Kevin Kelly
Questo straordinario articolo di Kevin Kelly, per la prima volta in traduzione italiana, merita un posto d'onore fra i "classici" di Estropico. Purtroppo, al momento, non posso pubblicarlo su Estropico.org, causa problemi tecnici, ma e' un peccato aspettare, per cui comincio col presentarlo sul blog.
Kevin Kelly L'Estropia L'estropia non è né un'onda né una particella, e neanche pura energia: è una forza immateriale che assomiglia molto all'informazione. Poiché l'estropia si definisce come un'entropia negativa (il contrario di disordine), deve rappresentare, per definizione, un aumento di ordine. Ma che cos'è l'ordine? Per quanto il significato possa sembrare intuitivo, non ne abbiamo una definizione operativa che ci soddisfi, per quanto sappiamo che è legato in qualche misura alla complessità (vedi Ordained Becoming).
Per i sistemi fisici più semplici, bastano i concetti della termodinamica, ma non abbiamo un metodo efficace per indicare l'estropia nel mondo reale, quello fatto di pomodori, cervelli, libri, camion automatizzati: il meglio che possiamo fare è dire che l'estropia assomiglia, ma non è equivalente, all'informazione. E il motivo per cui non la possiamo descrivere esattamente in termini riferiti all'informazione è che, in fondo, l'informazione non sappiamo cosa sia. Con “informazione” indichiamo alcuni concetti contraddittori, che meriterebbero ciascuno una parola a sé: comunemente intendiamo difatti: 1) una certa quantità di dati; 2) un impulso significativo, un segnale. Quando l'entropia aumenta, produce “più informazione” nel senso di più dati. Ma se l'entropia decresce, cioè se avviene un aumento di estropia (entropia negativa), allora si ha nuovamente un “aumento di informazione”, ma stavolta nella seconda accezione, cioè quella di avere dati più strutturati e significativi. Finché non faremo chiarezza sul nostro linguaggio, il termine informazione sarà più che altro una metafora. Io qui cercherò di usarlo nella sua seconda accezione (non sempre con efficacia): come dati, come bit che fanno una differenza.
Complicando le cose ancora un po', possiamo dire che l'informazione è la metafora dominante del nostro periodo storico. Per interpretare i misteri che circondano la vita tendiamo infatti ad affidarci a una serie di immagini suggerite dal sistema più complesso di cui siamo a conoscenza in una data epoca: un tempo la natura veniva rappresentata come un corpo; poi, scoperti gli orologi, come un orologio, finché, nell'era industriale, la natura è diventata una macchina.
Ora che siamo nell'”era digitale”, utilizziamo di solito la metafora del calcolatore (v. The computational metaphore). Vale a dire, per descrivere il funzionamento della nostra mente, o dell'evoluzione, ci affidiamo all'immagine di un potente software che elabora pezzi di informazione, bit. Nessuna di queste metafore storiche è sbagliata – è solo incompleta, e questo vale anche per quella attuale, basata sul calcolo e sull'informazione.Ma l'estropia deve essere qualcosa di più di questo. Ci aspettano ancora migliaia di anni di scoperte scientifiche, e non è realistico pensare che l'informazione e il calcolo siano l'entità immateriale più complessa in assoluto: sono solo la più complessa che abbiamo scoperto finora. Un giorno, potremmo scoprire che l'estropia comprende anche la dinamica quantistica, o la gravità, o anche la gravità quantistica. Ma per adesso, per afferrare la natura dell'estropia l'analogia migliore che abbiamo è quella dell'informazione (nel senso di struttura). Ulteriore conoscenza finirà per rivelare uno schema ancora più ampio.
Agli inizi, l'universo era dominato dall'energia. Tutto era un un gigantesco bagliore finché gradualmente, mentre lo spazio si espandeva e si raffreddava, la materia prese il sopravvento. Era qualcosa di grumoso, distribuito in maniera diseguale, ma dalla sua cristallizzazione nacque la gravità, una delle forze che dà forma allo spazio. Più tardi, nella nostra piccola porzione di universo, l'informazione acquisì ulteriore importanza con il gran balzo avanti rappresentato dalla vita. Questo complicato processo, basato sull'informazione, assunse il controllo dell'atmosfera della Terra alcuni miliardi di anni fa, e ora il technium, un processo basato anch'esso sull'informazione, la sta conquistando a sua volta. L'ascesa dell'estropia nell'universo, vista dal nostro pianeta, potrebbe apparire come questo grafico, dove E=energia, M=massa, e I=informazione.
L'estropia non avanza soltanto attraverso la smaterializzazione; un altro trionfo dell'immaterialità è l'abilità del technium di comprimere le informazioni all'interno di strutture altamente sofisticate. A cominciare da Newton, per esempio, la scienza è stata capace di astrarre imponenti quantità di dati empirici in una formula semplicissima come F=ma. Einstein, nell'identico modo, ha racchiuso un'enorme mole di osservazioni in un contenitore altrettanto condensato: E=mc². In definitiva, si può dire che ogni teoria scientifica consiste in una compressione di informazioni; in questo senso, le nostre biblioteche stracolme di cataste di articoli peer-reviewed, con indicizzazioni incrociate, traboccanti equazioni e pieni di annotazioni, sono grandi miniere di informazioni concentrate L'estropia, auto-organizzando l'universo in strutture sempre più complesse, con sempre maggiore astrazione e più compressione di informazioni, travalica le costrizioni del mondo materiale. La curva dell'estropia è una lenta, ma irreversibile, liberazione dagli imperativi di materia ed energia: spostando il dominio verso processi basati sull'informazione come evoluzione, apprendimento, e invenzione, dà sfogo all'intangibile e all'immateriale. Quello che la gente, comunemente, ammira nelle cose viventi è la loro essenza fatta di ordine e informazione; il concetto di informazione, d'altronde, è abbastanza vago da essere simile a un'idea di “spirito”, di anima. Ma se la mia ipotesi è vera (che cioè la vita sia uno dei passi di un lungo cammino verso un ordine autonomo, iniziato 14 miliardi di anni fa, e che adesso procede nelle macchine prodotte dalla tecnologia) allora questo stesso “spirito” deve risiedere anche nel cuore del mondo non vivente. Non ne sarà forse la componente dominante, ma l'informazione deve risiedere nell'essenza stessa della materia. Dire questo è molto meno intuitivo; in effetti, se diamo una ginocchiata su una gamba del tavolo, il primo pensiero che ci viene in mente non è proprio quello di essere incappati nel mondo dell'informazione. Eppure, è proprio questa l'idea che alcuni fisici stanno formulando. Dopo aver costruito potenti strumenti per esaminare la materia al di sotto del livello degli sfuggenti quark, gli scienziati constatarono che il mondo era qualcosa di incorporeo; la materia appariva, in definitiva, un amalgama di spazio vuoto e di onde di quantiche incertezze. L'esistenza di una particella è un campo continuo di probabilità, dove la netta distinzione tra essere/non essere è in realtà sfumata. Eppure, questa incertezza fondamentale si dissolve non appena aggiungiamo l'informazione (o meglio, non appena questa viene misurata); al momento della conoscenza, infatti, ogni altra possibilità collassa, per lasciare soltanto uno stato univoco: “esiste” oppure “non esiste”. In realtà, il termine “quanto” suggerisce un regno indefinito che si riduce costantemente a due elementi discreti, precisamente gli stati “sì” o “no” (0 o 1). Il dualismo onda-particella, così come ogni altra cosa nell'universo, non è fatto di altro che logica binaria. Il fisico John Archibald Wheeler (colui che ha coniato il termine “buco nero”) asseriva che, in sintesi, gli atomi sono fatti di sequenze di 1 e di 0. In una conferenza nel 1989 coniò anche un gioco di parole per esprimere il concetto, “its from bits”, le cose vengono dai bit. “Ogni entità” argomentava, “ogni particella, ogni campo di forze, anche lo stesso continuum dello spazio-tempo , deriva la sua funzione, il suo significato, la sua intima esistenza unicamente da scelte binarie, da bit”. Tutto il movimento, tutte le azioni, i nomi, le funzioni, gli stati, tutto ciò che vediamo, sentiamo, misuriamo e proviamo sono sofisticate cattedrali costruite su cifre binarie. Dopo aver raschiato via tutti gli gli ornamenti superficiali, ciò che rimane dell'“entità primordiale” è lo stato più puro dell'esistenza: qui/non qui, sono/non sono. Nell'Antico Testamento, quando Mosè chiede al Creatore “Chi sei?” l'Essere risponde, in effetti, “Io sono solui che sono”. Un bit: sì. Uno. Esisto. È la più semplice affermazione possibile. Tutta la creazione è costituita da irriducibili bit; sono come gli “atomi” della Grecia classica, cioè il più piccolo fra i costituenti di ciò che esiste. Ma questi nuovi atomi digitali non sono solo la base della materia, come pensavano i Greci, ma anche dell'energia, del movimento, della mente e della vita - di ogni cosa che esiste! Il movimento, l'energia, la gravità, la materia oscura e l'antimateria sono circuiti eleborati di decisioni 1/0. Ogni montagna, ogni stella, ogni possibile traiettoria di volo di una palla lanciata, la più piccola delle salamandre o una zecca della foresta, come ogni pensiero nella nostra mente, è una rete di “sì e no” elementari intessuti insieme. Wheeler aggiunge “Quello che chiamiamo realtà consiste, in ultima analisi, in domande a risposta chiusa, 'sì o no'”. Sotto questa nuova prospettiva, quando due atomi di idrogeno e uno di ossigeno si legano a formare una molecola d'acqua, ogni idrogeno usa processi quantici per decidere “sì o no” riguardo ai possibili percorsi verso l'atomo di ossigeno, finché non arrivano all'angolo di unione ottimale di 104,45 gradi. È così che i legami chimici vengono “calcolati”; il calcolo è il muscolo dell'estropia. Il calcolo è un tipo di auto-organizzazione in grado di trattare contemporaneamente questi bit di informazione come un giocoliere, e di manipolarli. In silenzio, con una piccola quantità di energia, riorganizza infatti i simboliin un ordine più grande. Mentre l'input è fatto di energia e informazione, l'output è fatto di ordine, struttura, estropia. Il risultato finale di un calcolo “materiale” (effettuato dalla materia) è quindi un segnale che fa la differenza – ed è una differenza che si può sentire, proprio come un ginocchio contuso. Danny Hillis, autore del libro The pattern on the Stone [1], che spiega la formidabile natura del calcolo, la mette così: “Il calcolo è un processo che forse si potrebbe chiamare ilprocesso. (…) Ha un carattere quasi mistico, perché sembra avere qualche profonda relazione con l'ordine che sottostà a tutto l'universo. Quale sia esattamente la relazione, non possiamo dirlo – almeno per ora”. C'è anche un’ipotesi, anche se nessuno l'ha ancora provata: che l'auto-organizzazione della vita possa risiedere proprio nel calcolo. Se l'essenza della creazione è un bit allora la gravità, così come la velocità della luce, i bosoni di Higgs, la relatività, l'evoluzione, la meccanica quantistica, le emozioni umane e i nostri pensieri di questo momento, tutto è un unico cumulo di bit piegati, fittamente avvolti e intersecati tra loro. Ogni fenomeno avrebbe bisogno di una spiegazione computazionale, “sì” e “no”. Al momento siamo lontanissimi dall'avere una teoria unificata del tutto espressa nei termini di un linguaggio binario, ma nondimeno abbiamo qualche serio indizio che il processo del calcolo possa stare proprio al centro del problema. La nostra riscoperta della potenza della computazione poggia su tre supposizioni. Secondo la prima di queste supposizioni, il calcolo può descrivere tutte le cose. Oggi, gli informatici sono in grado di racchiudere ogni argomento logico, equazione scientifica o opera letteraria di cui siamo a conoscenza nella notazione basilare del calcolo. L'avvento dell'elaborazione numerica dei segnali ci ha reso possibile registrare in formato digitale anche i video, la musica e l'arte – c'è un forte dibattito su quanto dell'arte possa essere ridotta in forma di bit, ma sicuramente una parte consistente. Neanche l'emozione è immune a tutto ciò: a titolo di esempio, al Massachusetts Institute of Technology la ricercatrice Cynthia Breazeal ha costruito Kismet, un robot calcolatore che in risposta ad azioni umane dà prova di sentimenti primitivi. In maniera meno controversa, le creazioni formali della matematica, della musica e del linguaggio possono essere espresse in un buon programma per computer. La seconda supposizione, invece, ci suggerisce che tutte le cose siano in grado di fare calcoli. Sorprendentemente, quasi ogni tipo di materiale può funzionare, in un certo senso, come l'hardware di un computer: prendiamo il cervello umano, ad esempio, che nonostante sia fatto prevalentemente di acqua sa calcolare piuttosto bene. Ma la stessa cosa si può dire per oggetti semplici come dei lacci o dei bastoncini: nel 1975 il già citato Danny Hillis, che allora era uno studente universitario, costruì un calcolatore digitale a partire dai semplicissimi pezzi del gioco Tinkertoy (un gioco per costruzioni simile al nostro Meccano - NdT). Nel 2000, invece, Hillis progettò un computer binario fatto soltanto di acciaio e leghe indurite, azionato indirettamente dai muscoli umani. Questo attrezzo, che si muove alquanto lentamente, calcola il tempo: è un orologio le cui lancette, nell'intenzione del suo creatore, correranno per 10.000 anni. Lui non l'ha fatto, ma Hillis è sicuro che volendo sarebbe in grado di costruire un computer con tubature e pompe. Recentemente, gli scienziati hanno usato, per operare dei calcoli, anche particelle quantistiche e piccoli filamenti di DNA, e in moltissimi altri sistemi complessi è stata osservata una qualche capacità computazionale. Per la terza supposizione, invece, tutto il calcolo è unico. Nel 1937, Alan Turing e Alonso Church dimostrarono un teorema che ora porta i loro nomi, la Tesi di Turing-Church. Secondo questa tesi, ogni forma di calcolo, eseguita da un calcolatore che abbia accesso a una quantità infinita di memoria, può essere eseguita anche da una qualsiasi altra macchina calcolatrice con memoria infinita, indipendentemente dalla sua configurazione. Cioè, un computer può fare qualsiasi cosa sappia fare un altro computer. È per questo che il vostro Mac, con un software adeguato, può far finta di essere un PC, o persino un lentissimo supercomputer, se ha una memoria sufficiente; o se preferite, un portatile Dell potrebbe emulare un iPhone. Per dirla con altre parole, tutto il calcolo è equivalente. Per questo Turing e Church hanno parlato di calcolo universale. Il matematico Stephen Wolfram si è spinto ancora oltre: ha suggerito che molti dei processi biologici e tecnologici più complessi sono, di base, computazionalmente equivalenti. Vale a dire, dal punto di vista dei matematici la fisica di una persona che mastica una banana è equivalente alla migliore possibile simulazione virtuale dello stesso atto. Entrambi i fenomeni richiedono lo stesso grado di “calcolo universale”, uno sotto forma di particelle, uno in termini elettronici. La conseguenza di queste tre proposizioni (che il calcolo sia universale, ubiquo ed equivalente) suggerisce che l'elaborazione logica dei bit è la forma di auto-organizzazione più potente che operi nell'universo. Se è vero che non tutta l'auto-organizzazione raggiunge la soglia del calcolo, è vero anche che il calcolo universale può potenzialmente erompere ovunque. Attualmente molti ricercatori stanno indagando su come se la cava il calcolo su scala quantistica; ci si chiede anche se il calcolo quantistico possa essere alla base della coscienza umana. La questione è ovviamente ancora aperta, ma bisogna anche considerare che queste tre supposizioni potrebbero portarsi con sé un corollario a dir poco sinistro: se ogni cosa è in grado di contare, e se tutto il calcolo è equivalente, allora esiste un solo e unico calcolatore universale. Tutto il calcolo umano, e ancor di più il nostro piccolo e malfermo PC, non farebbero cioè altro che essere trascinati come in una giostra, su e giù per i cicli del Grande Calcolatore, meglio noto come Universo. A nessuno fa piacere vedersi come il programma di qualcun altro sul computer di qualcun altro; messa così, la vita sembra uno scarto, un prodotto di seconda mano. Ma secondo la concezione del calcolo universale, tutte le cose esistenti (quelle che vengono costruite, quelle che nascono e quelle che c'erano già) sono legate l'una all'altra. Esse condividono infatti, per dirla con John Wheeler, “nel profondo, nel più profondo, in quasi ogni cosa, una sorgente immateriale”. Questa entità comune, di cui parlavano i mistici di molte fedi con parole diverse, ha anche un nome scientifico: informazione, calcolo, estropia. Nel cuore della strabiliante complessità che ammiriamo in questa parte dell'universo c'è un flusso di bit intangibili; la tendenza ad avere sempre più ordine, diversità e intelligenza nel corso del tempo, cominciata 14 miliardi di anni fa e adesso in accelerazione, è guidata dalla struttura sempre più vasta dell'informazione. Essa viene compressa, calcolata, ridisposta su strati, e sollevata a nuovi livelli. Questa auto-organizzazione emergente è una qualità immateriale che nasce dalla fisica e che continua a progredire, a dispetto dell'aumento dell'entropia. E questa lunghissima traiettoria – dall'inizio dei tempi fino a oggi – è la curva dell'estropia. Note: [1] W. Damien Hillis: The Pattern On The Stone: The Simple Ideas That Make Computers Work (Science Masters) Basic Books Paperback – 1999 (NdT)
Traduzione di Marco Ranocchiari ( email:marco.ranocchiari@gmail.com) Versione originale: http://kk.org/thetechnium/extropy/