L'etica nelle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione

Creato il 14 aprile 2011 da Idl3

L'etica nelle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione

Ormai le nostre stanno diventando delle societa' dell'informazione, con la sempre maggiore diffusione delle nuove tecnologie telematiche e dall'affermarsi dell'informatica, cosi' noi diventiamo dei cittadini digitali. In questa euforia la digital inclusion diventa un obiettivo irrinunciabile, per raggiungere il quale vengono messe in atto delle attivita' volte ad incrementare il numero di persone che possono usare la tecnologia digitale. Dando per scontato il loro effetto positivo, siccome servono a raggiungere l'obiettivo dell'inclusione digitale.


In questo modo pero' l'immediata utilita' pratica giustifica ogni azione, senza valutare l'impatto da un punto di vista etico della liberta' e della responsabilita'. Se non manteniamo centrali questi temi etici nella societa' dell'informazione, che tipo di mondo digitale verra' realizzato?

L'etica nella societa' dell'informazione

Capisco possa sembrare un argomento da guastafeste rompiscatole, ma si tratta di un tema molto importante. L'informazione digitale e le tecnologie di comunicazione offrono, a chi le usa, l'opportunita' di conquistare maggiore liberta', ma contemporaneamente presentano anche il rischio di toglierci la liberta', con la sorveglianza, il controllo e la censura. La societa' dell'informazione e l'inclusione digitale non sono necessariamente una buona cosa, dipende da come vengono utilizzati questi strumenti. Per questo e' molto importante l'esistenza di un'etica. Ricordate le tre leggi della robotica di Isaac Asimov? La prima legge recitava:

"Un robot non puo' recar danno a un essere umano"

Ebbene, in questa era del cittadino digitale, in qui quotidianamente abbiamo a che fare con le tecnologie dell'informazione, rischiamo di venire privati della liberta', in cambio di un non meglio precisato vantaggio solo momentaneo.
Si tratta di un problema non piu' rimandabile, perche' col rapido aumento dell'interazione uomo-tecnologia, la cittadinanza digitale e' ormai gia' un dato di fatto, e questa interazione solleva dei dilemmi etici che non trovano risposta (o che potrebbero trovare le risposte sbagliate). Non si tratta solo dei problemi della privacy (seppur seri), si tratta di un cambiamento culturale, sociale e comportamentale in atto. Tutte le forme di interazione virtuale - sia quelle uomo-tecnologia-uomo come i social network, sia quelle uomo-tecnologia come i motori di ricerca - influenzano la nostra personalita', il nostro modo di pensare, di agire, di scegliere e di relazionarci. Cambiano le nostre abitudini e il nostro modo di vivere. Per quanto ci piaccia pensare alla tecnologia come "neutrale", in realta' non lo e', e non puo' esserlo, l'uso che facciamo della tecnologia determina quello che pensiamo e come agiamo. Se e' vero che la tecnologia non e' neutrale, nel senso che influenza chi le usa, e' anche vero che la tecnologia e' solo uno strumento, e se gli effetti saranno positivi o negativi non dipende dagli strumenti, ma dalla loro applicazione.

E' vero che la societa' e' mutata, ma non sono cambiate le questioni etiche, e se da un lato la tecnologia rappresenta una grande opportunita', dall'altro aumenta il rischio di un danno potenziale.

I rischi

Sull'argomento Richard Stallman ha scritto "Is Digital Inclusion A Good Thing? How Can We Make Sure It Is?", nel quale individua sei principali ostacoli alla liberta' dell'utente: sorveglianza, censura, software proprietario, formati chiusi, SaaS e imposizione del copyright. Le azioni volte all'inclusione digitale devono tener conto di questi fattori di rischio. In questo mondo "globalizzato" non ci sono Paesi immuni da queste minacce.
Tutte quelle minacce hanno una cosa in comune, tolgono il controllo all'utente, che, volontariamente od obbligatoriamente, delega a qualcun altro. Cosi' succede con la sorveglianza, in cui deleghiamo la nostra sicurezza allo Stato, che ne approfitta per mettere in piedi un imponente apparato di sorveglianza. Con la scusa che e' necessario per la nostra sicurezza. Avviene per la censura, con la quale Governi e imprese limitano la nostra liberta' assicurandoci che lo fanno per il nostro bene. E non si tratta solo di Governi dittatoriali, ma anche di democrazie, cosi' ad esempio leggiamo e sentiamo le dichiarazioni di ipocriti portabandiera della liberta' di Internet, cosa che poi porta a strane conseguenze, come quelle di vedere la Cina accusare gli USA di non rispettare i diritti di liberta' su Internet, e la cosa triste e' che e' vero. Anche nel caso di software proprietario, DRM e ogni restrizione alle 4 liberta' del software libero, stiamo rinunciando alla nostra liberta' o a una parte di essa per un po' di comodita', facilita', per non fare sacrifici ne' sforzi. Ma di questo ho gia' scritto ("Possibilita', scelte e cambiamento"). Poi ci sono i formati chiusi, vi rimando a un documento esterno per leggere perche' usare formati aperti. Il Software as a Service e' il nuovo strumento, col quale inviamo i nostri dati ad un server che non controlliamo. Sull'argomento ho gia scritto fin troppo ("La privacy sacrificata sull'altare della comodita' (e della politica)" e "Cloud computing, servizi gratis e l'utente nella gabbia dorata"). Possiamo sperare che qualunque cosa accada, qualunque pressione interna o esterna possano ricevere queste societa' per censurare o controllare i nostri contenuti e i nostri dati si schiereranno dalla nostra parte. Ma non succede sempre cosi'. Infine, riguardo il copyright e il rischio per la liberta' di condividere, ho scritto altre volte ("Don't feed the leeches" e "Software libero e risorse comuni") e a quegli articoli rimando chi fosse interessato.

Le opportunita'

Come impedire dunque ai rischi descritti sopra di rendere un incubo la societa' dell'informazione? Occorre che ciascuno di noi si riappropri del proprio diritto all'autodeterminazione, rinunciando a un po' delle comodita' a cui ormai siamo abituati, riconquisti la liberta' assumendosi le proprie responsabilita'. Individui liberi che si assumono le proprie responsabilita', questo e' il solo modo per portare l'etica nella societa' dell'informazione.
O forse ci aspettiamo che siano le imprese a sottoscrivere dei codici di autoregolamentazione per la responsabilita' sociale. E per quanto riguarda i governi, magari pensiamo che i loro valori etici siano sufficienti. Chi non e' tanto ingenuo da pensarlo sa che occorre che le cose cambino, ma le persone sono troppo egoiste, stupide e svogliate. Ma e' veramente cosi'?

L'apatia

Qualche giorno fa ho visto un interessante video ("The antidote to apathy"), nel quale Dave Meslin dice che non e' vero che le persone sono disinteressate e che le cose non cambiano perche' le persone sono troppo egoiste, stupide o svogliate per cercare di cambiare le cose. Il fatto e' che esistono sette barriere, sette grandi ostacoli che rendono troppo difficile per le singole persone impegnarsi attivamente nelle comunita' locali per cambiare le cose. Dave Meslin individua questi ostacoli in:

  • Municipio: le comunicazioni fatte dal Municipio sono brutte e difficili da leggere, le informazioni di cui abbiamo bisogno sono difficili da trovare e ancor piu' difficili da trovare sono i modi tramite i quali possiamo esprimere la nostra opinione (occorre trasparenza).
  • Spazio pubblico: la liberta' di espressione ha un prezzo, chi puo' permetterselo puo' mettere annunci sui muri della citta' (occorrono spazi liberi in cui poter esercitare la liberta' di espressione).
  • I media: quando i media parlano o scrivono di questioni politiche non danno informazioni su come contattare i politici interessati o come il cittadino puo' farsi coinvolgere nella questione (servono dei media che facciano veramente informazione e che siano dei "cani da guardia").
  • Eroi: il modo in cui la nostra societa' presenta gli eroi e' sbagliato, il coinvolgimento dell'eroe non e' volontario, l'eroe e' il prescelto, il predestinato. Cosi' il ruolo di leader non viene visto come dettato dalla scelta di chi vuole ricoprire quel ruolo, ma caduto dall'alto, il leader non e' li per sua scelta, ma perche' e' speciale ed era cosi' destinato (servono volenterosi non prescelti o unti dal Signore).
  • Partiti politici: i partiti si concentrano solo sui sondaggi elettorali e sui gruppi di potere, ci dicono quello che noi vogliamo ascoltare e non presentano idee innovative (meno populismo e piu' scelte innovative e coraggiose).
  • [...]
  • Le elezioni: se il sistema elettorale non permette a chi vota di scegliere chi governera', le persone saranno scoraggiate a votare (serve un sistema elettorale che incentivi la partecipazione sia attiva sia come elettori sia come candidati alle elezioni).

Se pensiamo che le persone siano egoiste, stupide e svogliate, non c'e' speranza, ma se ridefiniamo questa apatia e lo consideriamo come un problema dovuto a un insieme di barriere, allora possiamo identificare questi ostacoli e smantellarli. Cosi' che tutto diventi possibile.

Cambiare le cose

Risolto il problema dell'apatia, si puo' lavorare attivamente per cambiare le cose. Occorrerebbero delle modifiche di legge per proteggere le liberta' digitali, per limitare la raccolta e la conservazione di informazioni su qualsiasi persona, per impedire la censura, per far usare al settore pubblico solo software libero e formati standard aperti. E le scuole dovrebbero insegnare la bellezza del software libero, i suoi valori e l'importanza del condividere, scrivere e sviluppare software libero ("Lasciate che i bambini vengano a GNU"). Non dovrebbe essere consentita l'applicazione dei brevetti sui software, ne' l'uso dei DRM.
Per realizzare tutto questo occorre che diventiamo dei cittadini digitali attivi. Agendo singolarmente: rifiutando di utilizzare software e servizi che limitano la nostra liberta', prendendo gli accorgimenti necessari per non rinunciare facilmente alla nostra privacy ed evitando di acquistare prodotti tecnologici che implementano i DRM; e collettivamente: partecipando alle campagne contro la censura e la sorveglianza ("Electronic Frontier Foundation"), contro i brevetti software ("End Software Patents" e "League for Programming Freedom"), contro i DRM ("DefectiveByDesign.org"), per chiedere l'abolizione dei formati chiusi dal settore pubblico (Debianizzati.org) e per una rete piu' libera ("FreedomBox").


Solo se i cittadini digitali saranno individui liberi e responsabili potremmo dire di aver portato l'etica nella societa' dell'informazione, altrimenti saremmo solo una massa di schiavi, piu' o meno inconsapevoli, delle tecnologie.


Approfondimenti:


Pubblicato il 14/04/2011 ^


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