L'hobby dell'editoria

Da Anima Di Carta
Non so se qualcuno abbia mai conteggiato quanti sono gli aspiranti scrittori nel nostro paese, ma una cosa è sicura: sono troppi. In Italia ci sono troppe persone con il pallino di fare gli scrittori, troppi che si improvvisano autori o si credono tali solo perché hanno pubblicato qualcosa (magari pagando di tasca propria). E ci sono anche troppi editori, o per lo meno troppe case editrici improvvisate, che nascono con l'unico scopo di sfruttare l'onda della passione per la scrittura.
E la conseguenza di tutto questo è che la categoria di chi scrive viene trattata come spazzatura.
Anche se scrivere è soprattutto una passione, questo non può e non deve significare che un testo prodotto non abbia un valore, non è possibile che il lavoro fatto per realizzare un libro o un articolo o qualsiasi altra cosa scritta debba essere sottopagato o svenduto per quattro spicci.
La categoria di chi scrive (e parlo anche come giornalista) è l'unica il cui lavoro viene considerato pochissimo. Al punto che c'è chi si arroga il diritto di chiederti di scrivere gratis o di non pagarti per qualcosa di fatto. Scrivere agli occhi delle persone non vale nulla.Anche la gente comune la pensa così, tanto che ti chiede di regalargli i tuoi libri, come se fossero biscotti che hai appena sfornato.
La colpa di questo stato di cose è di un certo tipo di mentalità corrente, alla quale contribuiscono attivamente le due categorie implicate nella questione, cioè chi scrive e chi pubblica. Perché chi scrive spesso non ha un briciolo di dignità, è disposto a passare sul cadavere della nonna pur di vedere il suo nome stampato. E chi paga per pubblicare non ha fatto solo un errore stupido, ma ha anche trascinato nel bidone tutta la categoria di chi scrive. Chi sborsa di tasca propria per vedere il suo lavoro pubblicato contribuisce attivamente allo svilimento della scrittura
Gli editori improvvisati fanno poi la loro parte. Fare gli editori è l'altra faccia della medaglia della moda della scrittura. Chi si improvvisa editore pensando che sia una buona idea usare un lavoro che può pagare due lire o anche non pagare affatto, non merita il nome di editore. Se un editore improvvisato chiede di essere pagato per pubblicare non sta solo vampirizzando un sogno, sta dicendo implicitamente che il lavoro di chi scrive non vale niente. E se un editore improvvisato si ricorda di essere un editore solo una volta l'anno per lamentarsi, forse dovrebbe cambiare lavoro hobby.
Chiunque scrive, a prescindere dal motivo e dal risultato, merita rispetto. Tanto quanto chi fa l'editore e lo fa in modo professionale. 
Spero nella prossima vita di nascere con il pallino dell'uncinetto o qualsiasi altra cosa, basta che non sia troppo di moda. Ah dimenticavo, guardatevi questo video. Forse capirete il perché del mio sfogo.
Anima di carta

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