L’ex Ministro Terzi: “sui marò Renzi fa dichiarazioni, ma non agisce”

Creato il 10 maggio 2014 da Ideaoccidente

“C’è stata una sottovalutazione premeditata della nostra sovranità nazionale nella vicenda dei due marò”. Così Giulio Terzi di Sant’Agata, si è scagliato contro gli ultimi tre governi, in occasione della conferenza organizzata ieri da Fratelli d’Italia-Alleanza Nazionale a Casalecchio di Reno. Dopo i saluti del candidato alle Europee Alberto Balboni, l’ex Ministro degli Affari Esteri ne ha per tutti, anche per il neo-premier Renzi: “c’è volontà di dichiarare, ma non la volontà di agire” – ha detto. Secondo il diplomatico, infatti, nonostante l’annuncio del Ministro Mogherini dell’apertura di una procedura internazionale, “tutti i nomi che girano come possibili sostituti del negoziatore Steffan De Mistura sono contrari a questa strada intrapresa”. Non c’è da aspettarsi, dunque, una soluzione rapida.

Gli errori e le omissioni dei governi italiani

Il diplomatico si dimise dalla guida della Farnesina in seguito alla decisione dell’allora presidente Monti di rispedire Latorre e Girone in India, facendo un clamoroso dietrofront rispetto a quando deciso pochi giorni prima. Terzi torna ad accusare quel governo colpevole di aver “delegato la nostra sovranità ed aver ceduto a logiche politiche interne indiane”.

Su quei dieci giorni che vanno dal 11 al 22 marzo 2013, le dichiarazioni sono state spesso contrastanti. Mancò indubbiamente pieno accordo sulle scelte collegiali del gabinetto. L’ex Ministro, con convinzione, riporta la propria versione, denunciando le menzogne che sono circolate, complice anche una “informazione che risponde ai poteri forti ed è condizionata dall’appartenenza politica”. I due militari, afferma Terzi, “sono stati rispediti in India con falsi presupposti, su istigazione del Ministro dello Sviluppo Economico (Passera), col silenzio del Ministro della Difesa (Di Paola) e con la connivenza del sottosegretario De Mistura”. Il motivo di tanta “perversione della politica italiana”, sarebbe dovuta alla lobby filo-indiana che ha dettato la linea ai governi, spingendoli a non intervenire per evitare la rottura dei rapporti commerciali ed affaristici con il paese asiatico. Inoltre, non bisogna dimenticare il grossolano errore di far lasciare le acque internazionali all’Enrica Lexie. Come mai nessuno, dal ministro della Difesa allo Stato Maggiore dell’Esercito, diede l’ordine di continuare sulla rotta prestabilita anziché virare verso Kochi? A chiederselo è chi, in quei giorni, era Ministro degli Esteri e venne informato solo qualche ora dopo l’ingresso in porto della petroliera italiana.

Arbitrato internazionale

La ricetta per uscire dallo stallo della linea Monti-Letta-Renzi l’ex ministro sa qual è: internazionalizzazione del caso. “Quando siamo riusciti a far parlare Ban Ki Moon” – sottolinea Terzi – “ha sempre difeso la nostra posizione e sostenuto che la vicenda andasse risolta secondo il diritto internazionale”. Nella pratica, l’Italia dovrebbe forzare la mano per ottenere un Arbitrato internazionale obbligatorio, cui l’India – volente o nolente – non potrebbe sottrarsi. Invece, le decisioni assunte finora dai governi non hanno contemplato questa ipotesi, generando “preoccupazione nei partner per la vaghezza della nostra posizione”.

Nemmeno la gravità di una misura ritorsiva come la decisione indiana di limitare la libertà di circolazione all’ambasciatore italiano Mancino ha smosso le acque governative. Dal 2013 l’Italia è colpevolmente immobile.

 Accendere i riflettori

“Abbiamo la responsabilità di tenere alta l’attenzione sulla vicenda”, ha concluso Terzi. Ed auspica così  l’apertura di una commissione d’inchiesta per chiarire una vicenda la cui oscurità favorisce “chi non vuole la soluzione del problema” per vantaggio personale. E la speranza è che alla fine Girone e Latorre possano uscirne a testa alta. Anche se, dopo due anni dai fatti dell’Oceano Indiano, i marò aspettano ancora quelle risposte che le istituzioni non hanno ancora saputo dargli.

Giuseppe De Lorenzo


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