L'Europa è un'accozzaglia di mercati instabili

Creato il 24 febbraio 2016 da Lostilelibero
La legge di stabilità del Governo italiano è passata in maniera “condizionata” l’esame della “rigorosa” Commissione Europea. L’ok definitivo alle leggi di bilancio 2016 di Italia, Spagna, Austria e Lituania, viene così rimandato alla prossima primavera: come per uno studente poco ligio ai propri doveri, l’ammissibilità alla flessibilità richiesta dall’Italia su investimenti e riforme viene rimandata di qualche mese perché i professori dell’Ue vogliono vederci chiaro sulle potenzialità dell’esaminato. Da Bruxelles arriva quindi una promozione parziale, perché da quelle parti credono che l’Italia rischi pericolosamente di non rispettare il tetto di deficit previsto, con la conseguente incognita di non raggiungere l’autentico valore morale che presuppone l’Europa unita: il “pareggio di bilancio” (ormai si sa, per apostrofarla con de Benoist “l'Europa e la politica ancelle della finanza”).
Fin qui niente di nuovo, in sostanza l’Italia potrebbe non raggiungere i ragionieristici target posti quali indiscutibili moloch dall’Europa tecnocratica dei colletti bianchi mai eletti a nessuna latitudine. Tralasciando però la contingente cronaca, qui ci limiteremo invece a far funzionare, per una volta, il buon senso, convinti che proprio il buon senso sia l’unico rimedio contro l’imperante avanzata dell’irrazionalismo a tinte europeiste. Com’è possibile, ad esempio, chiamare col nome di “legge di stabilità” un qualcosa che non è ancora stabile e stabilito, dato che non ha ancora superato i duri criteri di conformità previsti dalla Commissione europea? La questione, apparentemente di lana caprina, non tocca solo aspetti retorici connessi all’infelicità terminologica.  Al netto dell’aspetto formale, la nozione che la vicenda suggerisce, è invece assolutamente concreta, ed esemplifica, benché sommariamente, il modus operandi di una “certa” burocrazia, smascherandone il sistema: essa non hanno alcun sistema! Della serie: io dovrei adottare misure economiche per dare stabilità al Paese e le adotto senza sapere se, effettivamente – sempre secondo gl’infallibili calcoli dell’UE – siano in grado di sortire quella “stabilità” tanto agognata. Com’è possibile ottenere “stabilità” da una riforma che, almeno sino alla sua formale approvazione, potrebbe essere cambiata in corso d’opera perché ci si è accorti che non potrebbe sortire l’effetto sperato (alias non soddisfa i criteri di valutazione europei = instabilità!)? Com’è possibile tirare avanti qualche mese con una legge il cui intento dovrebbe essere “la stabilità”, se quella stessa legge è invece illegittima e non conforme?  
Ma sì, facciamo passare un po’ di tempo – sembra affermare il Commissario per gli affari economici e monetari, Moscovici – e poi, con calma, valutiamo la bontà delle vostre riforme. Insomma, l’Ue, pur essendo la sovrastruttura politica-finanziaria più importante ed influente del Vecchio Continente, sembra comportarsi come quell’innamorato che si prende una pausa di riflessione. D’altronde, cosa dovremmo aspettarci da un’Unione Europea che non è stata eletta da nessuno; che rassomiglia ad un aggrovigliato pasticcio legislativo privo di una fondante Costituzione (non si è mai visto, a tal proposito, uno Stato che non avesse una Carta costituzionale capace di determinarne le fondamenta, i valori ed il senso…a meno che non si voglia credere che i “valori” dell’Europa unita siano quelli “finanziari” incarnati dal Trattato di Lisbona. Era meglio Napoleone!); che si è realizzata esclusivamente come un Leviatano mercantile, senza dotarsi prima di un’adeguata organizzazione politica.  Magari proprio per questa mancanza di “senso” e di direzione, si capisce forse bene dove si è formato il concetto di stabilità che sembra guidare le sorti europee. Frequentando la scuola ove il caos è sinonimo di organizzazione, nel luogo in cui gl’interessi particolari di ogni stato finiscono, altrettanto casualmente, per sostanziarsi in bizantinismi legislativi senza capo né coda. E così, nell’Europa che dovrebbe aver chiuso la disputa sugli universali qualche secolo fa, stabilità e instabilità possono essere persino la stessa cosa.  I termini, vuoti contenitori da riempire di senso, dipendono infatti sempre dal soggetto che li sostanzia, dal destinatario di quelle qualificazioni… ma in Occidente nessuno sembra ormai avere la benché minima idea di chi sia davvero il soggetto agente (il mercato?). Mentre si sa benissimo chi sono i sub-getti passivi - gli uomini, retrocessi velocemente a consumatori, gli stessi che hanno già perso la poco meritevole etichetta dicittadini ed elettori–.