Su Current (canale 130 di Sky) è andato in onda, l’appuntamento settimanale con Vanguard, la trasmissione dedicata alle inchieste off-limits di grande attualità. Davide Scalenghe ha condotto il viaggio televisivo nel lato oscuro dell’Europa, il lato dell’odio razziale.
Da Roma all’Ungheria, l’inchiesta si focalizza sui pregiudizi che colpiscono l’etnia Rom, indagando gli sconvolgimenti connessi all’identità etnica presente in l’Europa, in coincidenza di un periodo storico in cui pare predominare una società globalizzata ma, ancora pervasa di ripugnanza possente e antica. La popolazione dei Rom o “Gitani” è stanziata in diversi paesi del mondo. A seconda della fonte, essi vengono classificati in modi differenti, come minoranza etnica, nazionale, sociale, razziale, gruppo etnico, etc. Senza dubbio rappresentano la più numerosa e povera minoranza europea e la maggior parte (circa l’80%) risiede nei paesi ex comunisti dell’Europa centrale e orientale.
E’ utile ricordare come fu possibile, pochi decenni fa, la distruzione degli zingari nei campi di sterminio tedeschi e come al giorno d’oggi, continuino a subire atti discriminatori nella vita di tutti i giorni. Più recentemente proprio in casa nostra, la lunga operazione di sgombero a Roma, del campo nomadi Casilino 900, tra i più grandi insediamenti di questo tipo in tutta Europa. Le ruspe hanno tirato giù tutto. Più di 80 baracche, con quello che c’era dentro. Sedie, tavoli, mobili, tutto distrutto e ammassato in una montagna di rifiuti. Così è stato abbattuto il campo nomadi abusivo ed è scattato il trasferimento del gruppo di abitanti. Sui resti del campo un foglio di un comunicato stampa nel quale ancora si legge…i Rom vogliono vivere nella legalità sul suolo italiano ma, non hanno avuto garanzia dalle autorità italiane…Dopo circa 40 anni, 600 persone sono state costrette ad andare via, hanno raccolto le loro cose e assistito alla demolizione del campo. C’è rabbia e dolore tra molti di loro: ” Forse agli altri faceva schifo ma questa era la mia casa, la mia vita, quest’albero l’ho piantato io…” sono le parole di una ragazza Rom che calpesta i resti demoliti della sua abitazione. Il sindaco di Roma ha assicurato che alle persone che hanno lasciato queste strutture fatiscenti sarà offerta un’occasione di recupero e integrazione nella società “civile”. Dove vivono adesso è molto distante dalla città, tanti bambini hanno perso la scuola per colpa della distanza, ci sono telecamere di sorveglianza, guardie che li controllano, una situazione che presenta dinamiche da carcerazione e ghetizzazione. E’ questa l’integrazione che gli abbiamo promesso?
Da Roma l’obiettivo sulla realtà della cultura Rom si sposta direttamente in Ungheria, qui assume una piega diversa a partire da un radio nata e gestita da Rom e che diffonde la voce dei Rom per capire le radici della discriminazione. Le popolazioni Rom sono tradizionalmente bersaglio di pregiudizi etnici, nonostante gli sforzi compiuti dal governo ungherese volti a modificare gli strumenti legislativi in modo da renderli conformi agli standard europei e alla normativa internazionale per la promozione dell’eguaglianza. A Budaperst il razzismo è forte e lascia quest’etnia ai margini della vita sociale, sono vittime di atteggiamenti diffusi di discriminazione che avvengono in tutti i settori della vita pubblica e privata, compresi educazione, impiego, accesso ai servizi sociali, ai servizi sanitari e alle abitazioni. Vengono solitamente esclusi dalle autorità statali e dalla popolazione ungherese, i Rom hanno paura per il loro futuro, i partiti estremisti li considerano ladri specializzati e li costringono alla fuga. L’intolleranza ha raggiunto alti livelli e un sondaggio televisivo dimostra che il 95% della popolazione ungherese non vuole i Rom, che sono anche vittime della propaganda del partito di estrema destra Jobbik, con la sua ala paramilitare, la Guardia ungherese, che martella quotidianamente sulla “criminalità zingara” e propone di negare loro i diritti civili.
Dunque nonostante i chilometri, da Roma all’Ungheria le cose non sono tanto diverse, eppure a sentirli parlare anche loro vogliono una vita normale, vogliono vivere in condizioni migliori, sognano un futuro. Un desiderio che si scontra con la realtà e cozza contro la violenza e l’intolleranza che li considera delinquenti e giustifica in tal modo gli incendi e la serie di crimini che, nella maggioranza dei casi, li vedono protagonisti.
La convivenza pacifica, un miraggio? Un giorno forse non ci saranno più persone di serie A e di serie B, forse un giorno il mondo sarà migliore ed è così che ci piace immaginarlo. Nell’attesa sforziamoci di non peggiorarlo.