“Ma, ahimé, nessuno di tali raggiungimenti fa di noi degli uomini migliori. Non vi è nessuna proporzione tra i depositi in banca e la bontà di cuore. La cono- scenza non equivale affatto alla saggezza e alla nobiltà d’animo… Il mondo non ha mai visto un così grande esercito d’educatori all’opera con la gioventù dei vari paesi, ne mai prima nella storia si è speso tanto denaro per l’istruzione, sia inferiore che superiore. L’effetto complessivo, tuttavia produce la spiacevole sensazione che il bersaglio sia stato mancato. I nostri istituti di istruzione pubblica producono alcuni buoni allievi ed impartiscono ad un gran numero d’individui una massa di fatti scientifici. C’è, tuttavia, un pietoso insuccesso nella meta principale dell’educazione, che è, o dovrebbe essere, la formazione del carattere, lo sviluppo spirituale, la cultura dell’anima”
Le masse cominciano a pensare di testa propria. Ma è in larga misura un pensare di massa, e l’opinione pubblica del momento plasma oggi il pensiero, come un tempo facevano le teologie. L’uomo d’avanguardia ai nostri giorni incontra altrettanta difficoltà che nei tempi passati per farsi sentire nel mondo del pensiero e dell’attività.
Dal punto di vista meno rilevante, si può dire che l’educazione consista nell’impartire ad un alunno, generalmente svogliato, una quantità di nozioni che non lo interessano affatto. Predomina una nota di freddezza e di aridità; si sente che tale presentazione concerne soprattutto la memoria, la somministrazione di quelli che si dicono i fatti, e il dare allo studente poche nozioni relative ad un gran numero di soggetti che non sono tra loro in relazione. Etimologicamente, però, “educare” significa “condurre fuori”, o “trarre fuori”, il che è assai importante. Il significato implicito è dunque di trarre alla luce ciò che nell’allievo (vi è d’istintivo e di potenziale, allo scopo di condurlo da uno stato di coscienza ad un altro più ampio. In tal modo, ad esempio, portiamo i bambini, soltanto coscienti d’essere vivi, ad acquisire coscienza di sé; a divenire consapevoli di sé e dei loro rapporti di gruppo; ad imparare a sviluppare poteri e capacità, soprattutto per mezzo dell’insegnamento vocazionale, al fine di raggiungere l’indipendenza economica e divenire membri auto-sufficienti della società. Per avviare i ragazzi sulla via della conoscenza facciamo leva sul loro istinto di conservazione.
In relazione all’istinto, l’intuizione occupa il lato opposto a quello della ragione. Abbiamo quindi una triplicità interessante: istinto, intelletto, intuizione – l’istinto, per così dire, è sotto la soglia della coscienza, l’intelletto è riconosciuto al primo posto fra le caratteristiche proprie all’essere umano, mentre l’intuizione è al di là di entrambi e fa sentire la sua presenza solo occasionalmente nelle illuminazioni e nelle comprensioni improvvise della verità, che sono il dono dei massimi pensatori.
Sembra che tanto l’Oriente quanto l’Occidente giudichino che un sistema educativo che non riesca infine a guidare l’uomo fuori dal mondo degli interessi terreni, verso la più vasta coscienza delle cose dello spirito, abbia mancato la propria missione e non sia a- deguato alle crescenti esigenze dell’anima umana. Un’educazione che si arresti al livello dell’intelletto ed ignori la facoltà di intuire la verità pur manifestata dalle menti migliori, è assai manchevole.
Il felice avvenire dell’umanità è legato al successo di quegli individui che hanno la possibilità di far cose maggiori, perché più spirituali. Questi membri della famiglia umana vanno scoperti e incoraggiati a proseguire ed a penetrare nel regno dell’intangibile. Si deve dar loro una cultura, una preparazione ed un’educazione che si adattino a ciò che in loro è di meglio e di più elevato. Tale educazione richiede la precisa percezione dello sviluppo e del livello individuale e la giusta valutazione di quale sia in ogni singolo caso il prossimo passo da compiere. Ciò esige, da parte dell’insegnante, penetrazione mentale, sensibilità e comprensione.
Bertrand Russel osserva che: “L’educazione non dovrebbe mirare alla passiva consapevolezza di fatti ormai defunti, bensì ad un’attività rivolta al mondo, che i nostri sforzi dovranno creare”
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