L’esperienza musicale e l’estetica – Massimo Mila

Creato il 28 febbraio 2013 da Maxscorda @MaxScorda

28 febbraio 2013 Lascia un commento

Certe domande non andrebbero fatte, certe ragioni non andrebbero ricercate e non tanto perche’ sconvenienti quanto perche’ in certa misura inutili.
Definire la bellezza o cercare le radici dell’arte, rasentano la complessita’ del capire perche’ viviamo o da dove scaturiscono i sentimenti e per quanto difficile, rifiuto l’idea dell’impossibile, solo menti eccelse hanno avuto nella storia la possibilita’ di esprimere opinioni non risolutive ma sufficienti a porre i giusti accenti sulle discussioni.
Che Massimo Mila sia stato uno dei massimi musicologi italiani e’ fuor di dubbio e trovare un’edizione del 1965 in stato pressoche’ perfetto, non poteva avere che la conseguenza dell’acquisto.
Trattandosi della raccolta di otto tra saggi, scritti ed interventi, l’autore tiene a precisare nella prefazione che il volume non pretende d’essere un trattato sistematico ed esaustivo sull’argomento, quanto un insieme di riflessioni talvolta riprese e ripetute, espresse dal dopoguerra sino alla prima meta’ degli anni ’50.
Che vi sia discontinuita’ lo si evince sin dai primi capitoli, che altresi’ in questo modo l’autore offra diversi punti di discussione e’ indubbiamente un pregio laddove "l’analisi all’analisi" di Hanslick, Passadore, Pannain o Leibowitz oggi risuonano ampiamente superate, il confronto con Benedetto Croce e’ un po’ piu’ interessante e non uso la parola "importante".
Confesso di aver trovato la sensibilita’ di Mila molto distante dalla mia, spesso in antitesi e del resto non potrebbe essere diversamente. Impossibile rapportarsi con un musicologo nato oltre un secolo fa che affronta un’estetica gia’ mutata col nuovo secolo senza pero’ fare i conti con le derive informali ed atonali che certa sperimentazione ha esaltato proprio nella seconda meta’ del XX secolo.
Comprendo inoltre che il mio approccio sia da mero ascoltatore poco affine agli aspetti tecnici ma l’analisi di Mila e’ troppo distaccata o con una passionalita’ a me aliena.
Egli nel cercare di definire la percezione estetica della musica, premette la cultura dell’ascoltatore da affiancare al background storico, culturale e personale del compositore, notazioni condivisibili nel senso piu’ ampio ma asettiche se vive  l’idea che l’ascolto musicale si divida tra cuore e cervello, tra passione e conoscenza laddove ogni singolo brano e’ definibile con gradi diversi dell’una e dell’altra, che insieme compongono un totale dal quale trarre una valutazione. Intendo dire che musiche tecnicamente risibili possono coinvolgere sino alle lacrime e altre completamente algide, appassionano per costruzione come un viaggio epico.
Ebbene il distacco tra me e l’autore si sintetizza nella citazione di Massimo d’Azeglio che Mila riporta non senza un sorriso accondiscendente a suo dire di un’idea un po’ naif quando a mio avviso c’e’ tutta la passione per il gesto e per il segno.
Oltre cio’ il libro e’ interessante se inscritto in un percorso approfondito all’interno della musica, della filosofia che non intacca la sostanza ma ne traccia i contorni. Punto di vista differente, importante solo per questo.


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