Non si tratta di un parere isolato, perché Bofinger fa parte del Deutsche Gesellschaft
für Auswärtige Politik, ovvero del consiglio tedesco per la politica estera e del Sachverstaendigenrat fur wirtschaft , ossia del consiglio degli esperti di economia ( qualcosa di molto diverso dalla traduzione inglese come “tavolo di consulenti” alla quale siamo imprigionati per servilismo linguistico) molto ascoltato dal governo e in particolare dal ministro delle finanze Schauble. Dunque non è il parere del primo che passa, né quello di un economista eretico visto che Bofinger, a parte qualche nuance keynesiana, fa parte a pieno titolo del mondo ideologico ordo liberista. Ma certo viene da chiedersi come mai questi illustri pareri così diversi da quelli di qualche anno fa, giungano adesso e come mai si stia pensando a un meccanismo tipo bail in bancario anche per le crisi sovrane dopo aver fatto fuoco e fiamme per creare e imporre un onerosissimo fondo ad hoc.
La risposta è semplice: si sente l’avvicinarsi di una nuova crisi o meglio un nuovo acuirsi della vecchia superata solo a forza di manipolazioni statistiche, di una nuova tempesta di tali dimensioni a cui è difficile che possano rispondere da soli Stati già fiaccati dalle vecchie crisi bancarie, privi di qualsiasi autonomia monetaria e di bilancio, la cui credibilità e consenso sono già stati profondamente scossi da anni di inutili e controproducenti riforme antipopolari. Perciò si pensa come ultima spiaggia di saccheggiare il risparmio privato. Certo l’idea ha cominciato ad accelerare da quando si è capito che la Grecia è ormai ingovernabile e che il Portogallo è entrato in una nuova spirale di diminuzione di Pil e aumento dello spread che escludono la possibilità di una restituzione del debito. Si tratta di un 10 per cento scarso dell’economia europea: non sarebbe un problema irresolubile se non fosse per i segnali che denunciano un nuovo armageddon a partire proprio dagli Usa dove si dava ormai per scontato il superamento della crisi. Ora però si scopre che i dati sull’occupazione sono di fatto fasulli, che la domanda aggregata ristagna, che i profitti delle maggiori corporation è in calo, che si è instaurato un trend negativo di investimenti e ordinativi in presenza di livelli indebitamento molto alti, favoriti dai vari quantitative easing e dall’aumento esponenziale dei crediti inesigibili. E tutto questo senza che la crescita in altre parti del mondo, Cina in particolare, possa più tamponare queste situazioni.
Non ci vuole molto a capire che gli Usa, stretti nella morsa tra il costo del denaro in aumento per evitare la dedollarizzazione in vaste aree del pianeta e dunque la loro supremazia e il disastro interno di cui l’inedita campagna presidenziale è una manifestazione, tenteranno in ogni modo di scaricare la crisi all’esterno e sull’Europa in particolare, dove peraltro una borghesia cieca e mediocre si è completamente legata a un disegno di colonizzazione che ha il suo vertice nel Ttip. A questo punto l’euro diventerà un peso per tutti gli attori continentali, anche per quelli che ne hanno tratto un temporaneo vantaggio e ci si prepara a buttar via la zavorra.