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“L’estate del cane bambino” di Mario Pistacchio e Laura Toffanello

Creato il 01 dicembre 2015 da Leultime20 @patrizialadaga

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Dicembre  2015 

Questo mese l’ospite della rubrica 2VociX1Libro è il romanzo L’estate del cane bambino, scritto a quattro mani da Mario Pistacchio e Laura Toffanello, in libreria per 66hand2nd. Una splendida storia di formazione dalle tinte noir, che si svolge nei primi anni sessanta in una provincia del Nord Est italiano. La vita di cinque ragazzini di paese verrà sconvolta per sempre dalla scomparsa del fratello minore di uno di loro. Una vicenda appassionante e torbida, narrata con uno stile intimista e una prosa esemplare, un libro che è stato capace di mettere d’accordo al 100% le due voci di questa rubrica. Chi è in cerca di un romanzo da regalare per Natale è servito.

Patrizia&Giuditta 2VociX1Libro è una rubrica che nasce dall’incontro di due persone distanti per formazione ed esperienze di vita, ma unite da una grande passione per i libri e la letteratura. Due donne, Giuditta e io, che si sono conosciute leggendo l’una il blog dell’altra, due “sentire” spesso discordanti ma sempre rispettosi e aperti al confronto. Da questa complicità è nata, tra un tweet e l’altro, l’idea della rubrica. Un luogo in cui confrontarsi su un libro diverso ogni mese in modo divertente e scanzonato, senza il rigore di una recensione, ma con l’attenzione ai dettagli. Una sorta di gioco (liberamente tratto dalle famose interviste della trasmissione “Le Iene”) che vi permetterà di conoscere nuovi romanzi e sorridere un po’.

L’estate del cane bambino

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Mario Pistacchio e Laura Toffanello

66THAND2ND

foto_patrizia Patrizia  twitter: @patrizialadaga giuditta Giuditta  twitter: @tempoxme_libri  www.libri.tempoxme.it

1. Dai un voto alla copertina e spiegalo

Voto: 9. Una copertina, un quadro, una corrispondenza assoluta tra parole e immagini. I toni sono scuri, come  quelli del romanzo, ma l’immagine è gioiosa. Sullo scaffale del libraio è impossibile non notare i bambini con il cane, protagonisti assoluti di della storia. Voto: 9. Immagine stupenda da un disegno di Gianluigi Toccafondo, che nella dolcezza delle figure e nei colori racconta le due suggestioni forti del libro: il tono favolistico dell’infanzia e quello drammatico della realtà. Il cerchio sospeso nel vuoto sul fondo bianco prelude al finale del libro, proteso oltre l’orizzonte del racconto e del lettore, e nello stesso tempo volto a chiudere il cerchio del narrato. Il titolo smembrato poeticamente sulla copertina, con lettering tondo e semplice, di colore rosso a richiamare il logo della casa editrice, mentre gli autori sono in alto, in lettering bianco su fondo nero, sono elementi che concorrono all’eleganza dell’insieme nella semplicità dei dettagli.

2. L’incipit è…

Introduttivo. Pistacchio e Toffanello presentano subito gli attori che si muoveranno sulla scena.

Menego aveva quattordici anni, io, Michele e Ercole dodici, Stalino quasi e il cane nero chissà. Era l’estate del 1961.

Didascalia perfetta della copertina, che introduce il lettore nella narrazione. L’imperfetto delle fiabe, nostalgico di un passato in cui si era ragazzi, nonostante tutto, protetti dunque dalla naturale, onnipotente ingenuità, o meglio credulità dell’età. Si adombra che il passaggio all’età adulta sarà traumatico, come lo è non poter credere che un bambino si trasformi in un cane. Non resisto alla tentazione di riportarlo per intero, perché la cifra della scrittura di Mario Pistacchio e Laura Toffanello si evinca in tutta felicità:

Menego aveva quattordici anni, io, Michele e Ercole dodici, Stalino quasi, e il cane nero chissà. Era l’estate del 1961. Il nostro mondo di allora era fatto di morti che resuscitavano per uccidere pescatori ingrati, di velieri portatori di peste, topi e vampiri, di nuvole combattenti e cavalieri inesistenti. Era un tempo in cui le leggende erano vere, e se qualcuno ci avesse detto che non era possibile che un bambino si trasformasse in cane, ci saremmo stretti nelle spalle, infischiandocene.

3. Due aggettivi per la trama

Avvincente e soffocante.

Favolosa e dura. Le tante volte che consiglio questo libro, lo definisco “una denuncia interiore”.

4. Due aggettivi per lo stile

Sincero e a tratti poetico. Perfetto e incatenante

5. La frase più bella

Ho sottolineato spesso nel corso della lettura de L’estate del cane bambino. Ho trovato piccole e grandi verità, frasi sagge, poetiche o nostalgiche. Questo passaggio, dedicato a chi nella vita scopre di essersi arreso, è uno di quelli che più ha lasciato il segno:

Non si invecchia un po’ alla volta. C’è un momento preciso, nella vita, in cui ti accorgi che è successo. È una certezza, e non contano gli anni che hai. Capita quando smetti di andare avanti e ti scopri a guardarti le spalle. Scruti il tempo che se n’è andato. Lì dietro sono rimasti i tuoi unici amici, i ricordi, l’illusione che niente possa mai finire davvero. 

Una prosa perfetta, intima, introspettiva, fortemente descrittiva, sempre all’altezza di se stessa nei contenuti e nella forma. Scelgo una frase che racconta il passaggio del tempo, le trasformazioni della vita, l’invecchiare, il perdere l’infanzia, perché questo è uno dei temi più intimi di L’estate del cane bambino, seppure in sottofondo:

Non si invecchia mai un po’ alla volta.
C’è un momento preciso, nella vita, in cui ti accorgi che è successo. È una certezza, e non contano gli anni che hai. Capita quando smetti di andare avanti e ti scopri a guardarti alle spalle. Scruti il tempo che se n’è andato. Lì dietro sono rimasti i tuoi unici amici, i ricordi, l’illusione che niente possa mai finire davvero.

6. La frase più brutta

Nel romanzo, in corrispondenza di fatti violenti, appaiono alcune frasi “brutte” per l’orrore che descrivono. Io, tuttavia, ne ho scelta una che trovo di una sconcertante e  dolorosa verità e che, di nuovo, riguarda la vecchiaia:

I vecchi della Bersagliera ripetevano spesso che prima o poi arriva un momento in cui tutte le cose belle della vita finiscono. Non si celebrano più le nascite, ma solo i morti, le ferite non guariscono, i dolori non passano più.

Non brutta, ma forte. La scena centrale del romanzo. Scritta mirabilmente, con la crudezza che le appartiene e che rimbomba nel cuore del lettore, perché sa che da quel momento nulla sarà più come prima. Il sipario si è alzato sulle brutture del mondo:

Ansimava, si contorceva e digrignava i denti. Con le zampe si aggrappò al cappio cercando  di allentarlo, provò a spingerlo oltre la testa, ma più si muoveva, più il nodo scorsoio lo soffocava. Cominciò a oscillare, la corda si attorcigliò.

7. Il personaggio più riuscito

Sono tanti i personaggi ben riusciti alla coppia di scrittori Pistacchio-Toffanello. I cinque ragazzini protagonisti, così come molti degli adulti presenti nella storia, hanno tutti un’eccellente caratterizzazione. La mia preferenza, tuttavia, va a un personaggio marginale, il maresciallo Padovan, che appare solo nel finale. Uno sprazzo di luce, sensibilità e intelligenza in una storia cupa, pervasa da cattiveria ed ignoranza. Grande capacità degli autori di far vivere i personaggi nelle pagine, accordandoli in una collettività. Però su tutte, per me che non ho avuto la fortuna di conoscere nessuno dei due nonni, è nonno Cestilio. Il rapporto tra nonno e nipote è ricco, straordinario, molto toccante. La sua pipa, la sua tosse scrosciante, i suoi pasti pesanti e i polmoni malandati, ma soprattutto la calda umanità del suo sapere, la forza indelebile dei suoi insegnamenti, il suo passato raccontato al nipote. Un piccolo grande personaggio pieno di poesia.

8. Il personaggio meno azzeccato

Il padre di Vittorio, il protagonista principale e voce narrante. Mentre ho trovato tutti gli altri personaggi del romanzo ben delineati, ho faticato a dare una connotazione precisa all’atteggiamento di questo padre troppo severo senza un perché. La madre di Ercole e Narciso. Volutamente in sordina, perché raccontarla per intero avrebbe voluto dire dedicarle il romanzo, ma con alcuni tratti da approfondire, e che restano inspiegabili al lettore.

9 La fine è…

Nostalgica e commovente. Fare i conti con il passato non è mai facile, se poi questo passato è stato segnato da una tragedia e un “mistero”, che accompagnano la scomparsa del proprio mondo, non può che essere doloroso, invece ecco il bianco dopo il cerchio sospeso della copertina, si può sempre tornare bambini e riconquistare la capacità di guardare al mondo in un certo mondo. La conclusione è il suggello della bravura straordinaria di Mario Pistacchio e Laura Toffanello.

10. A chi lo consiglieresti?

A tutti perché L’estate del cane bambino è una storia di facile lettura, una vicenda buia ma realistica, lo spaccato di un’Italia di paese, lontana ma non troppo, perché il male, sfortunatamente, non conosce tempo. Non passa giorno che non consigli “L’estate del cane bambino”. A tutti, ovviamente.

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