L’EST NEL PALLONE: Croazia-Turchia, lo Stari Most continuerà a dividere ancora?

Creato il 07 novembre 2011 da Eastjournal @EaSTJournal

di Nicolò de Fanti

Sembra proprio un segno del destino l’esito del sorteggio uscito dall’urna di Ginevra che, per l’assegnazione degli ultimi quattro posti di qualificazione agli europei di calcio 2012 in Ucraina e Polonia, metterà una contro l’altra le nazionali di Croazia e Turchia.

A Mostar parrà cosi di tornare indietro di tre anni, quando l’allora incontro Croazia – Turchia  valido per gli Europei in Austria e Svizzera aveva costretto l’arrivo da Sarajevo di centinaia di poliziotti in divisa antisommossa per dividere i “Vatreni” ( gli ultras Croati di estrema destra) dalla Red Army (tifoseria musulmana) ed evitare scontri e disordini che hanno caratterizzato la città bosniaca nel dopo guerra.

Già nel 2006, dopo la sconfitta ddella nazionale croata contro il Brasile, si scatenò a Mostar una vera e propria guerriglia urbana tra gruppi di bosniaci-croati e bosniaco-musulmani che causarono 18 feriti (uno d’arma da fuoco) tra cui 6 poliziotti e ben 26 persone arrestate. Nel 2009 dopo la disfatta della nazionale croata contro l’Inghilterra di Fabio Capello, stesso copione. Così molti, nella parte musulmana della città, per rivalsa hanno iniziato a sostenere l’avversario di turno della nazionale della Croazia. Nel 2008, per il quarto di finale tra Turchia e Croazia, si intravedono sventolare perfino le bandiere della nazionale di Ankara.

Perché la sfida tra Turchia e Croazia è un pò come dire musulmani contro cattolici, e  allora chi meglio di Mostar rappresenta questa spaccatura in Europa? la parte est della città è popolata da bosniaco-musulmani che come tutta la Bosnia orientalizzata simpatizza per la nazione turca, mentre l’altra sponda della Neretva, è la patria dei “croati più puri”, come amava definirli Franjo Tudjman  padre fondatore della nuova Croazia indipendente dal 1991. I serbi, la terza componente del melting pot bosniaco, non ci sono più in città, fuggiti durante l’ultimo conflitto.

Una lacerazione cittadina dovuta alla terribile guerra fratricida scoppiata nel 1993 quando i croati , approfittando dei labili dettami del piano Vance-Owen, avevano di fatto designato la splendida capitale erzegovese come loro capitale cattolica della Repubblica Croata della Herceg-Bosna, costringendo i musulmano-bosniaci ad emigrare nella parte ovest della città, bombardandone la popolazione e facendo crollare il meraviglioso Stari Most, perla architettonica musulmana risalente al XVI° secolo.

E pensare che bosniaci-musulmani e bosniaci-croati rappresenterebbero, almeno formalmente, l’unione nella Federazione della Bosnia Erzegovina, unione più che altro forzata dagli accordi americani del 1994, quando per sconfiggere un nemico allora più grande e minaccioso come i serbi, gli strateghi a stelle e strisce  imposero l’accordo militare tra le due fazioni in guerra tra loro.

Da allora Mostar è una città divisa,  la ricostruzione dello Stari Most ( avvenuta nel 2004 grazie ai fondi di mezzo mondo tra i quali anche quelli della Croazia), non è ancora riuscita ad  unire quello che centinaia di morti hanno forse irrimediabilmente spezzato. Cosi nella capitale contesa dell’Erzegovina dove ogni minima circostanza  divide, il calcio e le conseguenti rivalità etnico-nazionali separano ancora una volta di più le due sponde del fiume.

Le due squadre di Mostar si dividono etnicamente come la città stessa: il Velez è la squadra dei bosniaco-musulmani, tifoseria organizzata sotto il nome di “Armata Rossa Velez” , stemma con stella a cinque punte in campo rosso, chiaro richiamo al passato socialista federativo dove anche la bandiera dell’allora Repubblica Socialista di Bosnia aveva più o meno li stessi tratti, lo Zrinjski Mostar (Hrvatski Sportski klub) rappresentanta i cattolicissimi croati d’erzegovina: bandiera a scacchi biancorossa nello stemma , sventolio di quella croata nella curva ogni qual volta la squadra scende in campo.

Il gruppo ultras dei Vatreni, famoso per aver causato l’esclusione dalla Coppa Uefa del Partizan Belgrado nel 2007 dopo scontri con i colleghi serbi all’interno dello stadio di Mostar, è ardente sostenitore della causa nazionalista croata: da sempre infatti il sogno di questa comunità erzegovese è quello unirsi con la madre patria distante solo una trentina di chilometri.

Per questo non riconoscono come loro, la nazionale calcistica della Bosnia Erzegovina, anch’essa impegnata nello spareggio contro il Portogallo, che invece ha il sostegno incondizionato della sponda opposta del fiume.

Ma è un ottobre caldo per tutto il calcio bosniaco: quattro giorni prima della follia nel derby mostarino, a Banja Luka, capitale della Repubblica Srpska , entità a maggioranza serba, era stata sospesa per lo stesso motivo Borac – Željezničar, in questo caso a contrapporsi erano stati tifosi serbi e musulmani.

Ancora più recenti sono i disordini scoppiati a Sarajevo: il 6 ottobre si sarebbero dovuti festeggiare i 90 anni del Club bosniaco Željezničar e invece si sono registrati 11 feriti in scontri tra gli ultrà della Torcida, sostenitori croati dell’Hajduk Spalato, e i tifosi bosniaco musulmani della Željezničar, the Maniacs , prima dell’incontro “amichevole” tra le due squadre che è stato annullato miseramente.

Ora è in questo scenario che Mostar si appresta a vivere il doppio incontro Bosnia Erzegovina- Portogallo e Croazia-Turchia , sperando che per una volta la ragione abbia la meglio sulla follia estrema di entrambi gli schieramenti.


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