L’esperienza del quarto anno all’estero

Creato il 29 aprile 2014 da Retrò Online Magazine @retr_online
apr 29, 2014    Scritto da Annalisa Eichholzer    Attualità, Life 0

L’esperienza del quarto anno all’estero

Sempre più ragazzi, al penultimo anno di liceo, decidono di partire e vivere un’esperienza fuori casa. C’è chi va negli Stati Uniti, in Australia, Cina, Inghilterra, Germania, e poi c’è chi resta.

Quale sarà la differenza tra i due studenti? Non si tratta di una scelta volta a trovare un livello di istruzione superiore, ma delle esperienze di vita che non hanno pari.

Ci sono varie organizzazioni: Intercultura fornisce borse di studio gratuite o comunque con un minimo contributo; le agenzie private, invece, propongono sia exchange proramme, ad un prezzo sostenibile ed in cui è la famiglia ospitante a scegliere il ragazzo, che programmi decisamente più cari (sui 20000 euro) con cui si può scegliere sia casa che genitori ospitanti.

Si imparerà ad odiare la burocrazia, poiché la richiesta per il visto (in particolare quello per gli States) prevede lunghissime liste d’attesa e visite all’ambasciata.

A questo punto subentrerà la curiosità; l’incognita del “dove vivrò nei prossimi mesi” è estremamente esaltante, è un’avventura che si avvicina sempre di più, a volte anche troppo velocemente. Anche la valigia rappresenta una sfida; non si sa mai di cosa si possa aver bisogno dall’altra parte del mondo durante tutto quel tempo. Una tuta da sci? Ginocchiere da pallavolo? Scarpe da calcio? Non si può portar tutto.

Ovviamente bisogna aver fortuna con la propria scuola d’origine, sperando di aver professori accomodanti ed incoraggianti; come già detto, quest’esperienza si vive soprattutto al di fuori delle aule.

Ci si misura con la propria capacità di adattamento ed autonomia, anche se nella sfera protetta della famiglia ospitante. La fortuna gioca un ruolo essenziale in tutto ciò, perché in quei mesi ben poche cose sono prevedibili e soggette al nostro controllo. Infatti, non è detto che i genitori “acquisiti” siano presenti e disponibili come immaginavamo; in quel caso bisogna attivarsi e comunicarlo alla propria organizzazione per predisporre un cambio di parentela (questo solo nei casi più gravi).

Oppure, può succedere il contrario: l’integrazione totale. Prendendo parte alle attività scolastiche (vitali nei paesi anglofoni), si instaureranno facilmente legami con i propri compagni; i nuovi “papà e mamma” ci porteranno in giro e ci tratteranno come se fossimo figli loro. Forse gli si mancherà talmente che dovranno venirci a trovare una volta conclusa il nostro soggiorno.

A posteriori, si tratta di mesi difficili da definire. Esperienza di vita o viaggio? Forse entrambi. Lontani dalla propria quotidianità si avrà il coraggio di intraprendere attività mai fatte prima, e questo rende molto più sicuri di sé stessi. La soddisfazione del dire: ce l’ho fatta, sono arrivato fino alla fine è impareggiabile. Non sempre si finisce in quei luoghi favolosi che vediamo nei film americani. Non è detto che vivremo un anno a Los Angeles o a Toronto. Magari andremo in qualche villaggio del Midwest da 2000 anime. Qui scopriremo il vero senso della comunità che si aiuta nelle difficoltà, anche se all’inizio potrebbero sembrarci un po’ strani, alla fine ci sembrerà di essere lì da sempre. La lingua, all’inizio non nostra, migliorerà senza sforzo e senza accorgersene. Gradualmente, giorno dopo giorno, si assimileranno tante, quasi troppe cose.

La partenza sarà un momento particolarmente arduo , perché si avrà l’impressione di compiere un passo indietro.

Con chi si potrà condividere tutte le cose vissute in arco di tempo così breve ed intenso?


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