso del rischio sulla pelle e sui diritti dei lavoratori.

Attraverso il suo Tumblr (“Diario di uno sciopero”) e l’account di Twitter Paola sta raccontando, un pezzo alla volta, la sua storia e le motivazioni del clamoroso gesto.

La storia è questa: da 7 anni lavoro per il Corriere e dal 2007 sono una co.co.co. annuale con una busta paga e Cud. Aspetto da tempo un contratto migliore, tipo un art. 2. Per raggiungerlo l’iter è la collaborazione. Tutti sono entrati così. E se ti dicono che sei brava, prima o poi arriva il tuo turno. Io stavo in attesa.

La scorsa settimana si è liberato un posto, un giornalista ha dato le dimissioni, lasciando una poltrona (a tempo determinato) libera. Ho pensato: “Ecco la mia occasione”. Neanche per sogno. Il posto è andato a un pivello della scuola di giornalismo. Uno che forse non è neanche giornalista, ma passa i miei pezzi. Ho chiesto spiegazioni: “Perché non avete preso me o uno degli altri precari?”. Nessuna risposta. L’unica frase udita dalle mie orecchie: “Non sarai mai assunta”.

Non posso pensare di aver buttato 7 anni della mia vita. A questo gioco non ci sto. Le regole sono sbagliate e vanno riscritte. Probabilmente farò un buco nell’acqua, ma devo almeno tentare. Perché se accetto in silenzio di essere trattata da giornalista di serie B, nessuno farà mai niente per considerarmi in modo diverso.

Così come Paola prosegue ad aggiornare man mano lo stato della situazione, decine e decine di amici, conoscenti e blogger stanno rilanciando la sua protesta con ogni mezzo: post sui rispettivi blog, micromessaggi su Twitter (hashtag #iosonopaola), un gruppo su Facebook, la creazione di un wiki sull’evoluzione della vicenda. Il Post ha scritto un articolo piuttosto esaustivo sulla questione, ed è spuntato persino uno speciale di Liquida che sta aggregando in una sezione focus del canale “Lavoro” tutti i contributi prodotti dalla rete sull’argomento [...]

[...] mentre il celebre blog multiautore Macchianera.net ha deciso di oscurare da sabato sera il suo spazio web per dare la massima visibilità possibile all’iniziativa incanalando tutto il (consistente) traffico giornaliero che genera verso il Tumblr di Paola.

Tra gli altri blogger che hanno scritto qualcosa sull’argomento ci sono anche Alessandro GilioliVittorio Pasteris, Nicola Mattina, Elena Franco – DelyMyth, Luca Sartoni, Catepol, Paz, Che cosa ci faccio io qui?Blaster, Infoservi, Mario ProfiliNon guardo la tivù, MaxKava su Telcoeye, I divagatori scientifici, Wolly sul suo Wolly’s weblog, Dario Salvelli, Roberto Felter, Arsenio, Andrea Contino – Contz, Batchiara, Elenucci, Sara Taricani, CoRobiQuotidiano.net, Steff’ Blocknote, Ladri di marmellate, Galatea sul suo Il nuovo mondo di Galatea e anche un post su uno dei blog de Il Fatto Quotidiano.


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