Ma la Tv continua ancora a godere di un certo appeal. Secondo le elaborazioni Aegis Media su dati Auditel sono aumentati il consumo medio (salito di mezz'ora a 5 ore e 13 minuti), l'audience media (da 11,3 a 12,7 milioni), la base di ascolti (da 46,7 a 47,4 milioni) e con canali balzati da 120 a 123. Anche sul fronte dei ricavi pubblicitari la Tv - seppur con numeri in flessione come dimostra il -16,4% annuo del primo semestre secondo i dati Nielsen - resta la regina pesando per il 56% sulla raccolta complessiva nei media.
Il quadro è però mutato. E proprio nel decennale del cambiamento che ha in sostanza tracciato il solco della tv dei nostri giorni (l'avvento di Sky nel 2003 con tutto ciò che ha comportato di recente anche sul fronte dell'innovazione tecnologica con Sky Go o My Sky), ci sono altre questioni che si agitano all'orizzonte e rischiano di sparigliare le carte. Innanzitutto c'è l'affaire Ott. Le "Over the top television" che offrono contenuti audiovisivi tramite Internet e tv connesse stanno infatti prepotentemente bussando alla porta.
I broadcaster hanno così iniziato ad alzare la voce nel chiedere regole uguali per tutti e l'Agcom ha iniziato una sua indagine conoscitiva del fenomeno che in autunno dovrebbe dare i primi risultati (il cui risvolto concreto sarà poi tutto da vedere).
La crisi economica sta poi impattando, e molto, sulla pay tv. Sky Italia, per dare una misura, ha perso 27mila abbonati netti nel quarto trimestre fiscale (aprile-giugno 2013), e ha terminato il periodo con 4,76 milioni di clienti. Infine c'è la digitalizzazione, che ha modificato i rapporti competitivi fra le piattaforme. Come segnalato da Groupm, lo share delle tv generaliste è sceso dall'86% del 2007 al 60% di gennaio-giugno 2013, con le "altre tv" salite dal 14,5% al 35,1 per cento.
A questo punto però, proprio l'estate del decennale Sky, è contrassegnata da una fitta rete di accordi e di intese tra i maggiori poli del sistema televisivo, Rai, Mediaset e Sky, mentre Urbano Cairo sta introducendo ne La7 conduttori che dovrebbero "riequilibrare" l'emittente: se ne va Gad Lerner, arrivano Paragone, Sottile e Rita Dalla Chiesa. Fox Sports, il canale del gruppo Murdoch che doveva essere una delle punte di diamante dell'offerta sportiva di Sky, lo sarà sempre ma non in esclusiva: viene trasmesso anche da Mediaset Premium sul terrestre. Mediaset Premium che avrà anche i canali di Eurosport, non più in esclusiva su Sky. Sky che ha ceduto i diritti delle prossime Olimpiadi estive alla Rai per il terrestre in chiaro: tutte le Olimpiadi, non solo le 200 ore di Londra. In cambio, si terrà quelle invernali di Sochi che manderà in chiaro su Cielo.
Mediaset e Sky hanno inaugurato questo "mutuo soccorso" scambiandosi i rispettivi diritti di Champions League ed Europa League. Mediaset ha ceduto a Sky, per il satellite, diversi diritti di film della Universal e della Warner che aveva per tutte le piattaforme. Su Sky è subito partita una retrospettiva della saga di Harry Potter, i cui film la piattaforma satellitare non aveva mai potuto offrire in maniera completa ai suoi abbonati. Mediaset, Sky e Rai, in quanto aziende, nel frattempo, hanno aderito alla nuova Confindustria televisione. Il clou di tale stagione potrebbe arrivare al prossimo rinnovo dei diritti della Serie A: Sky e Mediaset potrebbero abbassare la propria offerta rispetto a quanto pagato finora: lì, allora, nel caso, le società del calcio grideranno all'intesa tra oligopolisti per ricattare e ridurre alla fame i club nazionali.
Cosa sta succedendo? Semplice. Tutto il discorso economico fatto di riduzione degli abbonati alle pay tv (800mila in meno a fine 2012 rispetto a fine 2011, secondo la sedicesima edizione della ricerca Western European Tv di Informa), calo della pubblicità per tutti i media e una flessione degli ascolti delle tv generaliste a vantaggio dei canali gratuiti tematici stanno spingendo i grandi gruppi televisivi ad ammortizzare i prezzi di acquisto di canali, film, contenuti ed eventi, anche rinunciando all'esclusiva monopiattaforma.
Qualcuno potrebbe dire, a questo punto, che il mercato premia gli utenti, permettendo loro di usufruire di determinati contenuti su più piattaforme. Ma è un effetto collaterale di una concentrazione che, attraverso le intese, ovviamente non formalizzate e del tutto "occasionali", fa di quello italiano un mercato sostanzialmente impenetrabile e impermeabile per altri soggetti, nazionali o esteri, che non siano i tre grandi gruppi. Quando prevalgono le intese, insomma, si riduce la concorrenza, già scarsa, nel mercato televisivo e in quello dei media. In cambio i tre big possono ridurre i costi dei diritti e trovare nuove fonti di introiti.
Non sarà certo la gara per tre frequenze, sul cui bando, peraltro, l'Europa finora tace e prende tempo, ad "aprire" il mercato. Il fatto positivo del nuovo Piano Agcom e della gara è, piuttosto, la liberazione parziale della banda 700 Mhz. E non è detto che qualcuno non mediti di far saltare la gara, in caso di elezioni anticipate.
Andrea Biondi e Marco Mele per "Il Sole 24 Ore"