La nuova visione estetica, in Italia trovò applicazioni teoriche e pratiche più diversificate e diffuse. Se ne fece promotore un gruppo di intellettuali ed artisti gravitanti attorno alla rivista Valori Plastici, edita dal 1918 al 1922, che già dai primi numeri, con interventi dei fratelli De Chirico, di Carrà e di Morandi, decise di indirizzarsi verso una riscoperta del classico, reinterpretato in chiave contemporanea, seguendo il sentiero della pittura metafisica che Giorgio De Chirico aveva aperto già da alcuni anni. Partendo da questi presupposti, la critica d’arte Margherita Sarfatti, in stretti rapporti con Mussolini, coordinò un movimento artistico denominato Novecento che coinvolse, oltre agli artisti di Valori Plastici, pittori come Severini, Casorati e Sironi, letterati come Bontempelli, architetti come Muzio e Giò Ponti. Da questo movimento si generarono stili diversi, tra classicismo e arte popolare, realismo magico e razionalismo, modernismo e tradizione. Il regime italiano – come più tardi quello sovietico e quello tedesco – favorì gli aspetti più funzionali all’estetica della sua politica per farne strumento di propaganda. Questo complesso movimento trans-nazionale è passato alla storia dell’arte come Ritorno all’ordine (Rappel a l’ordre in francese).
Ad ogni buon conto, il rapporto tra avanguardie storiche e Ritorno all’ordine sintetizza in maniera esemplare la dicotomia nietzscheana tra dionisiaco e apollineo. Quanto avvenuto negli anni venti non è altro che una replica radicalizzata dei ciclici avvicendamenti di stili manifestatisi nel corso della storia dell’arte. Sotto questa luce, il Romanico rappresentò un ritorno all’ordine rispetto all’arte barbarica; l’Umanesimo rispetto al Gotico; il Neoclassico rispetto al Barocco; il Realismo rispetto al Romanticismo. E’ l’eterno conflitto tra estro e razionalità che deve trovare il suo bilanciamento; ad un periodo dominato da uno dei due aspetti deve necessariamente far seguito uno in cui è preponderante l’altro aspetto.