Brennan passa in rivista la possibilità di uno scontro materia-antimateria (una delle possibili spiegazioni, ad es., del caso Tunguska); ma anche su questo fronte le possibilità di esplosione planetaria sono ridotte allo zero assoluto.
Vi sono due segmenti di stelle esplosive che potrebbero aver interessato il nostro sistema: le novae e le supernovae: le prime sono esplosioni, potremmo definirle, "locali", ovvero a basso raggio di coinvolgimento; le seconde, molto più spettacolari sotto il profilo pirotecnico, sono anche estremamente più pericolose poiché il potenziale distruttivo è enorme, dovuto anche al grande raggio di coinvolgimento della deflagrazione.
Nella costellazione di Vela, tra il 14.000 e l'11.000 a.C., una supernova denominata "Vela F" pose fine alla sua esistenza scagliando nel cosmo milioni di frammenti enormi e sufficientemente dotati di potenziale ad alta energia ed esplosivo; uno di questi, particolarmente esteso, puntò dritto verso le regioni esterne della Via Lattea mirando il sistema Solare. Brennan sottolinea il carattere ipotetico e speculativo della sua tesi ma confrontando tutti i passaggi precedenti del testo e una serie di osservazioni oggettive nei comportamenti del nostro sistema planetario.
Una di queste riguarda la cosiddetta fascia di Kuiper, scoperta dall'omonimo astronomo americano nel 1951. Si tratta di una fascia asteroidale posta ai confini del Sistema Solare molto simile alla fascia asteroidale intermedia generata forse da un'esplosione planetaria; per analogia è ipotizzabile una stessa origine.
Probabilmente l'intruso di Vela, viaggiando a velocità frazionate rispetto a quella fotonica, ha incontrato un corpo celeste in quelle regioni frantumandolo sul colpo; la sua corsa, per nulla rallentata, puntava dritta verso Nettuno. A quelle latitudini è stata osservata una forte presenza di alluminio 26, di fatto una nube, simile a quelle generate da esplosioni di supernovae. La distanza di Vela dal sistema è di 45 anni luce, pertanto i frammenti avrebbero raggiunto le nostre porte dopo pochi secoli, una nullità cronologica rispetto ai tempi astrali.
Il frammento di stella, dall'impressionante forza gravitazionale, avrebbe inclinato Nettuno di 29° sul proprio asse. Voyager 2 rivelò che anche Nettuno è circondato da minuscoli anelli di materiale cosmico: è ipotizzabile che alcuni satelliti orbitanti intorno al pianeta siano stati disintegrati da ulteriori impatti oltre a quello generante la fascia di Kuiper. Il campo gravitazionale del pianeta, comunque un gigante gassoso, avrebbe provocato un effetto fionda sull'intruso scagliandolo verso Urano e le latitudini interne della nostra casa cosmica. Anche Urano è circondato da anelli; si tratta forse dei frammenti dell'intruso che, venendo in rotta di collisione con un pianeta notevolmente inferiore a Nettuno, lo inclinò di 58,6° rispetto al proprio asse, di fatto imprimendogli una rotazione quasi sul fianco: i frammenti sono composti probabilmente da roccia, ghiaccio e un particolare polimero pigmentato di nero. L'intruso intanto puntava Saturno. A questo proposito si cita il "Limite di Roche, dal nome del francese che lo studiò per primo. In pratica, è la misura, distanza di sicurezza in cui un corpo celeste può avvicinarsi ad un altro senza che il più piccolo venga rigettato dalle forze di marea. Se i due corpi sono molto massicci, allora il limite diviene 2,5 volte il raggio del più grande. Gli anelli di Saturno sono al Limite di Roche; è ipotizzabile che l'intruso abbia frantumato una o più lune rientrate nel Limite, creando i bellissimi anelli di questo pianeta. L'intruso avrebbe provocato anche un aumento della sua velocità di rotazione.
Ora, superando Giove senza problemi a causa dell'enorme massa e forza gravitazionale del gigante gassoso, oppure di una sua posizione orbitale distante, il frammento stellare entrò in rotta di collisione con il "pianeta X" tra Giove e Marte, frantumandolo nella famosa fascia di asteroidi; molti frammenti furono catturati dall'intruso e trascinati verso Marte stesso; le conseguenze furono il rallentamento della rotazione del pianeta sull'asse con pressioni tali da provocare fratture nella crosta e la scomparsa dell'acqua.
Qui Brennan entra nelle ipotesi di possibili forme di esistenza intelligente sul pianeta rosso irrimediabilmente estintensi a causa del bombardamento meteorico generato dall'intruso e dall'esplosione del pianeta confinante; ma si tratta di un brevissimo accenno quasi poetico.
L'ipotesi più affascinante è quella che prevede Phobos e Deimos quali lune catturate da Marte e quindi frammenti del pianeta X.
Il proiettile stellare, quindi, si diresse verso le regioni centrali, verso il Pianeta Terra.
Un grande corpo celeste che entra in rotta di collisione o di sfioramento con un altro genera una serie di forze allucinanti che entrano in gioco:
- forze gravitazionali.
- forze elettomagnetiche.
- forze energetiche di scambio calore.
Probabilmente, all'arrivo di Vela F, tutte e tre le forze scatenarono la loro potenza generando:
- disturbi dell'orbita terrestre.
- slittamento dell'asse planetario.
- diminuzione della velocità di rotazione.
- variazioni della precessione degli equinozi.
La forza gravitazionale dell'intruso, a guisa di quella mareale generata dalla Luna, interagì con mantello e litosfera, mandando in panne i flussi di convezione del calore nucleare terrestre verso la superficie, scatenando centinaia di migliaia di eruzioni vulcaniche. La crosta terrestre iniziò a spaccarsi e mutazioni morfologiche repentine generarono immense catene di montagne in zone prima inesistenti. Enormi masse d'acqua, impennate in un'unica ondata apocalittica, defluirono dai mari per salire verso l'intruso che illuminava a giorno i cieli terrestri. Il calore del pianeta cominciò ad alzarsi, per effetto delle eruzioni e della forza elettromagnetica generata dal passaggio di Vela F, piogge di fulmini si scagliarono verso il suolo. Frastuono e fragore ovunque, venti e tornado di inimmaginabile violenza frustarono la superficie del pianeta sradicando milioni di ettari di foreste; vaste distese di litosfera collassarono e deformarono in brevissimi istanti l'intera faccia del pianeta. Fiumi, laghi e mari, oltre all'ondata, fluirono in valli appena create defluendo dagli antichi letti, riempiendo bassopiani e depressioni. Un mare di distruzione e di morte fu seminato sulla Terra e tra gli uomini, terrorizzati dall'ira del nuovo dio apparso d'improvviso nei cieli.
Quando Vela F arrivò al Limite di Roche, non entrò in collisione col pianeta, altrimenti non saremmo qui, oggi, a parlarne. Fu il culmine dell'apocalisse pleistocenica: i frammenti di pianeta che Vela F trascinava con sé esplosero.
Iniziò il più grande e violento bombardamento meteoritico che la Storia mai conobbe; ed enormi frammenti asteroidali caddero su vaste zone della Terra distruggendole totalmente. Tra queste, Atlantide.
Non sapremo mai che cosa realmente accadde, ma le circostanze archeologiche e scientifiche raccontano una storia molto vicina a quest'ipotesi agghiacciante. Vale la pena approfondire e tentare di capire se si trattò di un caso o di una situazione ripetibile ad intervalli cronologici determinati.
Un grande libro, una grande analisi alternativa ai soliti sospetti. (Fonte:edicolaweb.net)