Prima di iniziare il suo quotidiano lavoro come editor alla Simon & Schuster a New York. E in un certo senso questa prima informazione che si riceve nella quarta di copertina secondo me è importante già per capire il resto. La prima cosa che ho pensato infatti leggendo è che questo romanzo assomiglia a una corsa contro il tempo e lo spazio. A una sfida, anche.
Tutta la storia risponde a una tanto semplice quanto astrusa domanda: cosa succederebbe se la terra rallentasse?
Che domande, verrebbe da dire. E la tentazione sarebbe quella quindi di accomodarsi, come lettori intendo, nella rassicurante area di un genere, quello delle distopie (young adult) e il libro perderebbe forse un po' del suo mistero.
Invece la particolarità di L'età dei miracoli è proprio quella di partire docilmente da questa base circoscrivibile e superarne poi pian piano le barriere, per diventare qualcosa di unico.
Qualcosa di simile a un diamante: preciso e perfetto in ogni suo dettaglio ma dotato anche di un forte valore emotivo, di un significato, di un impatto affettivo e immaginifico.
Cosa succederebbe quindi se la terra alterasse il suo ritmo di rotazione?
"I lanciatori di baseball constatarono che le palle non volavano più così lontano come prima, i battitori di fuoricampo andarono in crisi perché non riuscivano a segnare punti. Trovavo sempre più difficile calciare una palla lungo il campo da calcio. I piloti dovettero imparare di nuovo a volare. Ogni cosa che cadeva a terra cadeva in maniera più rapida".
Non è a ben pensarci una domanda così scontata allora. Leggere questa storia durante le ultime ondate micidiali di calore (Lucifero & co.) ad esempio è stato un po' straniante. La domanda da farsi in quei giorni era: cosa succederebbe se davvero la terra si surriscaldasse, se davvero il clima stesse cambiando? Cosa faremmo, come ci comporteremmo? Per il momento la mia idea era di acquistare un bel giorno un benedetto e banalissimo condizionatore per la mia casa, ma se le cose cambiassero ulteriormente, se peggiorassero? Notavo man mano strane corrispondenze con la vita vera. E l'emergere sempre più evidente di una parola: il cambiamento.
"Eravamo alla scuola media, l'età dei miracoli, quando i ragazzi crescono di botto di dieci centimetri durante l'estate, i seni sbocciano dal nulla e le voci si abbassano e scendono in picchiata".
Ed ecco qual è l'età dei miracoli. Nel romanzo, è l'adolescenza di Julia che esplode proprio durante questo enorme ma insidioso cataclisma naturale e ne segue in un certo senso la danza fatta di oscurità e luci abbaglianti, con tutte le precipitazioni e le scoperte sbalorditive del caso.
Ma alla fine il cambiamento che vive Julia nel libro, la scoperta dell'amore, del dolore, della paura e della felicità e della crescita non è molto diverso dai continui cambiamenti di qualsiasi tipo cui siamo esposti tutti, anche da adulti, in ogni singolo istante della nostra vita. Il pianeta cambia continuamente, la vegetazione anche, come noi persone, i nostri pensieri e il nostro corpo. Anche io non sono più la stessa che ha iniziato a scrivere questo post.
Ecco: il romanzo di Karen Thompson Walker ha il dono di mettere in contatto con questa potentissima consapevolezza che non deve però a mio parere renderci più fragili, ma magari più fatalisti e più osservatori. In attesa del prossimo lavoro di questa bravissima editor che insegue il tempo, delinea il cambiamento ed esplora così bene l'animo umano. Inoltre, ci tengo a dirlo, la traduzione di Silvia Stramenga è molto accurata e rende proprio giustizia a uno stile di scrittura letterario e rispettoso del lettore.