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L’Honduras mette in vendita città-modello pronte all’uso

Creato il 27 settembre 2011 da Vfabris @FabrizioLorusso

L’Honduras mette in vendita città-modello pronte all’uso

Articolo di Fabrizio Lorusso dal quotidiano L’Unità di lunedì 12 settembre 2011. QUI LINK all’originale, alla pagina 32-33.

Porzioni di territorio nazionale – incluso un parco – sono in vendita in Honduras per la costruzione di città modello, da colonizzare e amministrare in piena autonomia anche da potenze straniere.

Lo scorso 28 luglio l’Honduras è diventato il primo paese al mondo a modificare la Costituzione per permettere la fondazione sul territorio nazionale di una Charter City, cioè una “città modello” a statuto speciale affidata in gestione a una potenza straniera. Con 107 voti a favore e solo 7 contrari il Parlamento ha dato il via a un progetto che punta a costituire un sistema ibrido, un mix tra il regime della zona franca e il paradiso fiscale concentrato su una superficie di 1000 chilometri quadrati con la capacità d’accogliere almeno un milione di persone.

L’ideatore di questa versione moderna delle città-stato è l’economista di Stanford candidato al Nobel, Paul Romer. Da vent’anni il professor Romer gira il mondo illustrando il suo progetto che promette crescita e benessere a quei paesi in via di sviluppo che, in cerca di soluzioni rapide alle crisi interne e globali, sono disposti a concedere in outsourcing un’intera città. Romer sembra aver scoperto la formula magica per risolvere i problemi di corruzione e sottosviluppo che affliggono la gran parte dei paesi dell’Africa e dell’America Latina. Nel 2008 il Madagascar aveva accettato il progetto ma un colpo di Stato ne impedì la continuazione. Hong Kong, Shangai e Singapore sono i casi principali citati dal guru statunitense a supporto della sua tesi per cui grazie all’imposizione di regole chiare dall’esterno e alla volontà del paese anfitrione e dei finanziatori sarebbe possibile trasformare un dato territorio in un modello di sviluppo da riprodurre in serie. In alcune conferenze Romer ha suggerito al Presidente cubano Raul Castro di prendere accordi con gli Stati Uniti per trasformare la base di Guantanamo in una città modello sotto il controllo canadese. Ha anche azzardato un piano per Haiti che prevede la sostituzione dei caschi blu dell’Onu sull’isola con una missione che dia vita a una città amministrata dal Brasile.

Gli elementi comuni alle Charter City sono almeno tre: la scelta di un territorio disabitato, uno statuto (“charter”) garantito da uno Stato straniero neutrale e la libertà d’ingresso e residenza. Il regolamento approvato dai legislatori honduregni stabilisce il bilinguismo, quindi si parleranno l’inglese o un’altra lingua oltre allo spagnolo. Inoltre non vi saranno restrizioni alla circolazione delle valute straniere insieme alla lempira, la moneta nazionale. Il pericolo è che le regole d’oro che dovrebbero impulsare la crescita economica all’interno della “città perfetta” conducano alla precarizzazione del lavoro, al congelamento dei sindacati, a vantaggi fiscali indiscriminati e alla sospensione di alcune garanzie democratiche in favore dell’efficienza amministrativa.

Ad ogni modo l’Honduras deve trovare i finanziamenti di governi, imprenditori e manager dei paesi industrializzati che, attratti dai presunti vantaggi legali ed economici da poco approvati per le Charter City, dovrebbero edificare la metropoli del futuro in soli 4 anni secondo le stime governative. La città modello avrà una legislazione speciale, un proprio sistema amministrativo, un governatore, una polizia e una magistratura autonomi e, quindi, sfuggirà in buona parte al controllo politico di Tegucigalpa. Le zone segnalate per la costruzione sarebbero due: la Baia di Trujillo, una regione caraibica devastata dall’uragano Mitch nel 1998, e la costa settentrionale atlantica della Mosquitia che è stata dichiarata patrimonio dell’umanità dall’Unesco. Da secoli entrambe sono abitate dal popolo d’origine africana dei garifuna che sono i più acerrimi nemici del megaprogetto che minaccia usi, costumi, ecosistemi e territori locali.

“Il problema non sono le regole, ma la politica e la gente corrotta”, sostiene Carlos Sabillón, politologo e opinionista televisivo honduregno. Sabillón è molto scettico sulla riuscita dell’operazione. “Siamo di fronte alla creazione di uno Stato dentro lo Stato. Chi lo finanzia? Ricordiamo che i narcos hanno capitali in eccesso pronti da investire…”, ha aggiunto.

Il Presidente dell’Honduras, Porfirio Lobo, s’è rivolto ai cittadini invitandoli “a sognare, a pensare ad un luogo ideale dove possiamo vedere come arrivano senza limiti gli investimenti”. Malgrado i buoni auspici il paese è in balia della stagnazione economica e della violenza che si manifesta con le sistematiche violazioni dei diritti umani e con un tasso di omicidi tra i più alti al mondo, 70 ogni 100.000 abitanti nel 2010. L’ascesa politica di Lobo cominciò poche settimane dopo il golpe del giugno 2008 che costrinse all’esilio l’allora Presidente Manuel Zelaya. La classe dirigente honduregna è rimasta a lungo isolata dalla comunità internazionale e, mentre sogna di avere la sua Hong Kong caraibica, resta alla disperata ricerca della legittimità perduta.

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