di Cristiano Abbadessa
Dunque, dopo due anni di faticosa convivenza, l’assessore alla cultura Stefano Boeri è stato sollevato dal suo incarico, senza troppi riguardi, dal sindaco di Milano. Divergenze politiche e scarsa stima personale, di certo, fra Giuliano Pisapia e il Boeri stanno alla base dell’inevitabile epilogo; senza dimenticare le lotte interne al Pd. Non pensiamo certo, pur essendo stati tante volte critici nei confronti dell’assessore, di aver giocato un ruolo nell’esito. Ma, di sicuro, non abbiamo alcun motivo per dolercene.
Quel che ha fatto impressione, nella gestione di Boeri, è il suo essere, temo sinceramente e per naturale predisposizione, del tutto insensibile rispetto alla cultura diffusa e assente rispetto alle proposte non sufficientemente glamour. Quali siano stati i riferimenti dell’ex assessore, del resto, è ben testimoniato dall’appello in suo favore che, alla vigilia della defenestrazione, alcuni “bei nomi” milanesi hanno rivolto al sindaco; basta leggere i firmatari per vedere chi siano stati gli inerlocutori privilegiati di Boeri e capire perché noi non ci siamo mai sentiti rappresentati da questa gestione.
Mi ha fatto abbastanza impressione ascoltare, nel tg regionale di lunedì 18 marzo, le repliche che Stefano Boeri, in un’intervista amichevole e nelle intenzioni ben pilotata pro domo sua, ha opposto alle critiche del sindaco e del popolo. Fra le altre vi era quella di essere stato poco attento alle periferie, privilegiando i grandi eventi. E qui Boeri, sempre con l’aria di crederci, è caduto nel ridicolo quando, per smentire il suo disinteresse, ha opposto come esempio virtuoso il BookCity. Ora, a parte che sappiamo come questa rassegna sia stata per intero appaltata ai grandi nomi dell’editoria, se vi è un evento che ha marcato la distanza fra il centro e le periferie è stato proprio il BookCity: pienoni di pubblico nella preziosa vetrina del Castello, gentilmente offerta dal Comune; sopravvivenza delle presentazioni che i grandi editori hanno organizzato nei propri spazi e adeguatamente sposnsorizzato a proprie spese sulla grande stampa; mesti palcoscenici vuoti o quasi in tutte le altre location esterne al circuito nobile. Proprio l’esempio di come, all’interno di una manifestazione che doveva essere ampia e coinvolgente, si sia puntato su spazi e nomi di prestigio abbandonando a se stessi tutti gli altri (incauti) partecipanti.
Stefano Boeri ha rappresentato, con la sua gestione, la perfetta sintesi della cultura intesa come spettacolarizzazione, puntando solo sulle vetrine ben illuminate e trascurando il sommerso e il diffuso, non necessariamente periferico, che costituisce la linfa vitale della cultura cittadina. Ha puntato solo su quelle iniziative che promettevano di avere, e di dargli, grande visibilità, lasciando perdere il lavoro quotidiano lontano dai riflettori.
Noi continuiamo a pensare che, come è stato dimostrato con il Festival Letteratura di giugno e con gli eventi collegati che si sono svolti durante l’anno, la strategia di puntare sulla vetrina e sul personaggio di chiara fama sia perdente, oltre che aristocraticamente classista. E continuiamo a pensare che la strada maestra sia quella delle pari opportunità, che a tutti devono toccare e che ciascuno, secondo merito e capacità, saprà poi trasformare in “successo”.
Ovviamente, speriamo che il nuovo assessore si metta al lavoro con una consapevolezza e una sensibilità diverse da quelle mostrate dal predecessore.